Assemblea Straordinaria del SNDMAE

Roma, 3 febbraio 2010

 

Trascrizione dei lavori

 

 

Mauro Marsili, Presidente dell’Assemblea: Do la parola al Segretario Nazionale, Ministro Cristina Ravaglia, per affrontare il primo punto all’Ordine del giorno: Modifiche dello Statuto e del Regolamento elettorale. Credo sia stata distribuita la documentazione relativa, per cui nelle mani di tutti voi credo ci siano i documenti in cui sono indicati le modifiche di cui stiamo parlando e lascerei senz’altro la parola a Cristina.

 

Cristina Ravaglia, Segretario Esecutivo SNDMAE: Grazie, Mauro. Perché modificare lo Statuto? Gli obiettivi sono due, grosso modo, due grandi obiettivi. Uno, migliorare il funzionamento del Sindacato e degli organi sindacali; due, snellire le procedure di voto, ricorderete che l’anno scorso è stato applicato per la prima volta in via esclusiva il voto telematico, è stata una prova che è andata molto bene ma ci siamo resi conto che tre settimane di voto sono troppe, e quindi abbiamo ridotto il periodo del voto da un lato e dall’altro modificare il periodo del mandato del Consiglio, che questa proposta vede spostare da metà marzo alla metà marzo successiva, come è attualmente e come è da alcuni anni, da fine gennaio a fine del gennaio successivo.

Esaminiamo gli articoli, io passerei uno per uno velocemente  gli articoli che attengono ai due grandi gruppi. Il Dott. Borniquez li passerà sullo schermo, così diventa tutto molto facile.

Vediamo quali sono gli articoli che hanno… le cui modifiche hanno come obiettivo il miglioramento del funzionamento del Sindacato e degli organi statutari.

L’articolo 10 dello Statuto recita oggi: ‘l’Assemblea generale ordinaria è convocata dal Consiglio uscente in carica … entro il mese di marzo e deve riunirsi entro 15 giorni dalle elezioni del nuovo Consiglio’. L’esperienza ci dice che i 15 giorni effettivi che decorrono dalla elezione del nuovo Consiglio alla tenuta della Assemblea sono pochi, diventa tutto molto stretto, molto convulso, quindi la proposta è di prevedere che l’Assemblea generale sia convocata entro 30 giorni dalla elezione del nuovo Consiglio.

L’articolo 14… è una piccola modifica, mettendo mano abbiamo ritenuto di intervenire anche su piccole cose. Ci sembrava una contraddizione in termini il fatto di delegare al voto dell’Assemblea la decisione su come l’Assemblea avrebbe dovuto votare, qindi abbiamo aggiunto “al presidente dell’Assemblea”.

L’articolo 18 prevede, e qui andiamo su cose sostanziali e importanti, la modifica del numero dei Consiglieri che diventerebbero da 11 come sono attualmente, 9. Perché? Diciamo che risponde a un criterio di maggiore funzionalità, ferma restando una soddisfacente rappresentatività dei Consiglieri, e discende anche dal fatto che l’esperienza pratica ci dice quanto sia difficile convocare i Consigli avendo numero legale, avendo comunque un numero sufficiente di Consiglieri, causa gli impegni di ciascuno. Da questo e a questo è legata la proposta modifica dell’art. 28 che modifica naturalmente sia il numero delle preferenze che si possono esprimere in sede di voto, da 5 diventerebbero 4, sia la riserva per i gradi iniziali della carriera all’interno  dei 9 Consiglieri eletti, attualmente sono 4 diventerebbero 3.

Ritorniamo all’art. 19. Le modifiche all’art.19 mirano a sanare due lacune abbastanza importanti di cui ci siamo resi conto, cioè mancavano le previsioni per due casi specifici. Il primo caso è quello in cui il Consiglio per ragioni x, partenze di Consiglieri, di missioni, non sufficiente numero di non eletti che possono subentrare successivamente si riduce tanto di numero da diventare non più rappresentativo, quindi la previsione è che se si va sotto i 5 Consiglieri, la Commissione di vigilanza scioglie il Consiglio, si dimettono i Consiglieri, si indicono nuove elezioni, e il Presidente della commissione di vigilanza assume l’incarico di commissario straordinario  gestendo il Sindacato fino alla elezione del nuovo Consiglio e si avvale, per gli atti di ordinaria amministrazione, dei membri del Comitato esecutivo uscente.

Altro punto che abbiamo cercato di tenere in conto è quello che discende dal fatto, dal caso in cui a candidarsi siano meno di 5 soci. Quindi, leggendo l’art.19 insieme al nuovo art. 30, è un articolo completamente nuovo che abbiamo, che vi proponiamo, il Presidente della Commissione elettorale, tenuto conto, cioè constatato il fatto che non ci sono sufficienti  candidati, prolunga il periodo di presentazione delle candidature; se decorso tale periodo, ancora non è stato raggiunto il numero minimo di candidature, il Presidente della Commissione elettorale dichiara nulle le operazioni elettorali e investe del problema il Presidente della commissione di vigilanza, perché di nuovo assuma il mandato di Commissario straordinario del Sindacato.

Art. 25… prende atto delle nuove… che riguarda il Presidente della commissione di vigilanza, prende atto delle nuove funzioni di commissario straordinario proposte nell’art.19 di cui abbiamo appena parlato.

Art. 27: è una minima modifica dell’italiano, ecco, non ci soddisfaceva l’italiano.

L’art. 28: ne abbiamo parlato ed è da leggere in collegamento con l’art. 18.

Infine, all’art. 29 ci è parso giusto, visto che mettevamo mano, aggiungere la parola ‘Ordinaria’.

Questo per quanto riguarda globalmente il miglior funzionamento possibile degli organi  sindacali e del Sindacato.

Per quanto riguarda le modifiche proposte al Regolamento elettorale. Perché modificare, perché proporre la modifica della durata del mandato del Consiglio? Ci siamo resi conto, anche questo con l’esperienza, che un Consiglio che assume a metà marzo con un’Assemblea ordinaria che si tiene 15 giorni dopo, in realtà si trova a gestire un periodo breve prima della così detta pausa estiva. Proponiamo così che il Consiglio venga eletto il 31 di gennaio e finisca il proprio mandato il 31 di gennaio successivo, tutto questo comportando, naturalmente, modifiche precedenti al voto  e da leggere anche insieme alla nuova previsione che l’Assemblea straordinaria si tiene entro 30 giorni dall’assunzione del nuovo Consiglio. Questo garantisce anche un’altra cosa che ci sembra importante e cioè che il periodo di fine anno, il periodo della Finanziaria, il periodo in cui a volte di gran corsa si devono decidere cose del Sindacato, siano coperte dal Consiglio uscente che è già rodato e avviato.

L’altro obiettivo cui mirano le modifiche è quello, come vi ho detto, di abbreviare il periodo di voto dalle due alle tre settimane e leggendo gli art.1, che indica il nuovo periodo delle candidature dall’1 al 21 di dicembre e non più dal 7 gennaio al 7 febbraio come è attualmente, l’art. 2, che naturalmente, di conseguenza, stabilisce qual è il momento in cui i soci devono provvedere a far conoscere il proprio indirizzo elettronico per il voto e l’art. 3 che stabilisce il periodo di voto, cioè 15-30 gennaio, sono scritti con l’obiettivo di far partire il nuovo Consiglio che sarebbe, se queste modifiche fossero approvate, il Consiglio del 2011, perché come vi sarà chiaro, evidentemente, per il Consiglio del 2010 queste date ormai sono decorse, e questo però significa anche che il Consiglio che verrà eletto il prossimo marzo resterà in carica un mese e mezzo di meno di quello che sarebbe stato se lo Statuto rimanesse come è attualmente.

Direi che questo è in sintesi estrema. Se ci sono domande naturalmente sono ben disponibile.

 

Marsili: Grazie, Cristina.  Lascerei appunto spazio a chi vuole intervenire per chiedere chiarimenti su quanto precede, pregando coloro i quali intendano intervenire di specificare il proprio nome e cognome anche ai fini del verbale che verrà redatto successivamente.

 

Daniela Venerandi: Mi chiamo Daniela Venerandi, nulla da eccepire su quanto è stato detto. Ho ricevuto oggi o ieri queste proposte di modifiche e quindi è stata l’occasione per rileggere lo Statuto. Forse è un po’ tardi, ma l’art. 2 secondo me andrebbe un po’ riscritto, quello degli scopi. Cosa significa ‘tutelare gli interessi dei dipendenti’, è un po’ vago, poi a un certo punto si dice ‘svolgere operazioni di assistenza economica’, che significa?, ‘sociale e morale’… Grazie.

 

Ravaglia: Daniela, grazie. Sì, temo che sia un po’ tardi a questo punto, naturalmente. Possiamo considerarlo per eventuali future modifiche, d’altra parte lo Statuto è sempre in gestazione. Comunque mi sembra che tutelare gli interessi dei dipendenti alla fin della fiera sia quello che un Sindacato deve fare, è nelle cose. Per quanto riguarda l’azione di assistenza economica, sociale e morale forse è una dizione un po’ vecchio stile, da società di mutuo soccorso, non so come dire, però mi sembra che possa grosso modo ricomprendere tutto quello che un Sindacato deve fare. Ad ogni modo, se ci sono proposte concrete, scritte, operative, benissimo, si può. Ripeto, per oggi temo sia un po’ tardi, ciò non toglie che se l’Assemblea ritiene di procedere anche a questa proposta di modifica, si può redigere un testo nuovo e si include nei cambiamenti.

 

Marsili: Bene, se non ci sono altri interventi, io passerei alla deliberazione di voto, ai sensi dell’art.14 dello Statuto. Il voto verrà pressa la maggioranza di voto per alzata di mano, quindi se non c’è bisogno di altri chiarimenti, prego di alzare la mano a chi è a favore delle modifiche proposte, testè richiamate dal ministro Ravaglia (si procede al voto).

Alzi la mano, per cortesia, chi desidera esprimere il proprio dissenso alle proposte di modifiche… mi pare che non ci siano.

E per quanto riguarda eventuali astenuti?

Grazie, mi sembra che il responso sia abbastanza chiaro, le modifiche proposte dal Segretario nazionale vengono approvate a maggioranza assoluta dei partecipanti. Grazie.

Passerei dunque al secondo punto all’ordine del giorno che è la riforma del Ministero degli Affari Esteri e pertanto anche sugli aspetti concreti, interni alla riforma, in connessione al sondaggio svolto nei giorni scorsi dal Sindacato per conoscere il parere dei soci riguardo questo grosso progetto di riforma. Io a tal fine lascerei la parola al Presidente del Sindacato, Gianluca Alberini, per fare il punto della situazione e per illustrarci la posizione del Sindacato al riguardo.

 

Gianluca ALBERINI, Presidente SNDMAE: Grazie, Mauro. Abbiamo pensato di convocare un’Assemblea straordinaria dedicata non solo ai necessari aggiustamenti dello Statuto, ma anche a un tema che il Consiglio ritiene molto importante, che è quello della riforma del Ministero degli Esteri.

Prima di entrare nei dettagli degli ultimi sviluppi, volevo molto brevemente ricapitolare la situazione a beneficio di tutti, perché sono passati ormai alcuni mesi dall’avvio di questo processo di riforma.

Come ricorderete, vi avevamo dato notizia nel mese di settembre delle linee generali della riforma e avevamo anticipato praticamente tutto quello che poi è stato il testo che ci è stato successivamente presentato.

Già all’epoca avevamo attirato l’attenzione su tutti gli aspetti che non piacevano o non  convincevano e anche su alcuni aspetti che, molto francamente, molti di noi ritenevano ostativi ad una vera riforma.

Chiedevamo alcune cose: di essere coinvolti, che la riforma avesse una ampia portata, e soprattutto avesse le risorse necessarie per sostenerla, chiedevamo che ci fossero rassicurazioni sulla funzionalità della nuova struttura che si andava a creare, parlavamo del ruolo del Direttore politico, parlavamo poi di altre questioni molto sentite tra i soci, quali gli scorrimenti di carriera, in un’ottica di programmazione. Avevamo parlato del fatto che già altri ministeri avevano lavorato alla costituzione di livelli superiori ai Direttori Generali, mentre noi con la riforma saremmo andati ad operare innovazioni al di sotto. Parlavamo anche delle procedure di lavoro, del rapporto centro–periferia, del problema della rete, che è una delle caratteristiche del nostro Ministero ed è una specialità della nostra Amministrazione.

Andando avanti abbiamo approfondito sempre di più l’analisi, anche sulla base degli elementi che ci sono stati via via forniti e avevamo man mano posto dei problemi sulla articolazione della struttura, così come ci era stata presentata, ponendo dei punti interrogativi sulle modalità di accorpamento delle Direzioni Generali, chiedendoci appunto se valeva la pena di cancellare le Direzioni Generali geografiche. Tutto questo aveva poi trovato, appunto, riscontro in una serie di lettere che avevamo scritto, in particolare una al Segretario Generale e una al Ministro, nelle quali avevamo anche evidenziato delle linee di azione. Ci chiedevamo, soprattutto nella lettera al Ministro, se è possibile procedere a una riforma su una base giuridica "strana", nel senso che come ben sapete, la nostra riforma, è un regolamento concernente la riorganizzazione del Ministero degli Affari Esteri a norma dell’articolo 74 del dl 112. Il 112 altro non è che il decreto Brunetta e l’articolo 74 parla di, e proprio questo è il titolo, “riduzione degli assetti organizzativi”. E quindi noi ci preoccupavamo di una riforma che, evidentemente, nata su un articolo che parla di riduzione degli assetti organizzativi, potesse poi portare effettivamente a una riduzione degli assetti organizzativi. Non solo e non tanto nel taglio dei posti apicali, dei cinque Direttori Generali e del Vice Segretario Generale, ma anche delle risorse che sono a questi Direttori Generali assegnate, perché un Ministero attualmente assestato su 19 strutture di primo livello, scenderebbe a 13, se ben ricordo, sto citando a memoria, quindi un taglio di quasi un terzo, non tanto e non solo dei posti, ma di strutture. E avevamo anche chiesto rassicurazioni che questo poi non si trasformasse, come un boomerang, in un taglio dei posti della carriera diplomatica ed anche posti della carriera delle aree funzionali o comunque di assegnazione di risorse in generale.

Abbiamo incontrato il Segretario Generale ripetutamente, abbiamo incontrato anche il Ministro e siamo arrivati poi a dicembre, mese in cui l’Amministrazione, il Ministro, ha presentato il testo al Consiglio dei Ministri, approvato in prima lettura. Esso rispecchia sostanzialmente il testo che ci era stato anticipato ad ottobre con alcune modifiche, forse alcune anche importanti, altre solo meramente linguistiche o di specifiche di competenza, però insomma l’assetto non è sostanzialmente mutato.

E quindi i "problemi" rimangono, nel senso che come avevamo detto, ci sono problemi, ci sono dubbi. E allora abbiamo pensato: “Beh, insomma, a questo punto abbiamo fatto quello che potevamo fare nei confronti della nostra Amministrazione”. Abbiamo informato i soci compiutamente, abbiamo parlato con il Ministro a cui abbiamo scritto una lettera in cui ribadivamo le nostre perplessità e ripensavamo anche agli elementi positivi, quali il ripristino del Contenzioso, alla cui riduzione il SNDMAE si era già opposto nel precedente taglio che si era operato, vedevamo bene anche il rafforzamento delle competenze del Consiglio di Amministrazione, con una valenza strategica, e la riconduzione della figura del Direttore politico in una struttura organizzata, nonché una revisione, una mid-term review che doveva avere luogo entro cinque anni e soprattutto l’accorpamento di una parte della DGAA nella DGRO, quella che si occupa di bilancio, perché abbiamo detto da anni che è difficile gestire le risorse umane quando le risorse finanziarie sono gestite da un’altra unità. Abbiamo visto, alla luce della nostra esperienza insomma, che questo è sempre stato un grosso problema, che poteva trovare una soluzione con l’accorpamento delle due Direzioni Generali. Come sapete, nell'ultimo progetto che è stato varato dal Consiglio dei Ministri, questo accorpamento ha luogo solo in parte, nel senso che nella Direzione Risorse Organizzative va a confluire la parte bilancio, mentre la parte patrimonio va a confluire, a fondersi con il SICC per dar luogo a una Direzione Generale per la gestione del patrimonio informatico e immobiliare che nella mia valutazione, tutto sommato….è una scelta… insomma in tutto questo non è la soluzione ideale, ma in tutto questo è quella che dà meno fastidio, perché comunque permette di recuperare il controllo del bilancio e quindi della parte strategica della gestione amministrativa, fermo restando che rimangono tutti gli altri problemi che non ho ancora citato, quelli degli scorrimenti di carriera, del fatto che si va verso una verticizzazione della struttura gerarchica della Farnesina, che ricordiamoci, ha oggi un assetto diverso da quello pre-2000, perché è vero che fino al 2000 avevamo meno Direzioni Generali, ma fino al 2000 avevamo una progressione di carriera ben diversa, con un numero di gradi diverso, gradi che sono stati accorpati, passaggi che sono stati modificati, requisiti che sono stati modificati, per cui non è automatico il ritorno al passato, per il semplice fatto di ridurre numero delle Direzioni Generali. Questo lo abbiamo notato: non è che tornando al numero delle Direzioni Generali ridotto ritorniamo alla situazione ante 2000, sarà comunque una situazione diversa, anche perché verranno istituite le figure dei Vice Direttori Generali. Anche su questo noi abbiamo dei forti dubbi, dei forti interrogativi. Ricordo che la figura del vice Direttore Generale multiplo era stata proposta dal Sindacato; devo dire però che l’avevamo proposta in un’ottica sindacale, ovvero moltiplicativa. Oggi invece, in questo disegno, è in un’ottica sostitutiva, cioè perdiamo sei posti dirigenziali generali e li sostituiamo con un certo numero di Vice Direttori Generali che hanno ovviamente un rango inferiore, formalmente inferiore, in un numero di due o tre unità superiori. Quindi, facendo un calcolo dei posti dirigenziali generali che perdiamo e di quanti Vice Direttori Generali/Direttori Centrali guadagniamo, abbiamo calcolato che ce ne saranno due, tre quattro in più. Quindi non si risolve il problema dei Ministri alle dirette dipendenze, che continueranno a  sussistere e che bisognerà invece utilizzare al meglio. E avevamo chiesto una contropartita, nel senso che di fronte a questa prospettiva di ristrutturazione, ci sembrava, e ne abbiamo avuto conferma dai nostri soci, che è importante dare soddisfazione a una richiesta profonda della nostra carriera, che è quella di avere un po’ più di certezze e di tranquillità nella nostra progressione di carriera. Siamo rimasti, insieme a poche altre categorie dello Stato, gli unici dipendenti che hanno una carriera, questo ce lo dobbiamo ricordare: ci siamo noi, ci sono i prefetti, che però hanno tre gradi, ci sono i militari, e ci sono i magistrati. Sostanzialmente sono queste le professioni dello Stato che hanno mantenuto una carriera.

Da noi questa carriera pone molti problemi alla vita quotidiana dei soci e, tutto sommato, di riflesso anche all’attività dell’Amministrazione.

La battuta ripetutamente citata in questo periodo è quella che molti colleghi si occupano molto più della carriera che del lavoro… Perché è normale, se uno deve scegliere tra svolgere il proprio lavoro o lavorare per la carriera, molti propendono per questa seconda opzione. E avevamo proposto, prima verbalmente al Ministro, poi per iscritto, articolato meglio in un documento che abbiamo allegato alla lettera al Ministro, lo scorrimento a ruolo aperto che, per chi ancora non lo sapesse, è una  forma di avanzamento che in pratica ha la magistratura, e che in certi periodi è stata adottata anche da altre Amministrazioni. Ciò non vuol dire in teoria promuovere tutti, e neanche in pratica. Vuol dire invece promuovere tutti quelli che meritano, tutti quelli che hanno i requisiti e che meritano. Un avanzamento che sarebbe comunque soggetto a Commissioni di avanzamento e a scrutinio, che però toglierebbe dalla competizione l’alea, che abbiamo visto essere sempre presente e molto dannosa, del numeri di posti disponibili rispetto ai candidati, che fa sì che si creino poi dinamiche della nostra carriera per cui si va a cercare il posto dove si può essere promossi piuttosto che il posto che permette di svolgere al meglio il proprio lavoro. E questo si traduce nel fatto che c’è una concentrazione di richieste per alcuni posti di particolare visibilità che statisticamente danno maggiori facilitazioni per la promozione. Ricordo a tal proposito che tre anni fa proprio il SNDMAE aveva diramato uno studio sulla nomina a Ministro in cui apparivano chiaramente i posti che consentivano di essere promossi velocemente e quelli nei quali non si riusciva ad essere promossi, e tra questi c’è proprio quello di Capo Missione all’estero o di Console Generale, che è abbastanza paradossale per la nostra carriera: si viene promossi se si sta a Roma, e non solo, ma se si sta a Roma e si sta in certi uffici e in alcune posizioni particolari.

Quindi l’avanzamento a ruolo aperto, secondo il Consiglio e sulla scorta della sollecitazione dei soci, è uno dei modi per risolvere questo problema e darebbe maggiore serenità a tutti noi e maggiori certezze, nel senso di poter ragionevolmente sperare di essere promossi in tempi ‘ragionevoli’ se compiamo bene il nostro dovere, se raggiungiamo dei risultati, cosa che oggi non è assolutamente scontata. Si può lavorare molto e bene, ma se non si è nel posto giusto al momento giusto, si rischia parecchio…Si rischia se uno è entrato dopo un concorso numeroso, si rischia se si fa il proprio dovere in alcuni Paesi e quindi si incappa nei problemi normali… poiché chi lavora può sbagliare, chi lavora può essere soggetto al rischio di ricorsi, controversie, invece se uno sta in un posto più protetto, non ha questo rischio e rischia di andare avanti a scapito dell’altro.

Su questo punto aspettiamo ancora risposta del Ministro.

È vero che è un obiettivo ambizioso, e questo lo sappiamo tutti, e detto molto francamente non lo vediamo come un obiettivo di facile raggiungimento ma lo consideriamo un obiettivo per il quale conviene lavorare. Insomma ci sono oggi certe condizioni e il risultato può essere ottenuto in vari modi. Poi, se volete, possiamo anche approfondire ulteriormente questo aspetto.

Arrivati a questo punto abbiamo pensato di consultare direttamente la base. Ricorderete che vi abbiamo invitato ripetutamente a farci pervenire le vostre osservazioni, e alcuni…troppo pochi soci si sono manifestati. Alcuni lo hanno fatto in bilaterale, alcuni si sono espressi anche su Sndmail, ringraziamo tutti quanti.

Con questo sondaggio, però, abbiamo pensato di rivolgerci direttamente ai soci. Abbiamo avuto un Consiglio allargato all’inizio, poi, ripeto, sollecitazioni da pochi, volte a farci pervenire consigli, suggerimenti e abbiamo dunque inaugurato, credo per la prima volta su larga scala, l’innovazione del sondaggio. Sondaggio che come sapete è avvenuto per via elettronica in maniera molto pratica e molto comoda e con le garanzie di sicurezza che si hanno per il voto elettronico, che ormai è diventata la regola per il Sindacato. Colgo qui l’occasione per ringraziare il Presidente della commissione Elettorale, Roberto Pietrosanto, che ci ha supervisionato in questa fase e anche la Commissione di Vigilanza, che ci ha sorvegliato in questa innovazione, che ha appunto funzionato e che potrà essere utilizzata anche in futuro da altri, dai nostri successori o da questo stesso Consiglio, se ce ne sarà bisogno nel poco tempo che rimane, di procedere ad altre consultazioni.

I dati li avete visti, li abbiamo diramati subito, e ve li illustro adesso brevemente, con qualche commento che è frutto di prime riflessioni. Dico ‘ve li illustro’ perché si è trattato, ricordiamoci, di un sondaggio, e non di un referendum. Cioè abbiamo voluto fare una consultazione che fosse un po’ più ampia, un po’ più completa, che potesse dare maggiori indicazioni rispetto a un semplice quesito sì-no. E quindi abbiamo scelto la via del sondaggio con un numero di domande e con varie modalità di risposta che nella nostra intenzione dovevano consentirci di avere una migliore idea di cosa pensano i nostri soci che, per vari motivi, non si erano ancora manifestati apertamente.

Il primo dato che dobbiamo constatare è che la partecipazione non è stata massiccia, è stata del 27% degli iscritti. Che non è comunque poco, perché, ripeto, non si trattava di un referendum, ma di un sondaggio, e quindi un 27% lo possiamo ritenere un campione più che significativo. Certo, un 73% non ha partecipato al voto, ed allora ci possiamo anche interrogare sul perché. Ripeto, da un punto di vista tecnico la cosa era facile, facile quanto è stato votare per le elezioni del SNDMAE, a cui ha partecipato una percentuale di soci molto, molto maggiore. Siamo forse un po’ nel campo della speculazione, ma forse conviene anche farla un po’ di speculazione tra di noi, per capire perché il 73% non ha partecipato. Io una idea me la sono fatta, sulla base di quello che ho sentito, di telefonate, di incontri, ma soprattutto poi andandomi a vedere i risultati del sondaggio.

Diciamo che tra tutti i problemi che ci sono alla Farnesina, può sembrare paradossale, ma forse la riforma non è nemmeno il primo dei problemi. Certo è una cosa un po’ paradossale. Però se noi ci andiamo a leggere la prima domanda: "Siete soddisfatti dell’attuale funzionamento dell’Amministrazione centrale del MAE", abbiamo una risposta plebiscitaria, un 66% dei colleghi che risponde: ‘No, non sono soddisfatto’. E se poi andiamo a vedere la domanda numero 5, cioè tra i grandi temi relativi al funzionamento del MAE quali sono quelli prioritari. Lì è interessante, perché ci sono due voci che svettano: la d), certezza di risorse proporzionata agli obiettivi del MAE e  la b), gli scorrimenti di carriera. Fanno pensare, perché la certezza di risorse proporzionata agli obiettivi del MAE - i tre quarti dei colleghi indicano questo come un problema - e gli scorrimenti di carriera, loro certezza e trasparenza, - anch’esso indicato dal 74% dei colleghi - sono due elementi che non sono presenti in quanto tali nel progetto di riforma, ma che evidentemente sono le due questioni più sentite. Tra l’altro danno anche la sensazione di come, perfino nel segreto dell’urna, e quindi al di fuori di qualunque condizionamento esterno, di fatto la nostra coscienza di servitori dello Stato ci fa mettere al primo posto un obiettivo che, tutto sommato, non è neanche dei più sindacali, cioè la certezza delle risorse proporzionata agli obiettivi del MAE. Dovrebbe essere un obiettivo dell’Amministrazione in quanto tale, e non un obiettivo del Sindacato o dei singoli. È vero che poi si riflette direttamente sulla qualità del nostro lavoro, su come possiamo lavorare, però, ecco, è molto più sindacale lo scorrimento di carriera, questo sì, gli aumenti salariali, la trasparenza e la conoscibilità delle sedi disponibili all’estero, cioè tutte cose che sono venute dopo. In verità gli scorrimenti di carriera ha avuto un solo voto in meno rispetto alla certezze di risorse, quindi in realtà si pongono sullo stesso piano. Ma è interessante che nel segreto dell’urna siamo andati a dire due cose: una sindacale e una da Amministrazione. Insomma, questa nostra doppia faccia emerge anche in questo momento. E comunque, ripeto, non sono elementi compresi all’interno della riforma, e quindi questo riesce a spiegare perché, in parte, molta gente ha detto che tutto sommato abbiamo altri problemi… risolviamo quelli… Ed è un po’ quello che abbiamo detto fin dall’inizio: la riforma deve essere complessiva, deve contenere anche questi elementi, cioè la certezza di risorse aggiuntive per far fronte a compiti aggiuntivi, o comunque a compiti onerosi che abbiamo oggi e che non trovano riscontro nel nostro bilancio, nonché lo scorrimento di carriera. E abbiamo trovato conferma: gli scorrimenti di carriera sono ciò che interessa i soci.

Ritornando al sondaggio, dopo queste prime considerazioni, abbiamo posto la domanda: "Ritenete che il progetto di riforma approvato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri del 17 dicembre scorso, sia idoneo a risolvere i problemi attuali?". Dobbiamo riconoscere che  praticamente pochissimi soci che si sono espressi lo ritengono idoneo a risolvere al meglio i problemi attuali.… Il progetto non è l’ideale, solo tre soci si sono espressi in questi termini e corrispondono all’1.74% dei votanti.

Più interessanti sono le altre due risposte che questa domanda ha avuto: la risposta b) ‘idoneo a migliorare la situazione e a risolvere almeno in parte i problemi attuali’, quindi “un pochino meglio”: 49.13%, e ‘non soddisfacente’, quindi una bocciatura netta da parte di un altro 49.13%,. E’anche questo un dato molto interessante: quelli che si esprimono su questo argomento lo fanno esattamente a metà, alcuni dicono: ‘no, non va bene’, altri dicono: ‘Mah, migliora un pochino’.

E abbiamo cercato di capire un po' in quali punti piaceva o non piaceva il progetto presentato. Avevamo individuato, appunto, alcune criticità che abbiamo inserito e avevamo chiesto un parere. Devo dire che sulla riduzione del numero dei Direttori Generali abbiamo avuto tutti una sorpresa perché viene considerato positivo dal 50% di quelli che hanno risposto al sondaggio, negativo da un terzo, indifferente da un 15%. Ci si sarebbe aspettati che una riflessione sindacale avrebbe visto in maniera negativa un taglio del numero dei Direttori Generali, invece un 50% dice che è positivo. Come possiamo interpretare questo? Ci possiamo sbizzarrire: forse non abbiamo spiegato bene che non è solo un taglio di Direttori Generali, ma di Direzioni Generali, o forse questo è stato capito e la considerazione è che tutto sommato avere un vertice più ristretto può andare bene. Ed è proprio per questo che noi già nei contatti con l’Amministrazione avevamo proposto delle soluzioni, perché, l’abbiamo capito subito, non è solo questione di perdere dei posti da Direttore Generale, che di per sé è già una cosa molto grave…

Salutiamo il Segretario Generale che si è unito a noi, lo facciamo accomodare…prego Ambasciatore…

Stavamo commentando i risultati del sondaggio che avrai visto, essendo tu nostro socio da sempre, e segui le questioni sindacali in tutte le vesti… insomma... eravamo arrivati a commentare la nostra sorpresa sulla risposta alla riduzione al numero dei Direttori Generali… Se posso un attimo ricapitolare a beneficio del Segretario Generale che ringrazio di essere qui con noi… avevamo dato un riassunto del giudizio del SNDMAE sulla riforma e dei vari passi fatti e stavo commentando i risultati del sondaggio, dicendo appunto che la cosa che ci aveva impressionato di più è il numero di partecipanti, il 27%, che non è così alto come ci saremmo aspettati, ma che è significativo, comunque, ai fini della validità del sondaggio e cercavamo di interpretare il significato, perché, tutto sommato, alla fine i tre quarti non hanno partecipato, riscontrando una chiave interpretativa nelle risposte che sono date successivamente. Cioè tra quelli che hanno risposto, alla fine quello che i colleghi hanno detto è ‘quello che noi vogliamo è la certezza di risorse proporzionata agli obiettivi e gli scorrimenti di carriera’. Sono due elementi che noi riteniamo non essere presenti nel progetto di riforma. Allora una chiave interpretativa è ‘ma se le cose che vogliamo di più non ci sono in questo progetto di riforma, allora perché dobbiamo partecipare? Perché dobbiamo, come dire, darci da fare in questo senso?’.

Stavamo dicendo che un altro elemento interessante è l’esatta divisione tra coloro che non lo considerano soddisfacente e coloro che dicono che in parte è soddisfacente, esattamente il 50 e 50 praticamente, oltre all’1.74% che lo considera del tutto idoneo. Dicevo che la cosa più sorprendente è che la riduzione dei Direttori Generali non è vista come una cosa negativa,. Allora una delle chiavi interpretative può essere che effettivamente c’è la percezione che avere meno Direttori Generali possa portare a un migliore funzionamento. Stavo ricordando però il fatto che non si tratta di una riduzione di Direttori Generali, ma anche una riduzione di strutture. Perché non è solo una riduzione, una perdita di posti apicali, ma è perdita di strutture che si ha con il progetto di riforma. Stavo ricordando che avevamo anche suggerito di cercare di mantenere questo numero complessivo di posti apicali, con delle operazioni di inserimento a pettine all’interno di un numero di Direzioni Generali ridotto. E mi accingevo a dire appunto che tu ci avevi poi spiegato che questo obbiettivo era dal punto di vista amministrativo difficilmente raggiungibile. Non lo sarebbe se invece di DG parlassimo di Dipartimenti. Parlavo appunto all’inizio della discussione, della possibilità di creare Dipartimenti e quindi all’interno dei Dipartimenti, delle Direzioni Generali. La proposta l’avevamo appunto ventilata, l’avevamo anche accennata nei nostri Cari Soci, ne abbiamo parlato, ce l’hai illustrata negli incontri che abbiamo avuto direttamente, ne abbiamo parlato anche con il Ministro. Pone il problema del passaggio in Parlamento… Cioè mentre questa riforma passa in Parlamento solo per un parere, una riforma che istituisca dei Dipartimenti, cioè che lavori ad innalzare la struttura verso l’alto, deve passare in Parlamento e questo, ci è stato detto, oltre ad avere  tempi più lunghi è anche molto più incerta nei risultati.

Un altro aspetto che non piace è la tipologia degli accorpamenti. Abbiamo chiesto  che cosa ne pensate della tipologia degli accorpamenti, cioè come sono state previste le nuove Direzioni Generali nelle loro nuove competenze. Il 20% lo ritiene positivo, il 68% lo ritiene negativo e il 22% indifferente. Evidentemente non convince, non piace questo tipo di accorpamenti. Poi possiamo andare a vedere più nel dettaglio... avete sotto mano, era disponibile all’ingresso, la raccolta dei commenti che sono stati fatti anonimamente dai Soci, in cui appunto traspare, in un certo senso, un po’ il fatto che ci si era affezionati alle geografiche Il fatto che vengano ripartite così non convince tutti e poi fa venire anche dei dubbi sulla ripartizione delle competenze economiche della nuova struttura. Andando avanti,  flessibilità nella modifica delle competenze geografiche, che appunto era uno degli aspetti  interessanti, il fatto di poter modificare per decreto poi le competenze geografiche delle Direzioni Generali. Beh, questo non piace  anche questo non piace più di tanto, cosa che stupisce un po’, perché secondo noi la flessibilità era una cosa positiva.

Quindi siamo arrivati al punto d), Il ruolo dei Direttori Generali, il nuovo ruolo. Come sapete i Direttori Generali, in questa nuova struttura, dovranno agire più come dei Capi Dipartimento, con un compito di sovraintendenza e di indirizzo più generale rispetto alle figure più operative dei Vice Direttori Generali/Direttori centrali, che sono appunto oggetto dei due punti d) ed e)… Anche qui positivo il nuovo ruolo, 42%, negativo 32, indifferente 25. Sui Vice Direttori Generali il 42% si esprime positivamente, il 42% negativamente, indifferente il 15%.

Nuovo ruolo del Consiglio di Amministrazione che, come dicevo prima, è un aspetto interessante e positivo, viene considerato positivo da un 34%, negativo da un 19%  e ci sono moltissimi indifferenti, un 46% .

Un altro punto che noi consideravamo buono, che era quello della prevista revisione a breve del funzionamento della riforma, viene considerato dalla stragrande maggioranza, appunto, positivo: 77%.

Poi abbiamo posto una domanda su come comportarci in futuro. Abbiamo chiesto: "Ritenete che il SNDMAE debba partecipare attivamente alla redazione del decreto di II livello e delle circolari attuative della riforma?", come ci era stato proposto e indicato dall’Amministrazione. C’è un plebiscito: il 92.66% dei nostri soci ci chiede di partecipare attivamente alla redazione del decreto di II livello e delle circolari attuative della riforma. Ricordo, per inciso, che il Decreto di II livello andrà elaborato dopo che il Decreto di I livello, attualmente all’esame del Consiglio di Stato e che passerà poi alle Commissioni Esteri di Camera e Senato per una parere, sarà stato varato definitivamente nel secondo passaggio del Consiglio dei Ministri.

E la domanda 5, ritorniamoci un momentino. Avevamo su quali grandi temi ci dobbiamo concentrare? Le risposte indicano, come ho già detto, “risorse proporzionate agli obiettivi” e “scorrimenti”. Lo scorrimento, molto sindacale, e la certezza di risorse, molto da Amministrazione. Questa nostra doppia anima è venuta fuori anche in un sondaggio segreto, dicevo prima. E poi c’è tutto il resto delle questioni che vengono un po' distaccate: molto interessante “adeguamenti salariali e dell’ISE” indicato dal 60% dei  nostri Soci. La “valorizzazione della rete, anche ai fini di carriera, del servizio prestato all’estero” è un punto che univa un aspetto molto sindacale, cioè quello della carriera, e la valorizzazione della rete, che è un obiettivo più da Amministrazione. E’ indicato dal 57%.

Il successivo è l’autonomia e la valorizzazione di carriere e professionalità a tutti i livelli. Qui intendevamo le procedure di lavoro, la firma, la partecipazione agli incontri e alle missioni, il ruolo dei Ministri plenipotenziari alle dirette dipendenze e così via…

La trasparenza e conoscibilità della disponibilità di sedi all’estero viene indicata dal 42%. Questo è un tema molto caro al Sindacato, lo abbiamo sempre affrontato e discusso in varie Assemblee… Si tratta anche di una attività che stiamo conducendo, quella di cercare di far sapere che cosa si libera, perché con le liste di pubblicità viene data pubblicità ai posti fino a un certo livello, ma i posti di Capo Missione di Ambasciate o di Consolati Generale di I classe non vengono pubblicizzati. Allora noi, come sapete, abbiamo avviato un lavoro in house, grazie alla nostra Segreteria, che ringrazio per questo Un lavoro, uno scadenziario delle sedi di Ambasciatore che è molto richiesto dai soci. Non lo abbiamo diramato in rete per ovvi motivi, ma lo mandiamo a coloro che ce lo chiedono. Lo aggiorniamo regolarmente: c’è il nome della sede, chi la occupa, quando è prevista la scadenza e per quale motivo, e questo serve a fare un minimo di planning a livello individuale. Non è uno strumento perfetto, ma è quanto di meglio possiamo fare come Sindacato.

Il costante miglioramento della formazione permanente viene indicato da un buon 41% come obiettivo da perseguire e anche questo è un tema su cui il Sindacato ha insistito molto, quello della formazione sia nostra di diplomatici che del restante personale, perché è una delle chiavi del successo di una struttura come la nostra. E qui, bisogna dire, che negli anni c’è stato un sicuro progresso, ma ci sono ancora spazi di miglioramento, sia per i corsi individuali che collettivi che il Ministero fa, sia nelle tecnologie... Abbiamo anche suggerito di prendere in considerazione l’uso di strumenti informatici per l’aggiornamento, cosa che peraltro viene già fatta per alcuni tipi di corsi.

Andando avanti, il riconoscimento ai fini pensionistici del servizio estero, anche valorizzando le sedi disagiate e particolarmente disagiate, ha ottenuto un 36%. E qui si tratta della nota questione delle nostre pensioni, su cui sono in atto varie iniziative, ne possiamo parlare dopo. In sostanza nasce dal problema della struttura della nostra retribuzione, da questa dicotomia tra retribuzione metropolitana e retribuzione quando siamo all’estero. La differenza della quota pensionabile si traduce nelle differenze molto grandi che ci sono in questo momento tra i colleghi che vanno in pensione, a seconda che vadano dall’Italia o dall’estero. E’ un problema anche per le giovani generazioni, se posso dire, sarà ancora peggiore per le giovani generazioni, perché con il metodo contributivo le pensioni dalla mia generazione in giù saranno determinate dalle quote (contributi) che sono state versate, e in media noi rischiamo di avere delle pensioni finali che saranno, se ci va bene, il 50%, o forse meno, della retribuzione metropolitana al momento del nostro pensionamento... Se ci va bene. Per cui abbiamo studiato e siamo impegnati a cercare delle soluzioni che dobbiamo trovare insieme all’ Amministrazione. Ad esempio, almeno in parte, al momento della firma del contratto, oppure, anche con meccanismi integrativi che stiamo valutando.

Andando più in giù nelle priorità, abbiamo la certezza del reclutamento costante... un 30%. Questo è un obiettivo da Amministrazione e non sindacale, ma è un obiettivo che il SNDMAE ha sempre perseguito, perché è un po’ la linfa della nostra struttura. Senza un reclutamento costante per la carriera diplomatica, soprattutto, ma anche del restante personale, abbiamo un Ministero in grossa difficoltà. Questo lo abbiamo visto negli ultimi anni, avendo saltato due concorsi, abbiamo il Ministero nella sede centrale, ma anche in gran parte della rete, che ha dei fenomeni di sofferenza che ormai sono sotto gli occhi di tutti, e da tempo. E qui abbiamo però un dato positivo, come avete potuto leggere nel Caro Socio, che è stata non la “messa in sicurezza definitiva” del concorso, perché quella purtroppo non si è potuta ancora ottenere, ma comunque una messa in sicurezza per un arco temporale abbastanza consistente, che è sicuramente tre anni e probabilmente di cinque, per un numero dato di funzionari diplomatici. Si tratta di 35 all’anno per i prossimi tre anni con certezza, e poi per ulteriori due anni, non ancora finanziati,. Nei prossimi tre anni dovremmo andare a regime con questi 35 funzionari diplomatici da reclutare sulla base delle esigenze -  non vorrei dire pretesto - della messa in funzione del servizio di Azione Esterna della Unione Europea, cui saremo comunque tenuti a dare un certo numero di nostri funzionari. Quindi, in parte questi 35 serviranno a colmare questo travaso seppur non direttamente, perché appunto saranno destinati a Bruxelles funzionari nelle varie fasce di carriera i funzionari.

Ultimo punto: gli automatismi e l’obbligatorietà dell’alternanza tra sedi non disagiate e disagiate e particolarmente disagiate ha raccolto solo il 14% delle preferenze dei Soci che si sono espressi. E’ la questione annosa del fatto che si creano circuiti privilegiati, a beneficio di alcuni e non di altri. Devo dire che mi stupisce un po’ che abbia ricevuto così poche preferenze. Evidentemente è una questione che, di fronte alle altre, è stata considerata meno importante, ma probabilmente non lo è nel momento in cui si pone per gli interessati. Lo è in questo sondaggio, in cui, evidentemente, i punti dello scorrimento di carriera, adeguamenti salariali e dell'ISE vengono a essere prevalenti.

Queste mi sembrano le cose principali che si possono dire su questo sondaggio.

Dicevo che c’è stato un numero abbastanza cospicuo di colleghi che ha voluto avvalersi della possibilità di dare dei consigli, di scrivere qualche cosa nella casella che era disponibile. Per cui ci sono arrivati, sempre in forma anonima, dei giudizi, dei consigli un po’ più articolati. L’obiettivo era questo: avere un'espressione di pensiero un po' più articolata di quanto non potesse essere data da delle domande a cui bisognava rispondere in un certo modo.

Direttore, buona sera, benvenuto, ti salutiamo. Abbiamo una sedia… e quindi, dicevo, sono dei commenti molto interessanti, se non sbaglio erano disponibili anche questi sul tavolo… Vi invitiamo a leggerli, perché danno il senso appunto di come i colleghi hanno voluto esprimersi, di come l'abbiano fatto in maniera molto articolata, con suggerimenti molto interessanti, che meritano di essere letti… Non è questo il momento di farlo per me, ho già parlato troppo. Li abbiamo ordinati per grandi temi,  ottimo lavoro della nostra Segreteria: Giudizi sul merito della riforma; scorrimenti e ruolo aperto; struttura del MAE; servizio estero, rapporto centro-periferia; risorse; organizzazione del lavoro e politica del personale; formazione e selezione; ruolo del MAE... Questi sono i temi attorno ai quali abbiamo organizzato, mettendo sotto queste voci tutti i contributi che ci sono arrivati, a volte ripetendoli, alcuni andavano bene sotto più cappelli… Però quello che ci premeva sottolineare è che effettivamente lo scorrimento a ruolo aperto è uno dei temi in assoluto, più segnalati, più sentiti... e pertanto vien citato da numerosi colleghi come una delle soluzioni ai molti problemi della nostra carriera e anche del Ministero, di riflesso.

Io avrei terminato su questo punto, quindi lascio la parola.

 

MARSILI: Grazie, Gianluca. Io saluto e do il benvenuto a nome di tutti noi, all’Ambasciatore. Massolo e al Ministro Sanfelice che sono qui con noi. Se l’ambasciatore desidera, posso dare la parola al Segretario Generale perché porti un suo avviso, un suo indirizzo a questa Assemblea Straordinaria.

 

Giampiero MASSOLO, Segretario Generale del Ministero Affari Esteri: Grazie, non vorrei trasformare l’Assemblea in una sessione del Soviet supremo, dove poi parla Direttore del Personale, poi il Direttore per gli Italiani all'estero... Ritengo sia stata un’ottima idea quella di fare il sondaggio. Mi rammarico che la percentuale di coloro che hanno risposto sia così bassa. Mi rammarico anche di non vedere questa sala piena. Credo che vi sia forse… a proposito, a chiarimento dico che io ho resistito alla tentazione di rispondere, quindi non posso essere annoverato nell’1,74% che ritiene la riforma pienamente soddisfacente, anche perché in realtà non lo ritengo. Dicevo quindi che... credo che forse la ragione della relativamente poca rappresentatività – il Presidente mi scuserà – è, risiede in un equivoco di fondo. Vale a dire, la riforma non è l’assetto delle Direzioni Generali. La riforma non è un Direttore Generale in più o in meno, i problemi del Ministero degli Esteri non risiedono nell’avere o non avere un Ministro plenipotenziario, nell’avere o non avere questo o quel ruolo aperto…  non è questa la sede, ma in altra sede dirò perché sarebbe un grave errore averlo, ma non mi volevo soffermare su questo.

Il contesto nel quale ci muoviamo è un contesto molto più ampio, è un contesto molto più ampio e molto più pericoloso. Dicono bene oggi Silvestri e Dassù sul Corriere della Sera. La riforma è la riforma, ma la riforma deve essere soprattutto un motivo per riflettere a tre cose. Abbiamo uno  strumento, cerchiamo di renderlo efficace, ma per fare cosa? E’ chiaro che il compito dell’Amministrazione e di chi pro tempore la rappresenta non è di fissare gli obiettivi, ma di disporre al meglio lo strumento perché lo strumento sia sufficientemente atto a perseguire gli obiettivi che il Governo stabilisce. Sul primo punto non mi soffermo più di tanto. Secondo punto evidentemente è il Ministero e l’Europa. Il terzo punto è il rapporto con Chigi, ma quando si dice rapporto con Chigi in realtà si dice il rapporto con il complesso degli altri Ministeri. Il vero problema non è il Direttore in più o in meno, il vero problema è quanto pesa il Ministero all’interno di tutto questo, quindi se il contesto è più ampio è conseguenza di questo che la riforma non è solo il DPR di primo livello, su cui il sondaggio si è, probabilmente a giusta ragione, molto incentrato. E infatti la riforma è un complesso di cose molto più ampio. E’ il DPR di primo livello, sarà il conseguente DM di secondo livello e conseguenti circolari e d’altra parte con il processo lento ma costante di razionalizzazione della rete che, guardate, non è solo chiudere i Consolati o dibattere se lasciare o non lasciare aperta Lusaka, è il prendere atto di una nuova realtà e comportarsi di conseguenza. Abbiamo una rete consolare in Europa che è pletorica rispetto ai nostri interessi nella loro versione aggiornata. Non è più possibile avere, pretendere di avere il consolato sotto casa, così come non è più possibile pretendere di avere la delegazione del comune sotto casa. Se questo è un dato di fatto, alcune realtà vanno chiuse o rimodulate. Quello che si può fare poi è  reinvestire i proventi di questa rimodulazione verso l’apertura di nuove realtà che sia un’Ambasciata in Moldova che abbiamo già aperto, che sia un’Ambasciata in Turkmenistan la cui apertura abbiamo annunciato, che sia l’obiettivo che ci pone il Ministro di prevedere delle presenze, come ad esempio un Consolato Generale a Bassora piuttosto che un’Ambasciata in Somalia, insomma questo tipo di iniziative. Non lasciamoci impiccare sul dibattito: “Devo chiudere Saarbruecken, devo chiudere Lusaka…”, è molto più ampio il contesto.

Altro elemento della riforma sono i finanziamenti. Se facciamo dei risparmi, questi risparmi devono essere reinvestiti nel Ministero. Io credo che rispondendo a questo sondaggio, tutti avrebbero risposto “più soldi, più carriera”, questo mi pare assolutamente evidente. Il problema è che più soldi non sono evidenti il problema è che noi viviamo in un mondo che è un mondo reale, per cui non avremo più soldi nel breve e neanche nel medio periodo. Probabilmente a lungo termine qualcosa potrà cambiare, ma per il momento questo è, quindi dobbiamo fare i conti con una realtà che è quella che è e aggiustare lo strumento al meglio, parametrandolo alla situazione che è la situazione data e su cui, per quanto riguarda le risorse, arriverò tra un momento. Vi è un problema di reclutamento, anche questo è una componente della riforma, la certezza del reclutamento, sia della carriera diplomatica sia delle qualifiche funzionali. Arriva poi anche , certamente, il problema delle Direzioni Generali e di come le Direzioni Generali si assestano.

Quindi, come dire, se noi abbiamo un problema di adeguamento all’Europa, un problema di rapporto con Chigi, la definizione di un nuovo core business conseguentemente del Ministero, che non può più essere quello astrattamente di politica internazionale, più da ufficio studi che da organismo operativo, ma deve essere il rafforzamento della nostra capacità di offrire alternative, opzioni di policy al Ministro e al Governo da un lato,deve essere interfacciare le aziende e i cittadini, quindi in modo efficace le imprese e i cittadini all’estero, vuol dire, dare, "il buon esempio", attraverso, per così dire, percorsi virtuosi ed efficaci dell’esistente, all’interno del core business deve anche rientrare l’idea di una nuova coscienza dei diplomatici per quanto riguarda la gestione delle risorse umane e finanziarie, di cui, per esempio, il progresso che stiamo facendo – e qui il SNDMAE è stato di grande stimolo - per quanto riguarda il bilancio sede che sapete è in via di sperimentazione. Oggi il Presidente della Repubblica ha firmato il relativo DPR che sancisce, sanziona il Regolamento, adesso si andrà alla Corte dei Conti per una rapida registrazione, dopodiché sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Abbiamo una dozzina di sedi che faranno questa sperimentazione quest’anno.  L’anno prossimo andrà a regime. Questo significa sì flessibilità, ma significa anche responsabilità, capacità gestionale. Voglio vedere all’opera i Capi Missione, Ambasciatori e Consoli, per farlo c’è bisogno di entrare in una mentalità amplia, che estende il core business da quello classico anche a questo tipo di aspetti. Dicevo quindi che l’idea è quella di non, come dire, di non immaginare, di non vedere la riforma soltanto come una riforma di strutture e non vederla neanche come una riforma al ribasso. Qui non c’è nessuna forma di ribasso, qui non c’è nessuna forma di taccagneria, qui c’è semplicemente il tentativo di reimpiegare in modo più razionale l’esistente. In Italia siamo abituati che dalle riforme deve venirci qualcosa in cambio, ecco qui, diciamocelo francamente, tutto quello che in termini di status potevamo dare è stato dato nella riforma del 2000. Tutto quello che in termini di risorse si poteva dare è stato dato  nella riforma del 2000. Adesso quello che noi dobbiamo fare è imparare a gestire meglio l’esistente, e questo tipo di complesso di provvedimenti che sono andato a delineare, delineando prima, mira, va per l’appunto in questa direzione e su cosa si fonda. Si fonda sul fatto che poichè i soldi son pochi non solo al Ministero degli Esteri ma in generale, allora bisogna trovare una forma virtuosa di collaborazione con il Ministero dell’Economia e con il Ministero della Funzione pubblica e questa forma virtuosa passa attraverso la possibilità  per questi dicasteri di fare anche loro la loro parte di bella figura; e la loro parte di bella figura si ha, si avrà se escono, se noi in qualche modo contribuiamo come Ministero importante e mediatico, a non fare più loro fare la figura dei meri tagliatori di teste, ma di accompagnatori di processi virtuosi. Se uno si presta a questo gioco, ovviamente senza consegnarsi e ovviamente senza avere la pretesa di essere più furbo della volpe, forse qualche cosa in cambio si riesce ad ottenere. E che cosa si riesce ad ottenere? Intanto siamo riusciti ad ottenere la certezza del reclutamento per cinque anni, in realtà sono cinque anni quello che il Presidente diceva prima, tre e non finanziato per due, è parzialmente diverso. Il finanziamento è su cinque anni. Il problema è che per i primi tre anni questo finanziamento avviene senza intaccare il turn over, ovvero il turn over va tutto sulle aree funzionali, mentre nei restanti due si intacca in parte il turn over, per assumere diplomatici si assumono meno aree funzionali; in ogni caso è una certezza di reclutamento per 35 posti per cinque anni.

In secondo luogo abbiamo ottenuto, come dicevo, la possibilità di reintegrare nelle dotazioni del MAE il cosiddetto risparmio. Un esempio è stato la Moldova e stiamo proseguendo, un altro esempio sarà probabilmente il Turkmenistan e così via. Sulla rete, per l’appunto, anche qui quello che abbiamo detto, e soprattutto è sulla tabella A. Sulla tabella A noi partivamo nel corso del negoziato della Finanziaria con zero euro. Cioè avevamo allo stato della legislazione vigente al 31 dicembre, qualcosa come 9.000 euro per quest’anno e 7.000 euro, un motorino… il costo di un Vespone, sostanzialmente, sul 2011. Siamo riusciti ad ottenere un’allocazione. Questa allocazione è evidentemente destinata alla ratifica degli accordi internazionali, ma non è un mistero per nessuno che una parte di questo deal, razionalizzazione contro ritorni, percorso virtuoso contro ritorni, è anche quella di cercare di riuscire a portare a casa il nostro rinnovo contrattuale e un ulteriore arrotondamento del FUA delle nostre qualifiche funzionali.

E’ su questo in questo momento che stiamo lavorando ed è questa la logica di quello che stiamo facendo. In questo, si inserisce anche il nostro DPR di riassetto delle Direzioni Generali, ma, guardate, noi ci siamo trovati di fronte a una scelta già una volta, nel 2006. Nel 2006 ci venne chiesto di sopprimere due Direzioni Generali o comunque due di quegli uffici che in termini di Funzione pubblica si chiamano di primo livello. All’epoca fu possibile farlo in un modo che non snaturasse, ma anche, in qualche modo, perfezionasse la riforma del 2000. Noi riuscimmo attraverso delle limature marginali, che hanno fra l’altro anche consentito l’introduzione della figura del Vice Segretario Generale-Direttore politico di non alterare quel modello sopprimendo strutture. Adesso ci è stato chiesto di farlo con altre due strutture. Io credo, sfido chiunque, alla fine uno è costretto a bendarsi e lanciare alla cieca una freccetta, oppure mettere, chiudendo gli occhi, il dito sull’Atlante, perché in base a quale criterio io sopprimo una struttura o non un’altra?

C’era chi diceva: “Sopprimiamo tutte le strutture amministrative e facciamole confluire nella Direzione del Personale”. Ma se abbiamo sempre detto che dobbiamo motivare tutte le categorie che lavorano al Ministero degli Esteri, perché dobbiamo condannare alla decapitazione la dirigenza amministrativa nella sua interezza?

C’era chi diceva: “Mettiamo tutto il Multilaterale insieme”. Non lo so. Era un’idea, ma di certo non lo riscontro in nessun altro Ministero degli Esteri di Paesi comparabili al nostro. Quindi, come dire, c’era una tale difficoltà a fare quello che, con il Presidente, scherzando, dicevamo essere il minimo sindacale, che tutto sommato è venuta la tentazione di fare qualche cosa di diverso. Fare questo qualche cosa di diverso, appunto non è più la questione se sono due se son tre, se una, insomma è un’altra matrice, è un altro modello che noi andiamo a mettere in pratica. E questo modello abbiamo cercato di basarlo su quello che abbiamo visto negli altri Ministeri degli Esteri e questi Ministeri degli Esteri come sono retti? Sono retti tutti intanto con una prevalenza di Direzioni tematiche rispetto alle Direzioni geografiche e in secondo luogo sono retti tutti sulla base del principio che chi fa l’Integrazione europea fa anche accordi bilaterali, non necessariamente con gli altri, ma con i Paesi dell’Europa sì. Andando avanti nella nostra lettura abbiamo visto che c’erano due modelli principali, il modello francese e il modello inglese. Il modello francese centralizzava tutte le Direzioni geografiche in una Direzione Generale più grossa, detta “degli affari politici”;  il modello inglese, invece, distribuiva le direzioni geografiche in varie Direzioni Generali tematiche, a seconda della forza di attrazione del loro titolo, del tema che trattano. Fare la prima scelta è possibile in Francia dove, consentitemelo, il Quai d’Orsay conta come il due di coppe quando si gioca a bastoni, nel senso che, come voi sapete, nelle ambasciate di Francia i diplomatici fanno soltanto la politica pura, cioè in altre parole De Bernardin e Visconti sono i diplomatici, due degnissime professioni, ma al Ministero degli Esteri abbiamo anche la Belloni, la Zuppetti, quello che fa l’economico, insomma, c’è ben altro… quello che fa il culturale. Noi semplicemente non avremmo potuto creare una Direzione generale mostre con tutte le geografiche in un contenitore con tante piccole Direzioni Generali, non sarebbe stato giusto nei confronti di un ministero come il Ministero degli Esteri che molto ha da dire ancora all’interno del sistema Paese in Italia, molto più di quanto abbiano l’Auswaertiges Amt in Germania,  il Quai d’Orsay in Francia, forse un pochino di più il Foreign Office, direi nemmeno tanto nel sistema USA, ma lì siamo completamente in un altro mondo, il Dipartimento di Stato. Quindi abbiamo necessariamente dovuto dividere, necessariamente dovuto distribuire queste Direzioni Generali geografiche, perché alla loro expertise non abbiamo voluto rinunciare, cioè ciascun Direttore centrale geografico continua ad occuparsi della propria area geografica, dei rapporti bilaterali dei Paesi che tratta, a 360°, che siano rapporti politici, che siano rapporti economici, che siano rapporti culturali, continua a farlo a 360°. Continua a farlo in contenitori tematici più ampi. Allora, se il contenitore tematico, politico e di sicurezza attrae le aree dove sono più ricorrenti ed endemiche le situazioni di crisi internazionali di tipo sistemico… e necessariamente si occupa di USA e Russia. Insomma, quando Obama va a Mosca, non parla di globalizzazione, parla di temi di sicurezza, di missili, di non proliferazione. Nella Direzione Generale della Mondializzazione ci sono le aree emergenti, queste aree che sono l’Asia-Pacifico, l’Africa nera, l’Africa Subsahariana e i Paesi dell’America Latina. Ma allora la trattazione di questi Paesi è meramente economica? No, non è affatto meramente economica, perché il Direttore Generale per la Mondializzazione è un collega. Il Direttore Generale per la Mondializzazione non è, con tutto il rispetto, il Direttore scambi del Mincomes, non ha una visione meramente centrata sugli aspetti economici e commerciali; è un Direttore Generale di tipo diplomatico che ha una visione politica e diplomatica di problemi come la globalizzazione, che non  sono  esclusivamente economici e dirò di più la cui trattazione tecnica non spetta alla Farnesina, ma ha una visione integrata, politica, diplomatica di fenomeni anche tecnici, come il clima, come il commercio, come la strumentazione e la riforma del Fondo monetario internazionale che noi non trattiamo in prima persona, ma che sono necessariamente bagaglio politico di tutti quanti i diplomatici italiani o se non lo sono, lo devono diventare.

Quindi il referente del Direttore America Latina è  un collega diplomatico il quale ha sì come suo compito quello di garantire la coerenza di impiego delle leve, della governance economica multilaterale. Ma è un diplomatico, ha una visione di sintesi politica e quindi è pienamente in grado di rispondere alle esigenze del suo Direttore Centrale competente a 360° per l’America Latina. Certo, nel momento in cui il Brasile dichiara guerra agli USA, andiamo in Consiglio di Sicurezza e ci sono i missili e abbiamo i titoli del New York Times, è chiaro che chiunque farebbe un colpo di telefono al Direttore Generale per gli Affari Politici e la sicurezza, mi pare evidente perché ha la titolarità di sicurezza internazionale ma non già di tutti gli aspetti politici quotidiani, ma dei problemi di Sicurezza internazionale spetta a lui. Se io Direttore Centrale America Latina ho una missione di 400 uomini di affari con il Presidente della Repubblica in Brasile, ma è evidente che farò una telefonata al Direttore Generale  del Sistema Paese, non già perché questo Direttore Generale mi rompe le scatole quotidianamente nel mio lavor,o ma perché, cribbio, se ho una missione di sistema, devo interessare chi si occupa del sistema. Quindi, come dire, è un meccanismo in cui non esistono Direzioni politiche, Direzioni economiche, in cui esistono delle visioni globali della realtà, da parte della prima linea, da parte dei Direttori Generali, i quali sono incaricati dai loro Direttori Centrali di fare la strategia, di fare l’indirizzo. Esiste poi una visione settoriale, che è la visione, se vogliamo, di secondo livello dei Direttori Centrali, che hanno una visione, per l’appunto, settoriale, come è giusto che sia; aumentiamo i posti di Direttore Centrale proprio per dare la possibilità a generazioni più giovani – intendiamoci, quelli entrati negli anni Ottanta, quindi insomma un concetto di giovinezza, caro Presidente, ormai abbastanza relativo, quindi, dicevo, generazioni più giovani entrate negli anni Ottanta, di farsi valere, di entrare in un circuito sul quale si regge il Ministero degli Affari Esteri.

Questa è la logica, quindi da un lato no a visioni settoriali di primo livello ma sì a visioni settoriali sulle quali si regge la visione quotidiana del Ministero e a cui spetta di fare da primo frangi flutto di tutta una serie di cose che necessariamente non può non essere all’attenzione di chi cura gli aspetti più da vicino in maniera quotidiana.

Quindi su questo si basa la riforma. Potevamo fare il Dipartimento, ma probabilmente il Dipartimento avrebbe avuto una travagliata vita parlamentare. Ma soprattutto credo che un Dipartimento mal si presterebbe a quello che è il Ministero degli Esteri. Nel Ministero degli Esteri le competenze sono tutte a vasi comunicanti, mentre parlo, mi accorgo di quanto un problema è correlato agli altri…  i Dipartimenti sono compartimenti stagni… i Dipartimenti sono per ministeri che hanno competenze multisettoriali... il Ministero dello sviluppo economico, da un lato ha le comunicazioni, da un altro il commercio con l’estero, dall’altro ancora l’industria. Che cosa ha a che fare con le comunicazioni quello che fa la normativa per le assicurazioni… evidentemente nulla, sono due cose completamente diverse, in grado di essere, come dire, spezzettate in Dipartimenti. Il Ministero degli Esteri no, il Ministero degli Esteri ha bisogno che il Direttore Centrale possa costantemente essere in contatto con tutti. Deve stare all’interno di strutture, per quanto più grosse, per quanto si auspica più autorevoli delle attuali Direzioni Generali, conservino una loro flessibilità di base. Quindi questa è la ragione principale per il quale il Dipartimento non mi sembra particolarmente adatto per il Ministero degli Esteri.

Mi fermo perché non voglio, come ripeto, monopolizzare più di tanto… Però, insomma, spero di essere riuscito a dare il senso di un qualche cosa che non vorrei fosse visto unicamente parte per parte, ma che venisse visto come componente di un insieme più ampio dove il Ministero degli Esteri verrà misurato più per l’adeguatezza a fornire risposte in concreto, che su problemi di carattere spicciolo… quanto e se abbia una divisione con un posto in più, un posto in meno. Ecco, grazie.

 

Marsili: Grazie, Ambasciatore, grazie per il tuo intervento così articolato che ci dà occasione di riflettere. Io lascerei la parola a questo punto ai soci qui presenti, per avere idee, interventi al riguardo. Vedo già un primo interveniente, il ministro Lonardo.

 

Pietro Lonardo: Io volevo ringraziare il Sindacato per avere organizzato questo incontro e il Segretario Generale per essere intervenuto. Credo che, essendo questo incontro anche ‘televisto’ da praticamente tutti i colleghi che si sono sintonizzati su quel sito, sia la prima occasione in cui noi abbiamo veramente l’occasione per vedere in una chiave di sintesi quello che siamo andati apprendendo nel corso di questi mesi in cui materialmente è emerso dall’idea del Segretario Generale, sono emersi i contorni dello schema di Regolamento.

Per parte nostra, o per parte del Sindacato, si è fatto tutto il possibile per essere partecipi di questo piano che il Segretario Generale  è venuto mettendo a punto nel corso di questi mesi. Mano a mano che sono passati… settimane, i giorni, si stanno finalmente chiarendo i contorni… Con queste parole dette dal Segretario Generale oggi, con questi concetti, credo che ci sia stato veramente data una chiave di lettura che seguiva quello che era stato un suo scritto di qualche anno fa, in cui si parla, appunto, del diplomatico globalizzato. Ora… come sindacalizzato… gli stessi colleghi possono riflettere su due cose, il risultato dei sondaggi, il non elevato grado di dissenso espresso, perché c’è stato un numero di persone che hanno interloquito o che si son manifestati, non sufficientemente ampio per poter rappresentare un momento di dissenso, indipendente da quello che sono all’interno delle varie domande. E credo dimostrativo soprattutto di una cosa: che i nostri colleghi e specialmente i più giovani hanno bisogno di ricevere degli input… dei suggerimenti o se si preferisce delle forme verso le quali devono indirizzare la loro carriera. Segretario Generale, le cose che ci hai indicato oggi, non sono delle cose facili da far calare all’interno di una intera carriera. E parlo dei diplomatici, vale a dire di coloro che devono interpretare il tuo pensiero. Figurarsi nei confronti d altre persone che possono interpretare questa idea nuova del Ministero degli Esteri e che non sono vicine a noi in termini di meccanismi che noi stiamo cercando adesso di cambiare. Io credo che, da parte del Sindacato, è arrivato il momento in cui… ma anche da parte dell’Amministrazione, si debba percorrere una strada un po’ più vicina, nel senso cioè che si debba ricucire quella specie, non dico di strappo, ma quella serie di divergenze che sono apparse sin dall’inizio. Forse è stata la stessa struttura, la stessa Amministrazione che essa stessa è partita da un’idea e pian piano questa idea si è in qualche modo asseverata nel corso del raggiungimento anche di questo testo di Regolamento. Penso che però l’Amministrazione ha una responsabilità. Quando parlo di Amministrazione parlo di due persone che… la prima volta in cui io parlai nel Consiglio allargato, dissi: “Attenzione… è un compito molto difficile quello che ci si vuole dare. Ma da una parte abbiamo un Segretario Generale che sta nella cabina di regia del Ministero da anni e dall’altra abbiamo un Ministro che ha un’esperienza giuridica assolutamente rinomata”. Ora, la responsabilità che ha l’Amministrazione, è di portare avanti questo progetto, che non è assolutamente un progetto facile. Non solo e non tanto perché altri Paesi lo hanno condotto avanti e anche con certe difficoltà, ma anche perché obiettivamente far calare questo insieme di idee, di cui finalmente tu per la prima volta ci hai detto tutto, insomma, nell’ambito dei nostri stessi colleghi, non è molto facile, anche perché la stessa operazione di trasformare, di scendere da un certo numero di Direzioni Generali, di uffici dirigenziali generali, ad un numero inferiore, tutta questa operazione costerà molto, anche in termini di tempo, anche per questo io avevo suggerito che ci fosse almeno una vacatio legis per sei mesi, un anno, in modo da consentire all’Amministrazione di mettere in piedi un meccanismo operativo che consenta, non come hanno fatto i tedeschi, che il cambio dal marco all’euro è stato fatto il 1° di gennaio… ma quei famosi periodi, se volete, di necessaria convivenza con il vecchio sistema. Io penso che in questa ottica, il mio personale appello, dopo averti sentito, Segretario Generale, è quello di recuperare un rapporto, in modo tale che noi, veramente, insieme Farnesina-Amministrazione e Farnesina–diplomazia, vedano questa operazione insieme, con una luce unitaria e che quindi tu possa trovare dietro a te una Farnesina e una diplomazia schierata. Il che comporta, Segretario Generale,  te lo dico con l’estrema franchezza di una persona che lascerà a breve la carriera, comporta che nel rifacimento del DPR 18, laddove si tocca più che  il momento organizzatorio della Amministrazione, si toccano invece le persone, le loro carriere, che l’Amministrazione sia in un qualche modo più eloquente, più vicina a quelli che possono essere i desiderata non del Sindacato ma diciamo così, di buona parte delle persone più giovani che vogliono effettivamente fare una carriera ed evitare quel problema che si è sempre posto, di cercare di essere più di carriera che di lavorare, qualcosa che è stato detto prima del tuo arrivo.

Vi ringrazio e mi scuso per la mia eccessiva lunghezza.

 

Marsili: Grazie. Altri interventi?

 

Vincenzo Ercole: Grazie. Mah, anch’io ho trovato interessante sia l’esposizione del Presidente del Sindacato che del Segretario Generale. Dalla esposizione del Presidente del Sindacato, dalla lettura dei dati del sondaggio, traggo personalmente due considerazioni. Attiro l’attenzione su alcuni dati: primo, due terzi degli intervistati pensano che la situazione sia insoddisfacente, cioè pensano che il MAE in questo momento funzioni in maniera insoddisfacente; secondo dato, gli intervistati si dividono un po’ a metà, metà ritiene che il progetto di riforma sia parzialmente soddisfacente, l’altra metà ritiene che non sia soddisfacente a risolvere i problemi. Dall’intervento del Segretario Generale traggo altre considerazioni. La prima: la sua fiducia che la Farnesina può mantenere la sua centralità e addirittura potrebbe consolidarla; il secondo dato che, dato il contesto di riferimento, questo progetto di riforma è il migliore possibile.

A questo punto, se incrociamo i dati, cosa dovrebbe fare, secondo me, il Sindacato? Innanzi tutto dare fiducia al progetto di riforma. Se ci sono questi interessi generali così ampi, se c’è fiducia da parte della nostra dirigenza, un Sindacato che guardi a interessi soltanto, non dico meno importanti, ma meno generali, non credo farebbe un buon servizio.

Facendo così si risponderebbe da una parte a quei soci che ritengono che il sistema attuale sia insoddisfacente, dall’altra forse anche a quelli che ritengono che il progetto di riforma risponda un po’ a questa esigenza di migliorarci.

Dall’altra però bisogna tenere in considerazione coloro che hanno votato negativamente e…  perché hanno votato negativamente? Perché credono che: uno, il progetto di riforma non affronti alcuni problemi, e due perché temono che alcuni interessi più specifici possano essere sacrificati. Allora probabilmente il Sindacato potrebbe cercare di impegnare l’Amministrazione a un dialogo continuo e a una partecipazione, da una parte sulla attuazione della riforma, per cercare di minimizzare quegli effetti negativi che possibilmente ci potranno essere e dall’altra cercare di impegnare l’Amministrazione a lavorare in prospettiva su quell’altro che manca nel progetto di riforma e che però preoccupa comunque i Soci, sia dal punto di vista della struttura, ad esempio mi chiedo se si pensi di affrontare anche  il problema della Cooperazione, naturalmente c’è una legge che regola, disciplina la Cooperazione, e quindi non si poteva intervenire in questa sede, però è un problema che secondo me in prospettiva occorre risolvere; l’emergenza di Haiti forse ci può fare riflettere sull’opportunità di seguire quello che ha fato la Francia, cioè di accorpare la gestione delle crisi agli interventi umanitari, credo che la Francia abbia fatto questo proprio basandosi sull’esperienza positiva della nostra Unità di crisi e della nostra Protezione civile.

Quindi da una parte sulla struttura, c’è altro da fare, cerchiamo di lavorarci insieme, dall’altro su quello che non è struttura, ma che è però qualcosa di molto importante comunque per gli interessi di tutti noi, e che forse sarebbe necessario affrontare in una dialettica di più stretta collaborazione con l’Amministrazione. Grazie.

 

Marsili: Grazie. Il collega Boffo…

 

Mario Boffo: Grazie naturalmente a coloro che hanno fatto delle presentazioni, al Presidente del Sindacato e al Segretario Generale, e a tutti coloro che sono intervenuti.

I problemi che tu, Segretario Generale, hai aperto, sono sicuramente delicati e sono anche molto suggestivi. Incidono su… aprono altre due porte, direi; su una è appena intervenuto il collega ed è quello ad esempio di rendere il nostro Ministero più reattivo, più rispondente anche, non solo facendo una riforma che, secondo me, dovrebbe o potrebbe essere vista un po’ come l’inizio di un processo, cioè non nel senso che ci dobbiamo riformare ogni sei mesi, ma l’inizio di un processo che deve rendere necessariamente il Ministero in qualche modo flessibilmente reattivo alle mutazioni in atto e a quelle che saranno e prevedibilmente… sono già in previsione e che il mondo ci offrirà o ci imporrà. Da un altro lato bisogna corredarle, ecco si è parlato di Cooperazione, certamente è un esempio che io volevo fare, perché la riorganizzazione è giusta e sacrosanta, nei termini, da un lato di come sono stati evidenziati dal Sindacato, e naturalmente anche da come sono stati evidenziati dall’Amministrazione, però bisognerà corredarla di riforme un po’ più concrete e la Cooperazione effettivamente dovrebbe essere un’arma fondamentale… un’arma strategica della nostra penetrazione all’estero, del nostro peso nei riguardi degli altri ministeri e del resto della Amministrazione italiana. Però mi sembra che da tempo langua in una situazione di mezzo. Io ho passato quattro anni nello Yemen, ho avuto temi di cooperazione; da un lato sono visibili le possibilità molto suggestive che la cooperazione ha, non necessariamente con molti soldi, ma quella di incidere in settori strategici, dei vari settori in cui interveniamo all’estero, dall’altro un esempio di farraginosità, la scarsità mi dicono, di tecnici, di una competenza forse troppo rigida o forse poco chiara della componente diplomatica e componente tecnica, non voglio dilungarmi, comunque è un tema, uno fra i tanti che andrebbero approfonditi per corredare questa riforma e darle più sostanza.

Un’altra porta che si apre e che è stata sottolineata dal Segretario Generale è quella di cambiare mentalità, se ho ben capito. Una mentalità, diciamo, strutturata, forse troppo strutturata negli anni non è facile da cambiare in poco tempo, e quindi un problema che potrebbe emergere è quello che magari una riforma anche saggia, anche moderna, poi può non essere seguita da una comprensione, da una necessaria flessibilità mentale e professionale di tutti noi. Non so cosa suggerire, ma certamente forse questo è un tema su cui tutti dovremmo riflettere. Attività di formazione? Attività di motivazione? Non so… è una cosa che mi sembra emergere dagli interventi che sono stati fatti e sulla quale potrebbe giocarsi il successo di qualunque riforma o di qualunque ristrutturazione. Grazie.

 

Marsili: Altri interventi? Beh, vedo che non ci sono altri intervenienti… Possiamo… prego...

 

Alberini: Se posso aggiungere due parole… ringrazio anch’io il Segretario Generale per le precisazioni e i dettagli ulteriori che ha voluto dare e che riprendono in parte le sue parole che aveva già speso con noi in veste sindacale, quando aveva incontrato il SNDMAE e il SNDMAE e gli altri Sindacati.

Un paio di osservazioni. Tu mi inviti a nozze con le battute… il minimo di riforma che noi avevamo suggerito era la chiusura sic et simpliciter di due sole Direzioni Generali. Avevamo individuato almeno una Direzione amministrativa, per i motivi che avevo esposto prima di funzionalità della struttura; la seconda unità da chiudere l’avevamo individuata in quella che è stata un’innovazione che poi, appunto, si vuole rimodificare, quella del Vice Segretario Generale politico.  Poi eravamo anche disponibili a prendere in considerazione altre manovre. Ma non era il minimo sindacale, absit iniuria verbis, era il minimo Brunetta. Era quanto viene richiesto dal dl 112… Quindi la chiusura di due unita' era chiesta da Brunetta e noi pensavamo che già in questo ambito si potesse fare parecchio, appunto, con delle operazioni a somma  complessiva -2 , o poco più di -2 se proprio dovevamo dare un segnale. Un segnale che stiamo già dando in altre direzioni: un Ministero che riesce ad andare avanti con tutte le farraginosità delle norme di contabilità generale dello Stato, che invece altre Amministrazioni non hanno e riescono a intervenire con facilità e con beneficio di immagine… Proprio oggi abbiamo scoperto questo articolo sulla Protezione civile, che interviene in maniera ben diversa dalla nostra Cooperazione, non perché una sia meglio dell’altra, ma perché una ha degli strumenti un po’ più agili, noi invece come Ministero abbiamo degli strumenti un po’ più rigidi.

Un altro punto: effettivamente il problema della comparazione con gli altri ministeri è ben presente a tutti i soci, è stato anche segnalato da molti interventi. Bisogna tener presente che è difficile trasporre nella nostra Amministrazione sic et simpliciter dei modelli stranieri. Il modello inglese e francese li abbiamo studiati, presi in considerazione… c’erano alcuni colleghi che han prestato servizio in quei paesi che ci dicevano,  e ne avevamo parlato anche in sede sindacale, che oltrea alla struttura c’è tanto altro su cui lavorare: gli inglesi hanno delle metodologie, delle responsabilità, autonomia di firma, flessibilità di struttura ai quali noi dobbiamo arrivare, non ce le abbiamo ancora, vanno calate in una realtà amministrativa e di mentalità che non è quella degli inglesi; il problema del calare le riforme nella realtà è stato sollevato dai vari colleghi e soci che sono intervenuti.

Un’altra questione che volevo toccare è quella della rete; la rete che secondo il SNDMAE va rivista, su questo siamo perfettamente d’accordo. Ma, diciamo, in questa nostra veste di Sindacato noi ricordiamo anche che non si può lasciare il cerino in mano ai colleghi che rimangono sul territorio. Cioè la rivisitazione della rete va fatta nell’ambito di un piano che preveda misure di accompagnamento, una strategia generale ben comunicata, fatta propria dal Parlamento, dalle forze politiche e sociali per evitare che appunto degli accorpamenti che effettivamente avvengono in aree in cui la nostra presenza era motivata da un certo tipo di assistenza che dovevamo dare a un certo tipo di emigrazione, che oggi, per ragioni evidenti, storiche, per il passare del tempo non è più così, va fatta. Ma va fatta con certe misure di accompagnamento e con le contestuali aperture, perché il nostro Paese comunque ha una proiezione mondiale. Fintanto che abbiamo obiettivi globali, all’interno del G8 che si è appena concluso così brillantemente, abbiamo bisogno di una rete mondiale, di una rete di sostegno per l’Italia, che è la ricchezza, come ci siamo sempre detti, del nostro Ministero. Quanto poi a come agire, a come operare, lì ritorno al punto iniziale, che è emerso così palesemente nel sondaggio. Abbiamo sempre questa doppia anima, noi siamo un Sindacato, quindi facciamo gli interessi più sindacali, come la carriera e i soldi… poi siamo anche un’associazione di categoria, in cui viene fuori questo nostro riflesso di pensare comunque al bene complessivo del Ministero. Teniamo conto che l’Amministrazione gli interessi dell’Amministrazione li fa, il Sindacato deve fare gli interessi dei soci, dei singoli, degli iscritti. Quindi lo facciamo sempre con misura, avendo sempre ben presenti i due aspetti. Però quando a volte interveniamo in maniera molto sindacale, non è che ci siamo dimenticati l’altra parte, è che ce l’abbiamo ben presente e sappiamo anche che l’Amministrazione difende in primis gli interessi dell’Amministrazione, per cui noi se sottolineiamo l’altro aspetto, è perché appunto lo dobbiamo fare come Sindacato. Quindi quando si parla di scorrimenti, di aumenti, di posti, non dobbiamo esserne accecati e non ne siamo accecati. Ripeto, il Sindacato ha dato sempre prova poi di moderazione, di ragionamento, in un’ottica moderna, però su alcune questioni poi abbiamo come Sindacato “ottenuto ragione” a beneficio di tutti, anche dell'Amministrazione. Ricordo solo, per esempio, la battaglia sull’ISE che sta portando grossi benefici, perché obiettivamente l'Amministrazione non poteva dire di no a dei tagli, ma è stato il compito del Sindacato dire di no ai tagli sull’ISE e forte di questo no del Sindacato, l’Amministrazione è riuscita a frenare, addirittura a recuperare… E oggi diamo atto all’Amministrazione che si è in parte invertito questo trend e sull’ISE si sono fatti  aggiustamenti in positivo, per la prima volta in molti anni. Non vorrei togliere poi lo spazio anche ad altre risposte, ad altri interventi dei nostri Soci. Grazie.

 

Marsili: Grazie, Gianluca. Non vedo altre mani alzate… quindi, non so se ci sono altri interventi… se il Segretario Generale vuole aggiungere qualcosa...

 

Massolo: Soltanto dire che è sano che l’Amministrazione faccia l’Amministrazione e il Sindacato faccia il Sindacato… l’Amministrazione siamo poi tutti noi, una volta usciti da questa sala.

Il problema della sostenibilità della riforma è un problema reale che noi ci stiamo ponendo e credo veramente che non se ne esce se non con una più stretta e più stringente collaborazione. E chiaramente, come diceva giustamente il presidente Alberini, il problema sta anche nella metodologia applicativa e che in Francia e nel Regno Unito c’è molto altro, sì, ma non è che qua non ci sia niente, nel senso che certe modalità di azione, talvolta uno può anche avere delle piacevoli sorprese, in materia di flessibilità e di capacità di reazione. In ogni caso, io sono personalmente, e come Amministrazione, avido di suggerimenti da questo punto di vista e ansioso di condividere, nel senso che, per quanto mi riguarda, per quanto riguarda le persone con le quali più direttamente stiamo seguendo queste cose, lo stiamo facendo anche nell’ottica di prevedere sostenibilità nelle metodologie di applicazione che rendano l’intero disegno che, come avete visto, è piuttosto ambizioso e piuttosto articolato, effettivamente applicabile e in grado di camminare. Però non riteniamo di avere il monopolio della verità e quindi tutto quello che il Sindacato potrà suggerire è sicuramente, assolutamente benvenuto.

Per quanto riguarda la rete… sì, certamente, ma ci sono le misure di accompagnamento e c’è la strategia generale. Parliamoci chiaro, quando si parla di chiusure di consolati, uno si può immaginare il modello più perfetto del mondo, fatto sulla base di parametri perfetti, e prevedendo delle sostituzioni a tutte realtà chiuse, altrettanto idonee e che si vendono molto bene. Dopodichè in questa cosa va introdotta tutta una serie di lenti deformanti; deformanti lo dico in termini non dispregiativi, lo dico solo per dire che deformano, cambiano quello che uno ha immaginato in provetta. Esistono i Comites, esistono gli eletti all’Estero, esiste il Parlamento, esiste la politica, esistono le altre Amministrazioni, esistono i comitati dei cittadini… esiste tutto questo. E guardate che le spinte e le contro spinte, uno ha voglia a immaginarsi i piani, ma poi farlo in concreto è dannatamente difficile. Quindi non manca il piano generale, non mancano le misure di accompagnamento, la realtà ha il brutto difetto di esistere e quindi poi bisogna adattare tutto questo alla realtà. Anche qui, lietissimi di collaborare, ma alla fine qualcuno deve decidere.

Per quanto riguarda il problema della Cooperazione… sì sarebbe il mio sogno di riformare anche la Cooperazione. Il problema della Cooperazione allo sviluppo è che contrariamente agli assetti dell’Amministrazione centrale, alla rete, presuppone un disegno di legge in Parlamento. Ci si è  provato anche in altro modo, come dire, attraverso una delega al Governo da includere nella Finanziaria. Però nel Parlamento non c’è stato… il Parlamento questo tentativo, che era promettente, fatto nel 2007, semplicemente non lo prese, e quindi noi ci troviamo con uno strumento che necessita in maniera assoluta di riforma, ma che purtroppo è assai difficile riformare, perché si scontra con dei passaggi parlamentari dove i veti contrapposti finora lo hanno impedito; quindi, non dico che non bisogna provarci, ma bisogna essere coscienti di questa realtà. Per quanto riguarda il problema del minimo sindacale o del minimo Brunetta… che lo si chiami sindacale o lo si chiami Brunetta, era comunque un andare avanti al minimo, un andare avanti identificando delle soluzioni più o meno da “toppa a colori”. Perché non poteva essere soppresso il Direttore politico-Vice Segretario Generale?  Perché delle due l’una, o gli crei una vera e propria Direzione Generale per gli Affari politici o di sicurezza, o altrimenti il conflitto che c’è tra chi fa il multilaterale politico e chi fa le aree geografiche non si risolve solo cambiando il nome a Stefano Ronca e dicendo che Stefano Ronca non è il Direttore Generale per la cooperazione politica multilaterale ma è il Direttore Generale per gli Affari Politici perché, credetemi, io l’ho fatto e mi chiamavo Direttore Generale per gli Affari Politici multilaterali,  ma i problemi con le geografiche erano esattamente gli stessi. Allora, questo problema, questo snodo si può risolvere solo in due modi: o sottoponendo le aree geografiche funzionali all’esercizio delle funzioni di Direttore politico sotto un Direttore Generale degli Affari politici con struttura, oppure prevedendo un’entità sovrastante i Direttori Generali che li coordini: il Direttore politico-Vice Segretario Generale. Quindi la semplice eliminazione con un colpo di bacchetta magica della figura di Sandro De Bernardin, sarebbe stata né più né meno che un’operazione meramente cosmetica.

Sulla Direzione amministrativa ho detto prima.

Per quanto riguarda poi la flessibilità, beh, certo a tutti piacerebbe, ma non crediate che questi discorsi che ci stiamo facendo qua io non li faccia quotidianamente col generale Camporini piuttosto che con il capo di gabinetto del Ministero dell’Interno. Tutti costantemente lamentando lo strapotere della Protezione civile, perché la Protezione civile è un unicum, è un unicum europeo, per lo meno, è un unicum sicuramente italiano. Cioè, io non posso competere con qualcuno che ha fondi virtualmente illimitati, non dico infiniti, ma sicuramente illimitati e potere di ordinanza, neanche Superman riuscirebbe a gestire un Ministero dell’Interno, degli Esteri, della Difesa, come dire, alla pari con un’entità di questo tipo… è come prendersela con i cinesi perché pagano il costo del lavoro 200 lire l’ora, quando noi lo paghiamo 4.5 euro, cioè questa è la situazione. E’ un dato di fatto, un dato del paesaggio… dobbiamo fare i conti, anche qui, con la realtà che ha il difetto di esistere. Dobbiamo fare i conti con una realtà che possiamo cambiare, che possiamo cercare di migliorare, che possiamo rendere più flessibile, ma che alla fine è lì e alla fine ti ci devi adattare e lo devi fare in un modo che ti faccia fare sufficientemente bella figura, perché tu poi, forte di questa bella figura, ti possa sedere attorno al tavolo dove le risorse vengono distribuite, avendo titolo a rivendicarle. Questa è la sfida, grazie.

 

Marsili: Grazie… il Vicepresidente…

 

Sergio Maffettone, Vicepresidente SNDMAE: Volevo fare una piccola annotazione sulla questione del ruolo aperto e dello scorrimento di carriera. Nel senso che qui nessuno vuole il 6 politico, cioè qui nessuno vuole abbandonare la competizione… un concetto di vitalità, di competizione e concorrenza tra tutti i funzionari. Però se al ruolo aperto si accompagnassero dei meccanismi di passaggio di grado attraverso delle commissioni che valutino in concreto, realmente, quella che è “la bravura e la capacità dei singoli funzionari”, si sposterebbe la competizione su un fattore reale, cioè la capacità di parlare in pubblico, la capacità di redigere dei documenti di sintesi, su questo si dovrebbe concentrare il passaggio da Segretario di legazione a Consigliere di legazione e da Consigliere di legazione a Consigliere di Ambasciata e via dicendo. Attualmente, nel momento in cui noi entriamo nella carriera, diveniamo praticamente delle persone aride, ci concentriamo soltanto sulla competizione bieca tra di noi, questo… anche più in là nella carriera, e abbandoniamo completamente la formazione. Non esiste un sistema di valutazione reale nel passaggio dei gradi e creando ruolo aperto con la strutturazione di passaggi di livelli veri, con dei veri e propri esami, magari chiamando anche qualche rappresentante di qualche struttura privata a valutarci, a valutare le nostre capacità manageriali, le nostre capacità di sintesi, di reazione a situazioni di stress, pur facendo tutto ciò, non verrebbe meno questo spirito di concorrenza che è uno dei fattori principali della nostra… del fatto che noi siamo comunque sempre… tendiamo a dare il massimo, ma si sposterebbe la competizione su fattori reali e non su una competizione soltanto tendente, ai gradi più alti della carriera, a fregare chi ti sta vicino. Grazie.

 

Alberini: Ci stiamo avviando alla conclusione, ma abbiamo ancora un altro punto: Varie ed eventuali. Volevo ricapitolare quali sono i vari passi della riforma, perchè non è finita, il cantiere è aperto, si possono effettuare delle correzioni in corso d’opera, ci sembra di capire, o perlomeno intervenire sui livelli successivi al decreto di primo livello che e' attualmente in fase di discussione e sarà poi approvato. Non so se il Segretario generale potrà dirci qualcosa sui tempi. Sappiamo che la cosa dovrà andare in Consiglio di stato, dovrebbe uscirne tra poco, per andare poi alle commissioni esteri di camera e senato e poi essere approvato in seconda lettura dal Consiglio dei Ministri ed entrare in vigore, non sappiamo quando. Uno dei problemi che abbiamo segnalato e' anche il problema della transizione tra i due sistemi. C’è poi il decreto di II livello che non è meno importante, perché si tratta di definire quali uffici tagliare. Ricordiamoci che Brunetta ci chiede non solo due direzioni generali, ma ci chiede anche un certo numero di uffici: dovremmo passare a 96 uffici complessivamente … una decina in meno se non sbaglio. Quindi ci sarà da decidere quali uffici tagliare…che conformazione dare agli uffici, come accorpare le competenze degli uffici, e poi ci sarà da decidere come organizzare le strutture all’interno degli uffici. Per esempio, qualche progresso lo abbiamo fatto. I funzionari diplomatici che sono all’interno degli uffici vengono a volte impropriamente comparati alle aree funzionali, mi riferisco alla titolarità di sezioni che possono essere attribuite sia ai diplomatici che ai non diplomatici. Queste sono situazioni di confusione, perché a seconda del personale disponibile viene data questa titolarità di una sezione, che però nel caso diplomatico corrisponde a certe cose, nel caso dell’area funzionale a tutt’ altre logiche e meccanismi. Anche lì bisognerebbe intervenire, e già da qualche anno è stata individuata la posizione di vicario dell’ufficio, e siamo riconoscenti all’Amministrazione per aver proceduto a individuare questa figura, per cui il diplomatico è vicario dell’ufficio, però gli altri diplomatici dell-ufficio rimangono in questa posizione un po’ ambigua… Noi avevamo suggerito di guardare anche al ministero dell’Interno dove ci sono le figure di funzionari in posizione di staff. Si sono inventati le aree, che non sono le sezioni, e sono date solo ai funzionari della carriera prefettizia.

Questo giusto per dire che anche all’interno del decreto di II livello ci sono tante cose da fare, c'e' poi da lavorare sulle circolari applicative, sui metodi di lavoro, su chi firma, su come si porta alla firma il documento, come si confezionano i documenti e come procedono. L’Amministrazione già adesso si sta aggiornando molto, con l’informatizzazione che comporta anche dei problemi, perché discutevamo oggi con un collega, il fatto di avere tutti una e-mail, il fatto di poter ricevere istantaneamente informazioni e sollecitazioni è certamente una bella cosa ma poi queste informazioni e sollecitazioni bisogna anche processarle, e il cervello rimane quello di una persona. Serve comunque tempo per leggere, per produrre. Cioè quello che si accelera molto sono i passaggi, si tagliano i passaggi, ma qui siamo un Ministero che  è sommerso dalle informazioni e sollecitazioni, siamo una delle poche Amministrazioni che non ha problemi di competenze, cioè ne abbiamo veramente tante e le gestiamo credo bene, con soddisfazione di tutti. Nessuno di noi è disoccupato, anzi c’è una massa di input e di sollecitazioni che è crescente e a questa crescita deve  far fronte anche una crescita di risorse umane e finanziarie. Questo è uno dei punti, cioè il rapporto tra obiettivi, funzioni e risorse, che è ineludibile.

Solo un’annotazione sul futuro. Tutto questo avverrà in un momento di transizione tra questo Consiglio e il prossimo, perché ricordo che sono aperte le candidature per il prossimo Consiglio. I componenti di questo Consiglio per varie ragioni si avvicenderanno, io parto per l’estero tra poco, il 1°marzo. Ci saranno molti posti disponibili, e ci sarà quindi un nuovo Consiglio che entrerà in funzione il 16 Marzo e che dovrà poi affrontare tutta questa fase molto interessante.

Altre due cose sulle Varie ed eventuali: un aggiornamento sugli altri fronti che sono aperti. Un aggiornamento sul DPR 200: abbiamo avuto un ulteriore contatto molto positivo con l’Amministrazione che ci ha informato su come sta procedendo. Ricorderete che precedentemente vi avevamo informati e reso disponibile il primo testo della riforma del DPR 200 sulle funzioni consolari. Stiamo lavorando molto bene, è un buon modo di procedere. Abbiamo chiesto informazioni anche sull’altro testo da aggiornare, il DPR 18. Come sapete da circa un anno, un anno e mezzo, avevamo avviato dei contatti, poi immagino appunto per la riforma che è diventata una priorità, il DPR 18 é diventato una specie, non dico di appendice, ma uno specchio della riforma. Quindi immaginiamo che tra poco saremo chiamati e coinvolti anche  nell’esercizio di revisione di questo importantissimo testo che rimane alla base della vita della nostra amministrazione.

Dulcis in fundo, lo abbiamo già affrontato con il Segretario Generale, abbiamo appreso di questi accordi, secondo un articolo di giornale, tra la Protezione civile e la Farnesina, di cui non abbiamo cognizione esatta. Come Sindacato dei diplomatici ovviamente ci preoccupiamo della buona gestione della cosa pubblica e evidentemente c’è una struttura che sappiamo perfettamente che ha dei modi di agire e delle risorse notevoli, con cui possiamo e dobbiamo lavorare bene, in sintonia, ma la nostra preoccupazione è che ognuno svolga bene la propria parte di lavoro e non vada a discapito dell’altro.

Questi erano gli ultimi punti che volevo segnalare, grazie.

 

Marsili: Grazie, Gianluca. Abbiamo concluso i punti all’O.D.G. Abbiamo potuto ascoltare il Segretario Generale. Se non ci sono altri interventi, altre richieste, io chiuderei qui l’Assemblea straordinaria, ringraziando il Segretario Generale e tutti voi per essere intervenuti e a presto. Grazie.

 

 

 

S.N.D.M.A.E.- Ministero degli Esteri - p.le della Farnesina, 1 - 00194 ROMA tel. 06.36912304 fax 06.36000161