Assemblea
Straordinaria del SNDMAE
Roma, 3 febbraio 2010
Trascrizione dei
lavori
Mauro Marsili, Presidente dell’Assemblea: Do la parola al Segretario
Nazionale, Ministro Cristina Ravaglia, per affrontare il primo punto
all’Ordine del giorno: Modifiche dello Statuto e del Regolamento elettorale. Credo sia stata distribuita la documentazione relativa, per cui
nelle mani di tutti voi credo ci
siano i documenti in cui sono indicati le modifiche di cui stiamo parlando e
lascerei senz’altro la parola a Cristina.
Cristina Ravaglia, Segretario Esecutivo SNDMAE: Grazie, Mauro. Perché
modificare lo Statuto? Gli obiettivi sono
due, grosso modo, due grandi obiettivi. Uno, migliorare il funzionamento del
Sindacato e degli organi sindacali; due, snellire le procedure di voto,
ricorderete che l’anno scorso è stato applicato per la prima volta in via
esclusiva il voto telematico, è stata una prova che è andata molto bene ma ci
siamo resi conto che tre settimane di voto sono troppe, e quindi abbiamo
ridotto il periodo del voto da un lato e dall’altro modificare il periodo del
mandato del Consiglio, che questa proposta vede spostare da metà marzo alla
metà marzo successiva, come è attualmente e come è da alcuni anni, da fine
gennaio a fine del gennaio successivo.
Esaminiamo gli articoli, io passerei uno per uno
velocemente gli articoli che attengono ai due grandi gruppi. Il Dott.
Borniquez li passerà sullo schermo, così diventa tutto molto facile.
Vediamo quali sono gli articoli che hanno… le cui
modifiche hanno come obiettivo il miglioramento del funzionamento del Sindacato
e degli organi statutari.
L’articolo 10 dello Statuto recita oggi: ‘l’Assemblea
generale ordinaria è convocata dal Consiglio uscente in carica … entro il mese
di marzo e deve riunirsi entro 15 giorni dalle elezioni del nuovo Consiglio’.
L’esperienza ci dice che i 15 giorni effettivi che decorrono dalla elezione del
nuovo Consiglio alla tenuta della Assemblea sono pochi, diventa tutto molto
stretto, molto convulso, quindi la proposta è di prevedere che l’Assemblea
generale sia convocata entro 30 giorni dalla elezione del nuovo Consiglio.
L’articolo 14… è una piccola modifica, mettendo mano
abbiamo ritenuto di intervenire anche su piccole cose. Ci sembrava una
contraddizione in termini il fatto di delegare al voto dell’Assemblea la
decisione su come l’Assemblea avrebbe dovuto votare, qindi abbiamo aggiunto “al
presidente dell’Assemblea”.
L’articolo 18 prevede, e qui andiamo su cose sostanziali
e importanti, la modifica del numero dei Consiglieri che diventerebbero da 11
come sono attualmente, 9. Perché? Diciamo che risponde a un criterio di
maggiore funzionalità, ferma restando una soddisfacente rappresentatività dei
Consiglieri, e discende anche dal fatto che l’esperienza pratica ci dice quanto
sia difficile convocare i Consigli avendo numero legale, avendo comunque un
numero sufficiente di Consiglieri, causa gli impegni di ciascuno. Da questo e a
questo è legata la proposta modifica dell’art. 28 che modifica naturalmente sia il
numero delle preferenze che si possono esprimere in sede di voto, da 5
diventerebbero 4, sia la riserva per i gradi iniziali della carriera
all’interno dei 9 Consiglieri eletti, attualmente sono 4 diventerebbero
3.
Ritorniamo all’art. 19. Le modifiche all’art.19 mirano a
sanare due lacune abbastanza importanti di cui ci siamo resi conto, cioè
mancavano le previsioni per due casi specifici. Il primo caso è quello in cui
il Consiglio per ragioni x, partenze di Consiglieri, di missioni, non
sufficiente numero di non eletti che possono subentrare successivamente si
riduce tanto di numero da diventare non più rappresentativo, quindi la
previsione è che se si va sotto i 5 Consiglieri, la Commissione di vigilanza
scioglie il Consiglio, si dimettono i Consiglieri, si indicono nuove elezioni,
e il Presidente della commissione di vigilanza assume l’incarico di commissario
straordinario gestendo il Sindacato fino alla elezione del nuovo
Consiglio e si avvale, per gli atti di ordinaria amministrazione, dei membri
del Comitato esecutivo uscente.
Altro punto che abbiamo cercato di tenere in conto è
quello che discende dal fatto, dal caso in cui a candidarsi siano meno di 5
soci. Quindi, leggendo l’art.19 insieme al nuovo art. 30, è un articolo
completamente nuovo che abbiamo, che vi proponiamo, il Presidente della
Commissione elettorale, tenuto conto, cioè constatato il fatto che non ci sono
sufficienti candidati, prolunga il periodo di presentazione delle
candidature; se decorso tale periodo, ancora non è stato raggiunto il numero
minimo di candidature, il Presidente della Commissione elettorale dichiara
nulle le operazioni elettorali e investe del problema il Presidente della
commissione di vigilanza, perché di nuovo assuma il mandato di Commissario
straordinario del Sindacato.
Art. 25… prende atto delle nuove… che riguarda il
Presidente della commissione di vigilanza, prende atto delle nuove funzioni di
commissario straordinario proposte nell’art.19 di cui abbiamo appena parlato.
Art. 27: è una minima modifica dell’italiano, ecco, non
ci soddisfaceva l’italiano.
L’art. 28: ne abbiamo parlato ed è da leggere in
collegamento con l’art. 18.
Infine, all’art. 29 ci è parso giusto, visto che
mettevamo mano, aggiungere la parola ‘Ordinaria’.
Questo per quanto riguarda globalmente il miglior funzionamento
possibile degli organi sindacali e del Sindacato.
Per quanto riguarda le modifiche proposte al Regolamento
elettorale. Perché modificare, perché proporre la modifica della durata del
mandato del Consiglio? Ci siamo resi conto, anche questo con l’esperienza, che
un Consiglio che assume a metà marzo con un’Assemblea ordinaria che si tiene 15
giorni dopo, in realtà si trova a gestire un periodo breve prima della così
detta pausa estiva. Proponiamo così che il Consiglio venga eletto il 31 di gennaio
e finisca il proprio mandato il 31 di gennaio successivo, tutto questo
comportando, naturalmente, modifiche precedenti al voto e da leggere
anche insieme alla nuova previsione che l’Assemblea straordinaria si tiene
entro 30 giorni dall’assunzione del nuovo Consiglio. Questo garantisce anche
un’altra cosa che ci sembra importante e cioè che il periodo di fine anno, il
periodo della Finanziaria, il periodo in cui a volte di gran corsa si devono
decidere cose del Sindacato, siano coperte dal Consiglio uscente che è già
rodato e avviato.
L’altro obiettivo cui mirano le modifiche è quello, come
vi ho detto, di abbreviare il periodo di voto dalle due alle tre settimane e
leggendo gli art.1, che indica il nuovo periodo delle candidature dall’1 al 21
di dicembre e non più dal 7 gennaio al 7 febbraio come è attualmente, l’art. 2,
che naturalmente, di conseguenza, stabilisce qual è il momento in cui i soci
devono provvedere a far conoscere il proprio indirizzo elettronico per il voto
e l’art. 3 che stabilisce il periodo di voto, cioè 15-30 gennaio, sono scritti
con l’obiettivo di far partire il nuovo Consiglio che sarebbe, se queste
modifiche fossero approvate, il Consiglio del 2011, perché come vi sarà chiaro,
evidentemente, per il Consiglio del 2010 queste date ormai sono decorse, e
questo però significa anche che il Consiglio che verrà eletto il prossimo marzo
resterà in carica un mese e mezzo di meno di quello che sarebbe stato se lo
Statuto rimanesse come è attualmente.
Direi che questo è in sintesi estrema. Se ci sono domande
naturalmente sono ben disponibile.
Marsili: Grazie, Cristina. Lascerei
appunto spazio a chi vuole intervenire per chiedere chiarimenti su quanto
precede, pregando coloro i quali intendano intervenire di specificare il
proprio nome e cognome anche ai fini del verbale che verrà redatto
successivamente.
Daniela Venerandi: Mi chiamo Daniela Venerandi, nulla da eccepire su quanto è stato detto. Ho
ricevuto oggi o ieri queste proposte di modifiche e quindi è stata l’occasione
per rileggere lo Statuto. Forse è un po’ tardi, ma l’art. 2 secondo me andrebbe un po’
riscritto, quello degli scopi. Cosa significa ‘tutelare gli interessi dei
dipendenti’, è un po’ vago, poi a un certo punto si dice ‘svolgere operazioni
di assistenza economica’, che significa?, ‘sociale e morale’… Grazie.
Ravaglia: Daniela, grazie. Sì, temo che sia un po’ tardi a questo
punto, naturalmente. Possiamo considerarlo per eventuali future modifiche,
d’altra parte lo Statuto è sempre in gestazione. Comunque mi sembra che
tutelare gli interessi dei dipendenti alla fin della fiera sia quello che un
Sindacato deve fare, è nelle cose. Per quanto riguarda l’azione di assistenza
economica, sociale e morale forse è una dizione un po’ vecchio stile, da
società di mutuo soccorso, non so come dire, però mi sembra che possa grosso
modo ricomprendere tutto quello che un Sindacato deve fare. Ad ogni modo, se ci
sono proposte concrete, scritte, operative, benissimo, si può. Ripeto, per oggi
temo sia un po’ tardi, ciò non toglie che se l’Assemblea ritiene di procedere
anche a questa proposta di modifica, si può redigere un testo nuovo e si
include nei cambiamenti.
Marsili: Bene, se non ci sono altri
interventi, io passerei alla deliberazione di voto, ai sensi dell’art.14 dello
Statuto. Il voto verrà pressa la maggioranza di voto per alzata di mano, quindi
se non c’è bisogno di altri chiarimenti, prego di alzare la mano a chi è a
favore delle modifiche proposte, testè richiamate dal ministro Ravaglia (si
procede al voto).
Alzi la mano, per cortesia, chi desidera esprimere il
proprio dissenso alle proposte di modifiche… mi pare che non ci siano.
E per quanto riguarda eventuali astenuti?
Grazie, mi sembra che il responso sia abbastanza chiaro,
le modifiche proposte dal Segretario nazionale vengono approvate a maggioranza
assoluta dei partecipanti. Grazie.
Passerei dunque al secondo punto all’ordine del giorno
che è la riforma del Ministero degli Affari Esteri e pertanto anche sugli
aspetti concreti, interni alla riforma, in connessione al sondaggio svolto nei
giorni scorsi dal Sindacato per conoscere il parere dei soci riguardo questo
grosso progetto di riforma. Io a tal fine lascerei la parola al Presidente del
Sindacato, Gianluca Alberini, per fare il punto della situazione e per illustrarci
la posizione del Sindacato al riguardo.
Gianluca ALBERINI, Presidente SNDMAE: Grazie, Mauro. Abbiamo
pensato di convocare un’Assemblea straordinaria dedicata non solo ai necessari
aggiustamenti dello Statuto, ma anche a un tema che il Consiglio ritiene molto
importante, che è quello della riforma del Ministero degli Esteri.
Prima di entrare nei dettagli degli ultimi sviluppi,
volevo molto brevemente ricapitolare la situazione a beneficio di tutti, perché
sono passati ormai alcuni mesi dall’avvio di questo processo di riforma.
Come ricorderete, vi avevamo dato notizia nel mese di
settembre delle linee generali della riforma e avevamo anticipato praticamente
tutto quello che poi è stato il testo che ci è stato successivamente
presentato.
Già all’epoca avevamo attirato l’attenzione su tutti gli
aspetti che non piacevano o non convincevano e anche su alcuni aspetti
che, molto francamente, molti di noi ritenevano ostativi ad una vera riforma.
Chiedevamo alcune cose: di essere coinvolti, che la riforma
avesse una ampia portata, e soprattutto avesse le risorse necessarie per
sostenerla, chiedevamo che ci fossero rassicurazioni sulla funzionalità della
nuova struttura che si andava a creare, parlavamo del ruolo del Direttore
politico, parlavamo poi di altre questioni molto sentite tra i soci, quali gli
scorrimenti di carriera, in un’ottica di programmazione. Avevamo parlato del
fatto che già altri ministeri avevano lavorato alla costituzione di livelli
superiori ai Direttori Generali, mentre noi con la riforma saremmo andati ad
operare innovazioni al di sotto. Parlavamo anche delle procedure di lavoro, del
rapporto centro–periferia, del problema della rete, che è una delle
caratteristiche del nostro Ministero ed è una specialità della nostra Amministrazione.
Andando avanti abbiamo approfondito sempre di più
l’analisi, anche sulla base degli elementi che ci sono stati via via forniti e
avevamo man mano posto dei problemi sulla articolazione della struttura, così
come ci era stata presentata, ponendo dei punti interrogativi sulle modalità di
accorpamento delle Direzioni Generali, chiedendoci appunto se valeva la pena di
cancellare le Direzioni Generali geografiche. Tutto questo aveva poi trovato,
appunto, riscontro in una serie di lettere che avevamo scritto, in particolare
una al Segretario Generale e una al Ministro, nelle quali avevamo anche
evidenziato delle linee di azione. Ci chiedevamo, soprattutto nella lettera al
Ministro, se è possibile procedere a una riforma su una base giuridica
"strana", nel senso che come ben sapete, la nostra riforma, è un
regolamento concernente la riorganizzazione del Ministero degli Affari Esteri a
norma dell’articolo 74 del dl 112. Il 112 altro non è che il decreto Brunetta e
l’articolo 74 parla di, e proprio questo è il titolo, “riduzione degli assetti
organizzativi”. E quindi noi ci preoccupavamo di una riforma che,
evidentemente, nata su un articolo che parla di riduzione degli assetti
organizzativi, potesse poi portare effettivamente a una riduzione degli assetti
organizzativi. Non solo e non tanto nel taglio dei posti apicali, dei cinque
Direttori Generali e del Vice Segretario Generale, ma anche delle risorse che
sono a questi Direttori Generali assegnate, perché un Ministero attualmente
assestato su 19 strutture di primo livello, scenderebbe a 13, se ben ricordo,
sto citando a memoria, quindi un taglio di quasi un terzo, non tanto e non solo
dei posti, ma di strutture. E avevamo anche chiesto rassicurazioni che questo
poi non si trasformasse, come un boomerang, in un taglio dei posti della
carriera diplomatica ed anche posti della carriera delle aree funzionali o
comunque di assegnazione di risorse in generale.
Abbiamo incontrato il Segretario Generale ripetutamente,
abbiamo incontrato anche il Ministro e siamo arrivati poi a dicembre, mese in
cui l’Amministrazione, il Ministro, ha presentato il testo al Consiglio dei
Ministri, approvato in prima lettura. Esso rispecchia sostanzialmente il testo
che ci era stato anticipato ad ottobre con alcune modifiche, forse alcune anche
importanti, altre solo meramente linguistiche o di specifiche di competenza,
però insomma l’assetto non è sostanzialmente mutato.
E quindi i "problemi" rimangono, nel senso che
come avevamo detto, ci sono problemi, ci sono dubbi. E allora abbiamo pensato:
“Beh, insomma, a questo punto abbiamo fatto quello che potevamo fare nei
confronti della nostra Amministrazione”. Abbiamo informato i soci
compiutamente, abbiamo parlato con il Ministro a cui abbiamo scritto una
lettera in cui ribadivamo le nostre perplessità e ripensavamo anche agli
elementi positivi, quali il ripristino del Contenzioso, alla cui riduzione il
SNDMAE si era già opposto nel precedente taglio che si era operato, vedevamo
bene anche il rafforzamento delle competenze del Consiglio di Amministrazione,
con una valenza strategica, e la riconduzione della figura del Direttore
politico in una struttura organizzata, nonché una revisione, una mid-term
review che doveva avere luogo entro cinque anni e soprattutto
l’accorpamento di una parte della DGAA nella DGRO, quella che si occupa di
bilancio, perché abbiamo detto da anni che è difficile gestire le risorse umane
quando le risorse finanziarie sono gestite da un’altra unità. Abbiamo visto,
alla luce della nostra esperienza insomma, che questo è sempre stato un grosso
problema, che poteva trovare una soluzione con l’accorpamento delle due
Direzioni Generali. Come sapete, nell'ultimo progetto che è stato varato dal
Consiglio dei Ministri, questo accorpamento ha luogo solo in parte, nel senso
che nella Direzione Risorse Organizzative va a confluire la parte bilancio,
mentre la parte patrimonio va a confluire, a fondersi con il SICC per dar luogo
a una Direzione Generale per la gestione del patrimonio informatico e
immobiliare che nella mia valutazione, tutto sommato….è una scelta… insomma in
tutto questo non è la soluzione ideale, ma in tutto questo è quella che dà meno
fastidio, perché comunque permette di recuperare il controllo del bilancio e
quindi della parte strategica della gestione amministrativa, fermo restando che
rimangono tutti gli altri problemi che non ho ancora citato, quelli degli
scorrimenti di carriera, del fatto che si va verso una verticizzazione della
struttura gerarchica della Farnesina, che ricordiamoci, ha oggi un assetto diverso
da quello pre-2000, perché è vero che fino al 2000 avevamo meno Direzioni
Generali, ma fino al 2000 avevamo una progressione di carriera ben diversa, con
un numero di gradi diverso, gradi che sono stati accorpati, passaggi che sono
stati modificati, requisiti che sono stati modificati, per cui non è automatico
il ritorno al passato, per il semplice fatto di ridurre numero delle Direzioni
Generali. Questo lo abbiamo notato: non è che tornando al numero delle
Direzioni Generali ridotto ritorniamo alla situazione ante 2000, sarà comunque
una situazione diversa, anche perché verranno istituite le figure dei Vice
Direttori Generali. Anche su questo noi abbiamo dei forti dubbi, dei forti
interrogativi. Ricordo che la figura del vice Direttore Generale multiplo era
stata proposta dal Sindacato; devo dire però che l’avevamo proposta in
un’ottica sindacale, ovvero moltiplicativa. Oggi invece, in questo disegno, è
in un’ottica sostitutiva, cioè perdiamo sei posti dirigenziali generali e li
sostituiamo con un certo numero di Vice Direttori Generali che hanno ovviamente
un rango inferiore, formalmente inferiore, in un numero di due o tre unità
superiori. Quindi, facendo un calcolo dei posti dirigenziali generali che
perdiamo e di quanti Vice Direttori Generali/Direttori Centrali guadagniamo,
abbiamo calcolato che ce ne saranno due, tre quattro in più. Quindi non si
risolve il problema dei Ministri alle dirette dipendenze, che continueranno a
sussistere e che bisognerà invece utilizzare al meglio. E avevamo chiesto una contropartita,
nel senso che di fronte a questa prospettiva di ristrutturazione, ci sembrava,
e ne abbiamo avuto conferma dai nostri soci, che è importante dare
soddisfazione a una richiesta profonda della nostra carriera, che è quella di
avere un po’ più di certezze e di tranquillità nella nostra progressione di
carriera. Siamo rimasti, insieme a poche altre categorie dello Stato, gli unici
dipendenti che hanno una carriera, questo ce lo dobbiamo ricordare: ci siamo
noi, ci sono i prefetti, che però hanno tre gradi, ci sono i militari, e ci
sono i magistrati. Sostanzialmente sono queste le professioni dello Stato che
hanno mantenuto una carriera.
Da noi questa carriera pone molti problemi alla vita
quotidiana dei soci e, tutto sommato, di riflesso anche all’attività
dell’Amministrazione.
La battuta ripetutamente citata in questo periodo è
quella che molti colleghi si occupano molto più della carriera che del lavoro…
Perché è normale, se uno deve scegliere tra svolgere il proprio lavoro o
lavorare per la carriera, molti propendono per questa seconda opzione. E
avevamo proposto, prima verbalmente al Ministro, poi per iscritto, articolato
meglio in un documento che abbiamo allegato alla lettera al Ministro, lo
scorrimento a ruolo aperto che, per chi ancora non lo sapesse, è una
forma di avanzamento che in pratica ha la magistratura, e che in certi periodi
è stata adottata anche da altre Amministrazioni. Ciò non vuol dire in teoria
promuovere tutti, e neanche in pratica. Vuol dire invece promuovere tutti quelli
che meritano, tutti quelli che hanno i requisiti e che meritano. Un avanzamento
che sarebbe comunque soggetto a Commissioni di avanzamento e a scrutinio, che
però toglierebbe dalla competizione l’alea, che abbiamo visto essere sempre
presente e molto dannosa, del numeri di posti disponibili rispetto ai
candidati, che fa sì che si creino poi dinamiche della nostra carriera per cui
si va a cercare il posto dove si può essere promossi piuttosto che il posto che
permette di svolgere al meglio il proprio lavoro. E questo si traduce nel fatto
che c’è una concentrazione di richieste per alcuni posti di particolare
visibilità che statisticamente danno maggiori facilitazioni per la promozione.
Ricordo a tal proposito che tre anni fa proprio il SNDMAE aveva diramato uno
studio sulla nomina a Ministro in cui apparivano chiaramente i posti che
consentivano di essere promossi velocemente e quelli nei quali non si riusciva
ad essere promossi, e tra questi c’è proprio quello di Capo Missione all’estero
o di Console Generale, che è abbastanza paradossale per la nostra carriera: si
viene promossi se si sta a Roma, e non solo, ma se si sta a Roma e si sta in
certi uffici e in alcune posizioni particolari.
Quindi l’avanzamento a ruolo aperto, secondo il Consiglio
e sulla scorta della sollecitazione dei soci, è uno dei modi per risolvere
questo problema e darebbe maggiore serenità a tutti noi e maggiori certezze,
nel senso di poter ragionevolmente sperare di essere promossi in tempi
‘ragionevoli’ se compiamo bene il nostro dovere, se raggiungiamo dei risultati,
cosa che oggi non è assolutamente scontata. Si può lavorare molto e bene, ma se
non si è nel posto giusto al momento giusto, si rischia parecchio…Si rischia se
uno è entrato dopo un concorso numeroso, si rischia se si fa il proprio dovere
in alcuni Paesi e quindi si incappa nei problemi normali… poiché chi lavora può
sbagliare, chi lavora può essere soggetto al rischio di ricorsi, controversie,
invece se uno sta in un posto più protetto, non ha questo rischio e rischia di andare
avanti a scapito dell’altro.
Su questo punto aspettiamo ancora risposta del Ministro.
È vero che è un obiettivo ambizioso, e questo lo sappiamo
tutti, e detto molto francamente non lo vediamo come un obiettivo di facile
raggiungimento ma lo consideriamo un obiettivo per il quale conviene lavorare.
Insomma ci sono oggi certe condizioni e il risultato può essere ottenuto in
vari modi. Poi, se volete, possiamo anche approfondire ulteriormente questo
aspetto.
Arrivati a questo punto abbiamo pensato di consultare
direttamente la base. Ricorderete che vi abbiamo invitato ripetutamente a farci
pervenire le vostre osservazioni, e alcuni…troppo pochi soci si sono
manifestati. Alcuni lo hanno fatto in bilaterale, alcuni si sono espressi anche
su Sndmail, ringraziamo tutti quanti.
Con questo sondaggio, però, abbiamo pensato di rivolgerci
direttamente ai soci. Abbiamo avuto un Consiglio allargato all’inizio, poi,
ripeto, sollecitazioni da pochi, volte a farci pervenire consigli, suggerimenti
e abbiamo dunque inaugurato, credo per la prima volta su larga scala,
l’innovazione del sondaggio. Sondaggio che come sapete è avvenuto per via
elettronica in maniera molto pratica e molto comoda e con le garanzie di
sicurezza che si hanno per il voto elettronico, che ormai è diventata la regola
per il Sindacato. Colgo qui l’occasione per ringraziare il Presidente della
commissione Elettorale, Roberto Pietrosanto, che ci ha supervisionato in questa
fase e anche la Commissione di Vigilanza, che ci ha sorvegliato in questa innovazione,
che ha appunto funzionato e che potrà essere utilizzata anche in futuro da
altri, dai nostri successori o da questo stesso Consiglio, se ce ne sarà
bisogno nel poco tempo che rimane, di procedere ad altre consultazioni.
I dati li avete visti, li abbiamo diramati subito, e ve
li illustro adesso brevemente, con qualche commento che è frutto di prime
riflessioni. Dico ‘ve li illustro’ perché si è trattato, ricordiamoci, di un
sondaggio, e non di un referendum. Cioè abbiamo voluto fare una consultazione
che fosse un po’ più ampia, un po’ più completa, che potesse dare maggiori
indicazioni rispetto a un semplice quesito sì-no. E quindi abbiamo scelto la
via del sondaggio con un numero di domande e con varie modalità di risposta che
nella nostra intenzione dovevano consentirci di avere una migliore idea di cosa
pensano i nostri soci che, per vari motivi, non si erano ancora manifestati
apertamente.
Il primo dato che dobbiamo constatare è che la
partecipazione non è stata massiccia, è stata del 27% degli iscritti. Che non è
comunque poco, perché, ripeto, non si trattava di un referendum, ma di un
sondaggio, e quindi un 27% lo possiamo ritenere un campione più che
significativo. Certo, un 73% non ha partecipato al voto, ed allora ci possiamo
anche interrogare sul perché. Ripeto, da un punto di vista tecnico la cosa era
facile, facile quanto è stato votare per le elezioni del SNDMAE, a cui ha
partecipato una percentuale di soci molto, molto maggiore. Siamo forse un po’
nel campo della speculazione, ma forse conviene anche farla un po’ di
speculazione tra di noi, per capire perché il 73% non ha partecipato. Io una
idea me la sono fatta, sulla base di quello che ho sentito, di telefonate, di
incontri, ma soprattutto poi andandomi a vedere i risultati del sondaggio.
Diciamo che tra tutti i problemi che ci sono alla
Farnesina, può sembrare paradossale, ma forse la riforma non è nemmeno il primo
dei problemi. Certo è una cosa un po’ paradossale. Però se noi ci andiamo a
leggere la prima domanda: "Siete soddisfatti dell’attuale funzionamento
dell’Amministrazione centrale del MAE", abbiamo una risposta
plebiscitaria, un 66% dei colleghi che risponde: ‘No, non sono soddisfatto’. E
se poi andiamo a vedere la domanda numero 5, cioè tra i grandi temi relativi al
funzionamento del MAE quali sono quelli prioritari. Lì è interessante, perché
ci sono due voci che svettano: la d), certezza di risorse proporzionata agli
obiettivi del MAE e la b), gli scorrimenti di carriera. Fanno pensare,
perché la certezza di risorse proporzionata agli obiettivi del MAE - i tre
quarti dei colleghi indicano questo come un problema - e gli scorrimenti di
carriera, loro certezza e trasparenza, - anch’esso indicato dal 74% dei
colleghi - sono due elementi che non sono presenti in quanto tali nel progetto
di riforma, ma che evidentemente sono le due questioni più sentite. Tra l’altro
danno anche la sensazione di come, perfino nel segreto dell’urna, e quindi al
di fuori di qualunque condizionamento esterno, di fatto la nostra coscienza di
servitori dello Stato ci fa mettere al primo posto un obiettivo che, tutto
sommato, non è neanche dei più sindacali, cioè la certezza delle risorse
proporzionata agli obiettivi del MAE. Dovrebbe essere un obiettivo
dell’Amministrazione in quanto tale, e non un obiettivo del Sindacato o dei
singoli. È vero che poi si riflette direttamente sulla qualità del nostro
lavoro, su come possiamo lavorare, però, ecco, è molto più sindacale lo
scorrimento di carriera, questo sì, gli aumenti salariali, la trasparenza e la
conoscibilità delle sedi disponibili all’estero, cioè tutte cose che sono
venute dopo. In verità gli scorrimenti di carriera ha avuto un solo voto in
meno rispetto alla certezze di risorse, quindi in realtà si pongono sullo
stesso piano. Ma è interessante che nel segreto dell’urna siamo andati a dire
due cose: una sindacale e una da Amministrazione. Insomma, questa nostra doppia
faccia emerge anche in questo momento. E comunque, ripeto, non sono elementi
compresi all’interno della riforma, e quindi questo riesce a spiegare perché,
in parte, molta gente ha detto che tutto sommato abbiamo altri problemi…
risolviamo quelli… Ed è un po’ quello che abbiamo detto fin dall’inizio: la
riforma deve essere complessiva, deve contenere anche questi elementi, cioè la
certezza di risorse aggiuntive per far fronte a compiti aggiuntivi, o comunque
a compiti onerosi che abbiamo oggi e che non trovano riscontro nel nostro
bilancio, nonché lo scorrimento di carriera. E abbiamo trovato conferma: gli
scorrimenti di carriera sono ciò che interessa i soci.
Ritornando al sondaggio, dopo queste prime
considerazioni, abbiamo posto la domanda: "Ritenete che il progetto di
riforma approvato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri del 17 dicembre
scorso, sia idoneo a risolvere i problemi attuali?". Dobbiamo riconoscere
che praticamente pochissimi soci che si sono espressi lo ritengono idoneo
a risolvere al meglio i problemi attuali.… Il progetto non è l’ideale, solo tre
soci si sono espressi in questi termini e corrispondono all’1.74% dei votanti.
Più interessanti sono le altre due risposte che questa
domanda ha avuto: la risposta b) ‘idoneo a migliorare la situazione e a
risolvere almeno in parte i problemi attuali’, quindi “un pochino meglio”:
49.13%, e ‘non soddisfacente’, quindi una bocciatura netta da parte di un altro
49.13%,. E’anche questo un dato molto interessante: quelli che si esprimono su
questo argomento lo fanno esattamente a metà, alcuni dicono: ‘no, non va bene’,
altri dicono: ‘Mah, migliora un pochino’.
E abbiamo cercato di capire un po' in quali punti piaceva
o non piaceva il progetto presentato. Avevamo individuato, appunto, alcune
criticità che abbiamo inserito e avevamo chiesto un parere. Devo dire che sulla
riduzione del numero dei Direttori Generali abbiamo avuto tutti una sorpresa
perché viene considerato positivo dal 50% di quelli che hanno risposto al
sondaggio, negativo da un terzo, indifferente da un 15%. Ci si sarebbe
aspettati che una riflessione sindacale avrebbe visto in maniera negativa un
taglio del numero dei Direttori Generali, invece un 50% dice che è positivo.
Come possiamo interpretare questo? Ci possiamo sbizzarrire: forse non abbiamo
spiegato bene che non è solo un taglio di Direttori Generali, ma di Direzioni
Generali, o forse questo è stato capito e la considerazione è che tutto sommato
avere un vertice più ristretto può andare bene. Ed è proprio per questo che noi
già nei contatti con l’Amministrazione avevamo proposto delle soluzioni,
perché, l’abbiamo capito subito, non è solo questione di perdere dei posti da
Direttore Generale, che di per sé è già una cosa molto grave…
Salutiamo il Segretario Generale che si è unito a noi, lo
facciamo accomodare…prego Ambasciatore…
Stavamo commentando i risultati del sondaggio che avrai
visto, essendo tu nostro socio da sempre, e segui le questioni sindacali in
tutte le vesti… insomma... eravamo arrivati a commentare la nostra sorpresa
sulla risposta alla riduzione al numero dei Direttori Generali… Se posso un
attimo ricapitolare a beneficio del Segretario Generale che ringrazio di essere
qui con noi… avevamo dato un riassunto del giudizio del SNDMAE sulla riforma e
dei vari passi fatti e stavo commentando i risultati del
sondaggio, dicendo appunto che la cosa che ci aveva impressionato di più è il
numero di partecipanti, il 27%, che non è così alto come ci saremmo aspettati,
ma che è significativo, comunque, ai fini della validità del sondaggio e
cercavamo di interpretare il significato, perché, tutto sommato, alla fine i
tre quarti non hanno partecipato, riscontrando una chiave interpretativa nelle
risposte che sono date successivamente. Cioè tra quelli che hanno risposto,
alla fine quello che i colleghi hanno detto è ‘quello che noi vogliamo è la
certezza di risorse proporzionata agli obiettivi e gli scorrimenti di
carriera’. Sono due elementi che noi riteniamo non essere presenti nel progetto
di riforma. Allora una chiave interpretativa è ‘ma se le cose che vogliamo di
più non ci sono in questo progetto di riforma, allora perché dobbiamo
partecipare? Perché dobbiamo, come dire, darci da fare in questo senso?’.
Stavamo dicendo che un altro elemento interessante è
l’esatta divisione tra coloro che non lo considerano soddisfacente e coloro che
dicono che in parte è soddisfacente, esattamente il 50 e 50 praticamente, oltre
all’1.74% che lo considera del tutto idoneo. Dicevo che la cosa più
sorprendente è che la riduzione dei Direttori Generali non è vista come una
cosa negativa,. Allora una delle chiavi interpretative può essere che
effettivamente c’è la percezione che avere meno Direttori Generali possa
portare a un migliore funzionamento. Stavo ricordando però il fatto che non si
tratta di una riduzione di Direttori Generali, ma anche una riduzione di
strutture. Perché non è solo una riduzione, una perdita di posti apicali, ma è
perdita di strutture che si ha con il progetto di riforma. Stavo ricordando che
avevamo anche suggerito di cercare di mantenere questo numero complessivo di
posti apicali, con delle operazioni di inserimento a pettine all’interno di un
numero di Direzioni Generali ridotto. E mi accingevo a dire appunto che tu ci
avevi poi spiegato che questo obbiettivo era dal punto di vista amministrativo
difficilmente raggiungibile. Non lo sarebbe se invece di DG parlassimo di
Dipartimenti. Parlavo appunto all’inizio della discussione, della possibilità
di creare Dipartimenti e quindi all’interno dei Dipartimenti, delle Direzioni
Generali. La proposta l’avevamo appunto ventilata, l’avevamo anche accennata
nei nostri Cari Soci, ne abbiamo parlato, ce l’hai illustrata negli incontri
che abbiamo avuto direttamente, ne abbiamo parlato anche con il Ministro. Pone
il problema del passaggio in Parlamento… Cioè mentre questa riforma passa in
Parlamento solo per un parere, una riforma che istituisca dei Dipartimenti, cioè
che lavori ad innalzare la struttura verso l’alto, deve passare in Parlamento e
questo, ci è stato detto, oltre ad avere tempi più lunghi è anche molto
più incerta nei risultati.
Un altro aspetto che non piace è la tipologia degli
accorpamenti. Abbiamo chiesto che cosa ne pensate della tipologia degli
accorpamenti, cioè come sono state previste le nuove Direzioni Generali nelle
loro nuove competenze. Il 20% lo ritiene positivo, il 68% lo ritiene negativo e
il 22% indifferente. Evidentemente non convince, non piace questo tipo di
accorpamenti. Poi possiamo andare a vedere più nel dettaglio... avete sotto
mano, era disponibile all’ingresso, la raccolta dei commenti che sono stati
fatti anonimamente dai Soci, in cui appunto traspare, in un certo senso, un po’
il fatto che ci si era affezionati alle geografiche Il fatto che vengano
ripartite così non convince tutti e poi fa venire anche dei dubbi sulla
ripartizione delle competenze economiche della nuova struttura. Andando
avanti, flessibilità nella modifica delle competenze geografiche, che
appunto era uno degli aspetti interessanti, il fatto di poter modificare
per decreto poi le competenze geografiche delle Direzioni Generali. Beh, questo
non piace anche questo non piace più di tanto, cosa che stupisce un po’,
perché secondo noi la flessibilità era una cosa positiva.
Quindi siamo arrivati al punto d), Il ruolo dei Direttori
Generali, il nuovo ruolo. Come sapete i Direttori Generali, in questa nuova
struttura, dovranno agire più come dei Capi Dipartimento, con un compito di
sovraintendenza e di indirizzo più generale rispetto alle figure più operative
dei Vice Direttori Generali/Direttori centrali, che sono appunto oggetto dei
due punti d) ed e)… Anche qui positivo il nuovo ruolo, 42%, negativo 32, indifferente
25. Sui Vice Direttori Generali il 42% si esprime positivamente, il 42%
negativamente, indifferente il 15%.
Nuovo ruolo del Consiglio di Amministrazione che, come
dicevo prima, è un aspetto interessante e positivo, viene considerato positivo
da un 34%, negativo da un 19% e ci sono moltissimi indifferenti, un 46% .
Un altro punto che noi consideravamo buono, che era
quello della prevista revisione a breve del funzionamento della riforma, viene
considerato dalla stragrande maggioranza, appunto, positivo: 77%.
Poi abbiamo posto una domanda su come comportarci in
futuro. Abbiamo chiesto: "Ritenete che il SNDMAE debba partecipare
attivamente alla redazione del decreto di II livello e delle circolari
attuative della riforma?", come ci era stato proposto e indicato
dall’Amministrazione. C’è un plebiscito: il 92.66% dei nostri soci ci chiede di
partecipare attivamente alla redazione del decreto di II livello e delle
circolari attuative della riforma. Ricordo, per inciso, che il Decreto di II
livello andrà elaborato dopo che il Decreto di I livello, attualmente all’esame
del Consiglio di Stato e che passerà poi alle Commissioni Esteri di Camera e
Senato per una parere, sarà stato varato definitivamente nel secondo passaggio
del Consiglio dei Ministri.
E la domanda 5, ritorniamoci un momentino. Avevamo su
quali grandi temi ci dobbiamo concentrare? Le risposte indicano, come ho già
detto, “risorse proporzionate agli obiettivi” e “scorrimenti”. Lo scorrimento,
molto sindacale, e la certezza di risorse, molto da Amministrazione. Questa
nostra doppia anima è venuta fuori anche in un sondaggio segreto, dicevo prima.
E poi c’è tutto il resto delle questioni che vengono un po' distaccate: molto
interessante “adeguamenti salariali e dell’ISE” indicato dal 60% dei nostri
Soci. La “valorizzazione della rete, anche ai fini di carriera, del servizio
prestato all’estero” è un punto che univa un aspetto molto sindacale, cioè
quello della carriera, e la valorizzazione della rete, che è un obiettivo più
da Amministrazione. E’ indicato dal 57%.
Il successivo è l’autonomia e la valorizzazione di
carriere e professionalità a tutti i livelli. Qui intendevamo le procedure di
lavoro, la firma, la partecipazione agli incontri e alle missioni, il ruolo dei
Ministri plenipotenziari alle dirette dipendenze e così via…
La trasparenza e conoscibilità della disponibilità di
sedi all’estero viene indicata dal 42%. Questo è un tema molto caro al
Sindacato, lo abbiamo sempre affrontato e discusso in varie Assemblee… Si
tratta anche di una attività che stiamo conducendo, quella di cercare di far
sapere che cosa si libera, perché con le liste di pubblicità viene data
pubblicità ai posti fino a un certo livello, ma i posti di Capo Missione di
Ambasciate o di Consolati Generale di I classe non vengono pubblicizzati.
Allora noi, come sapete, abbiamo avviato un lavoro in house, grazie alla
nostra Segreteria, che ringrazio per questo Un lavoro, uno scadenziario delle
sedi di Ambasciatore che è molto richiesto dai soci. Non lo abbiamo diramato in
rete per ovvi motivi, ma lo mandiamo a coloro che ce lo chiedono. Lo
aggiorniamo regolarmente: c’è il nome della sede, chi la occupa, quando è
prevista la scadenza e per quale motivo, e questo serve a fare un minimo di planning a livello individuale. Non è uno strumento perfetto, ma è quanto di meglio
possiamo fare come Sindacato.
Il costante miglioramento della formazione permanente
viene indicato da un buon 41% come obiettivo da perseguire e anche questo è un
tema su cui il Sindacato ha insistito molto, quello della formazione sia nostra
di diplomatici che del restante personale, perché è una delle chiavi del
successo di una struttura come la nostra. E qui, bisogna dire, che negli anni
c’è stato un sicuro progresso, ma ci sono ancora spazi di miglioramento, sia
per i corsi individuali che collettivi che il Ministero fa, sia nelle
tecnologie... Abbiamo anche suggerito di prendere in considerazione l’uso di
strumenti informatici per l’aggiornamento, cosa che peraltro viene già fatta
per alcuni tipi di corsi.
Andando avanti, il riconoscimento ai fini pensionistici
del servizio estero, anche valorizzando le sedi disagiate e particolarmente
disagiate, ha ottenuto un 36%. E qui si tratta della nota questione delle
nostre pensioni, su cui sono in atto varie iniziative, ne possiamo parlare
dopo. In sostanza nasce dal problema della struttura della nostra retribuzione,
da questa dicotomia tra retribuzione metropolitana e retribuzione quando siamo
all’estero. La differenza della quota pensionabile si traduce nelle differenze
molto grandi che ci sono in questo momento tra i colleghi che vanno in
pensione, a seconda che vadano dall’Italia o dall’estero. E’ un problema anche
per le giovani generazioni, se posso dire, sarà ancora peggiore per le giovani
generazioni, perché con il metodo contributivo le pensioni dalla mia
generazione in giù saranno determinate dalle quote (contributi) che sono state
versate, e in media noi rischiamo di avere delle pensioni finali che saranno,
se ci va bene, il 50%, o forse meno, della retribuzione metropolitana al
momento del nostro pensionamento... Se ci va bene. Per cui abbiamo studiato e
siamo impegnati a cercare delle soluzioni che dobbiamo trovare insieme all’
Amministrazione. Ad esempio, almeno in parte, al momento della firma del contratto,
oppure, anche con meccanismi integrativi che stiamo valutando.
Andando più in giù nelle priorità, abbiamo la certezza
del reclutamento costante... un 30%. Questo è un obiettivo da Amministrazione e
non sindacale, ma è un obiettivo che il SNDMAE ha sempre perseguito, perché è
un po’ la linfa della nostra struttura. Senza un reclutamento costante per la
carriera diplomatica, soprattutto, ma anche del restante personale, abbiamo un
Ministero in grossa difficoltà. Questo lo abbiamo visto negli ultimi anni, avendo
saltato due concorsi, abbiamo il Ministero nella sede centrale, ma anche in
gran parte della rete, che ha dei fenomeni di sofferenza che ormai sono sotto
gli occhi di tutti, e da tempo. E qui abbiamo però un dato positivo, come avete
potuto leggere nel Caro Socio, che è stata non la “messa in sicurezza
definitiva” del concorso, perché quella purtroppo non si è potuta ancora
ottenere, ma comunque una messa in sicurezza per un arco temporale abbastanza
consistente, che è sicuramente tre anni e probabilmente di cinque, per un
numero dato di funzionari diplomatici. Si tratta di 35 all’anno per i prossimi
tre anni con certezza, e poi per ulteriori due anni, non ancora finanziati,.
Nei prossimi tre anni dovremmo andare a regime con questi 35 funzionari diplomatici
da reclutare sulla base delle esigenze - non vorrei dire pretesto - della
messa in funzione del servizio di Azione Esterna della Unione Europea, cui
saremo comunque tenuti a dare un certo numero di nostri funzionari. Quindi, in
parte questi 35 serviranno a colmare questo travaso seppur non direttamente,
perché appunto saranno destinati a Bruxelles funzionari nelle varie fasce di
carriera i funzionari.
Ultimo punto: gli automatismi e l’obbligatorietà
dell’alternanza tra sedi non disagiate e disagiate e particolarmente disagiate
ha raccolto solo il 14% delle preferenze dei Soci che si sono espressi. E’ la
questione annosa del fatto che si creano circuiti privilegiati, a beneficio di
alcuni e non di altri. Devo dire che mi stupisce un po’ che abbia ricevuto così
poche preferenze. Evidentemente è una questione che, di fronte alle altre, è
stata considerata meno importante, ma probabilmente non lo è nel momento in
cui si pone per gli interessati. Lo è in questo sondaggio, in cui,
evidentemente, i punti dello scorrimento di carriera, adeguamenti salariali e
dell'ISE vengono a essere prevalenti.
Queste mi sembrano le cose principali che si possono dire
su questo sondaggio.
Dicevo che c’è stato un numero abbastanza cospicuo di
colleghi che ha voluto avvalersi della possibilità di dare dei consigli, di
scrivere qualche cosa nella casella che era disponibile. Per cui ci sono
arrivati, sempre in forma anonima, dei giudizi, dei consigli un po’ più
articolati. L’obiettivo era questo: avere un'espressione di pensiero un po' più
articolata di quanto non potesse essere data da delle domande a cui bisognava
rispondere in un certo modo.
Direttore, buona sera, benvenuto, ti salutiamo. Abbiamo
una sedia… e quindi, dicevo, sono dei commenti molto interessanti, se non sbaglio
erano disponibili anche questi sul tavolo… Vi invitiamo a leggerli, perché
danno il senso appunto di come i colleghi hanno voluto esprimersi, di come
l'abbiano fatto in maniera molto articolata, con suggerimenti molto
interessanti, che meritano di essere letti… Non è questo il momento di farlo
per me, ho già parlato troppo. Li abbiamo ordinati per grandi temi,
ottimo lavoro della nostra Segreteria: Giudizi sul merito della riforma;
scorrimenti e ruolo aperto; struttura del MAE; servizio estero, rapporto
centro-periferia; risorse; organizzazione del lavoro e politica del personale;
formazione e selezione; ruolo del MAE... Questi sono i temi attorno ai quali
abbiamo organizzato, mettendo sotto queste voci tutti i contributi che ci sono
arrivati, a volte ripetendoli, alcuni andavano bene sotto più cappelli… Però
quello che ci premeva sottolineare è che effettivamente lo scorrimento a ruolo
aperto è uno dei temi in assoluto, più segnalati, più sentiti... e pertanto
vien citato da numerosi colleghi come una delle soluzioni ai molti problemi
della nostra carriera e anche del Ministero, di riflesso.
Io avrei terminato su questo punto, quindi lascio la
parola.
MARSILI: Grazie, Gianluca. Io saluto e do il benvenuto a nome di tutti noi,
all’Ambasciatore. Massolo e al Ministro Sanfelice che sono qui con noi. Se
l’ambasciatore desidera, posso dare la parola al Segretario Generale perché
porti un suo avviso, un suo indirizzo a questa Assemblea Straordinaria.
Giampiero MASSOLO, Segretario Generale
del Ministero Affari Esteri: Grazie, non vorrei trasformare l’Assemblea in una sessione del Soviet supremo,
dove poi parla Direttore del Personale, poi il Direttore per gli Italiani
all'estero... Ritengo sia stata un’ottima idea quella di fare il sondaggio. Mi
rammarico che la percentuale di coloro che hanno risposto sia così bassa. Mi
rammarico anche di non vedere questa sala piena. Credo che vi sia forse… a
proposito, a chiarimento dico che io ho resistito alla tentazione di
rispondere, quindi non posso essere annoverato nell’1,74% che ritiene la
riforma pienamente soddisfacente, anche perché in realtà non lo ritengo. Dicevo
quindi che... credo che forse la ragione della relativamente poca
rappresentatività – il Presidente mi scuserà – è, risiede in un equivoco di fondo.
Vale a dire, la riforma non è l’assetto delle Direzioni Generali. La riforma
non è un Direttore Generale in più o in meno, i problemi del Ministero degli
Esteri non risiedono nell’avere o non avere un Ministro plenipotenziario,
nell’avere o non avere questo o quel ruolo aperto… non è questa la sede,
ma in altra sede dirò perché sarebbe un grave errore averlo, ma non mi volevo
soffermare su questo.
Il contesto nel quale ci muoviamo è un contesto molto più
ampio, è un contesto molto più ampio e molto più pericoloso. Dicono bene oggi
Silvestri e Dassù sul Corriere della Sera. La riforma è la riforma, ma la
riforma deve essere soprattutto un motivo per riflettere a tre cose. Abbiamo
uno strumento, cerchiamo di renderlo efficace, ma per fare cosa? E’ chiaro
che il compito dell’Amministrazione e di chi pro tempore la rappresenta
non è di fissare gli obiettivi, ma di disporre al meglio lo strumento perché lo
strumento sia sufficientemente atto a perseguire gli obiettivi che il Governo
stabilisce. Sul primo punto non mi soffermo più di tanto. Secondo punto
evidentemente è il Ministero e l’Europa. Il terzo punto è il rapporto con
Chigi, ma quando si dice rapporto con Chigi in realtà si dice il rapporto con
il complesso degli altri Ministeri. Il vero problema non è il Direttore in più
o in meno, il vero problema è quanto pesa il Ministero all’interno di tutto
questo, quindi se il contesto è più ampio è conseguenza di questo che la
riforma non è solo il DPR di primo livello, su cui il sondaggio si è,
probabilmente a giusta ragione, molto incentrato. E infatti la riforma è un
complesso di cose molto più ampio. E’ il DPR di primo livello, sarà il
conseguente DM di secondo livello e conseguenti circolari e d’altra parte con
il processo lento ma costante di razionalizzazione della rete che, guardate,
non è solo chiudere i Consolati o dibattere se lasciare o non lasciare aperta
Lusaka, è il prendere atto di una nuova realtà e comportarsi di conseguenza.
Abbiamo una rete consolare in Europa che è pletorica rispetto ai nostri
interessi nella loro versione aggiornata. Non è più possibile avere, pretendere
di avere il consolato sotto casa, così come non è più possibile pretendere di
avere la delegazione del comune sotto casa. Se questo è un dato di fatto,
alcune realtà vanno chiuse o rimodulate. Quello che si può fare poi è
reinvestire i proventi di questa rimodulazione verso l’apertura di nuove realtà
che sia un’Ambasciata in Moldova che abbiamo già aperto, che sia un’Ambasciata
in Turkmenistan la cui apertura abbiamo annunciato, che sia l’obiettivo che ci
pone il Ministro di prevedere delle presenze, come ad esempio un Consolato
Generale a Bassora piuttosto che un’Ambasciata in Somalia, insomma questo tipo
di iniziative. Non lasciamoci impiccare sul dibattito: “Devo chiudere
Saarbruecken, devo chiudere Lusaka…”, è molto più ampio il contesto.
Altro elemento della riforma sono i finanziamenti. Se
facciamo dei risparmi, questi risparmi devono essere reinvestiti nel Ministero.
Io credo che rispondendo a questo sondaggio, tutti avrebbero risposto “più
soldi, più carriera”, questo mi pare assolutamente evidente. Il problema è che
più soldi non sono evidenti il problema è che noi viviamo in un mondo che è un
mondo reale, per cui non avremo più soldi nel breve e neanche nel medio periodo.
Probabilmente a lungo termine qualcosa potrà cambiare, ma per il momento questo
è, quindi dobbiamo fare i conti con una realtà che è quella che è e aggiustare
lo strumento al meglio, parametrandolo alla situazione che è la situazione data
e su cui, per quanto riguarda le risorse, arriverò tra un momento. Vi è un
problema di reclutamento, anche questo è una componente della riforma, la
certezza del reclutamento, sia della carriera diplomatica sia delle qualifiche
funzionali. Arriva poi anche , certamente, il problema delle Direzioni Generali
e di come le Direzioni Generali si assestano.
Quindi, come dire, se noi abbiamo un problema di
adeguamento all’Europa, un problema di rapporto con Chigi, la definizione di un
nuovo core business conseguentemente del Ministero, che non può più
essere quello astrattamente di politica internazionale, più da ufficio studi
che da organismo operativo, ma deve essere il rafforzamento della nostra
capacità di offrire alternative, opzioni di policy al Ministro e al
Governo da un lato,deve essere interfacciare le aziende e i cittadini, quindi
in modo efficace le imprese e i cittadini all’estero, vuol dire, dare, "il
buon esempio", attraverso, per così dire, percorsi virtuosi ed efficaci
dell’esistente, all’interno del core business deve anche rientrare
l’idea di una nuova coscienza dei diplomatici per quanto riguarda la gestione
delle risorse umane e finanziarie, di cui, per esempio, il progresso che stiamo
facendo – e qui il SNDMAE è stato di grande stimolo - per quanto riguarda il
bilancio sede che sapete è in via di sperimentazione. Oggi il Presidente della
Repubblica ha firmato il relativo DPR che sancisce, sanziona il Regolamento,
adesso si andrà alla Corte dei Conti per una rapida registrazione, dopodiché
sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Abbiamo una dozzina di sedi che
faranno questa sperimentazione quest’anno. L’anno prossimo andrà a
regime. Questo significa sì flessibilità, ma significa anche responsabilità,
capacità gestionale. Voglio vedere all’opera i Capi Missione, Ambasciatori e
Consoli, per farlo c’è bisogno di entrare in una mentalità amplia, che estende
il core business da quello classico anche a questo tipo di aspetti.
Dicevo quindi che l’idea è quella di non, come dire, di non immaginare, di non
vedere la riforma soltanto come una riforma di strutture e non vederla neanche
come una riforma al ribasso. Qui non c’è nessuna forma di ribasso, qui non c’è
nessuna forma di taccagneria, qui c’è semplicemente il tentativo di reimpiegare
in modo più razionale l’esistente. In Italia siamo abituati che dalle riforme
deve venirci qualcosa in cambio, ecco qui, diciamocelo francamente, tutto
quello che in termini di status potevamo dare è stato dato nella riforma del
2000. Tutto quello che in termini di risorse si poteva dare è stato dato
nella riforma del 2000. Adesso quello che noi dobbiamo fare è imparare a
gestire meglio l’esistente, e questo tipo di complesso di provvedimenti che
sono andato a delineare, delineando prima, mira, va per l’appunto in questa direzione
e su cosa si fonda. Si fonda sul fatto che poichè i soldi son pochi non solo al
Ministero degli Esteri ma in generale, allora bisogna trovare una forma
virtuosa di collaborazione con il Ministero dell’Economia e con il Ministero
della Funzione pubblica e questa forma virtuosa passa attraverso la
possibilità per questi dicasteri di fare anche loro la loro parte di
bella figura; e la loro parte di bella figura si ha, si avrà se escono, se noi
in qualche modo contribuiamo come Ministero importante e mediatico, a non fare
più loro fare la figura dei meri tagliatori di teste, ma di accompagnatori di
processi virtuosi. Se uno si presta a questo gioco, ovviamente senza
consegnarsi e ovviamente senza avere la pretesa di essere più furbo della
volpe, forse qualche cosa in cambio si riesce ad ottenere. E che cosa si riesce
ad ottenere? Intanto siamo riusciti ad ottenere la certezza del reclutamento
per cinque anni, in realtà sono cinque anni quello che il Presidente diceva
prima, tre e non finanziato per due, è parzialmente diverso. Il finanziamento è
su cinque anni. Il problema è che per i primi tre anni questo finanziamento
avviene senza intaccare il turn over, ovvero il turn over va
tutto sulle aree funzionali, mentre nei restanti due si intacca in parte il turn
over, per assumere diplomatici si assumono meno aree funzionali; in ogni
caso è una certezza di reclutamento per 35 posti per cinque anni.
In secondo luogo abbiamo ottenuto, come dicevo, la
possibilità di reintegrare nelle dotazioni del MAE il cosiddetto risparmio. Un
esempio è stato la Moldova e stiamo proseguendo, un altro esempio sarà
probabilmente il Turkmenistan e così via. Sulla rete, per l’appunto, anche qui
quello che abbiamo detto, e soprattutto è sulla tabella A. Sulla tabella A noi
partivamo nel corso del negoziato della Finanziaria con zero euro. Cioè avevamo
allo stato della legislazione vigente al 31 dicembre, qualcosa come 9.000 euro
per quest’anno e 7.000 euro, un motorino… il costo di un Vespone,
sostanzialmente, sul 2011. Siamo riusciti ad ottenere un’allocazione. Questa
allocazione è evidentemente destinata alla ratifica degli accordi
internazionali, ma non è un mistero per nessuno che una parte di questo deal,
razionalizzazione contro ritorni, percorso virtuoso contro ritorni, è anche
quella di cercare di riuscire a portare a casa il nostro rinnovo contrattuale e
un ulteriore arrotondamento del FUA delle nostre qualifiche funzionali.
E’ su questo in questo momento che stiamo lavorando ed è
questa la logica di quello che stiamo facendo. In questo, si inserisce anche il
nostro DPR di riassetto delle Direzioni Generali, ma, guardate, noi ci siamo
trovati di fronte a una scelta già una volta, nel 2006. Nel 2006 ci venne
chiesto di sopprimere due Direzioni Generali o comunque due di quegli uffici
che in termini di Funzione pubblica si chiamano di primo livello. All’epoca fu
possibile farlo in un modo che non snaturasse, ma anche, in qualche modo,
perfezionasse la riforma del 2000. Noi riuscimmo attraverso delle limature
marginali, che hanno fra l’altro anche consentito l’introduzione della figura
del Vice Segretario Generale-Direttore politico di non alterare quel modello
sopprimendo strutture. Adesso ci è stato chiesto di farlo con altre due
strutture. Io credo, sfido chiunque, alla fine uno è costretto a bendarsi e
lanciare alla cieca una freccetta, oppure mettere, chiudendo gli occhi, il dito
sull’Atlante, perché in base a quale criterio io sopprimo una struttura o non
un’altra?
C’era chi diceva: “Sopprimiamo tutte le strutture
amministrative e facciamole confluire nella Direzione del Personale”. Ma se
abbiamo sempre detto che dobbiamo motivare tutte le categorie che lavorano al
Ministero degli Esteri, perché dobbiamo condannare alla decapitazione la
dirigenza amministrativa nella sua interezza?
C’era chi diceva: “Mettiamo tutto il Multilaterale
insieme”. Non lo so. Era un’idea, ma di certo non lo riscontro in nessun altro
Ministero degli Esteri di Paesi comparabili al nostro. Quindi, come dire, c’era
una tale difficoltà a fare quello che, con il Presidente, scherzando, dicevamo
essere il minimo sindacale, che tutto sommato è venuta la tentazione di fare
qualche cosa di diverso. Fare questo qualche cosa di diverso, appunto non è più
la questione se sono due se son tre, se una, insomma è un’altra matrice, è un
altro modello che noi andiamo a mettere in pratica. E questo modello abbiamo
cercato di basarlo su quello che abbiamo visto negli altri Ministeri degli
Esteri e questi Ministeri degli Esteri come sono retti? Sono retti tutti
intanto con una prevalenza di Direzioni tematiche rispetto alle Direzioni
geografiche e in secondo luogo sono retti tutti sulla base del principio che
chi fa l’Integrazione europea fa anche accordi bilaterali, non necessariamente
con gli altri, ma con i Paesi dell’Europa sì. Andando avanti nella nostra
lettura abbiamo visto che c’erano due modelli principali, il modello francese e
il modello inglese. Il modello francese centralizzava tutte le Direzioni
geografiche in una Direzione Generale più grossa, detta “degli affari politici”;
il modello inglese, invece, distribuiva le direzioni geografiche in varie
Direzioni Generali tematiche, a seconda della forza di attrazione del loro
titolo, del tema che trattano. Fare la prima scelta è possibile in Francia
dove, consentitemelo, il Quai d’Orsay conta come il due di coppe quando
si gioca a bastoni, nel senso che, come voi sapete, nelle ambasciate di Francia
i diplomatici fanno soltanto la politica pura, cioè in altre parole De
Bernardin e Visconti sono i diplomatici, due degnissime professioni, ma al
Ministero degli Esteri abbiamo anche la Belloni, la Zuppetti, quello che fa
l’economico, insomma, c’è ben altro… quello che fa il culturale. Noi
semplicemente non avremmo potuto creare una Direzione generale mostre con tutte le geografiche in un contenitore con tante piccole Direzioni
Generali, non sarebbe stato giusto nei confronti di un ministero come il
Ministero degli Esteri che molto ha da dire ancora all’interno del sistema
Paese in Italia, molto più di quanto abbiano l’Auswaertiges Amt in
Germania, il Quai d’Orsay in Francia, forse un pochino di più il Foreign Office, direi nemmeno tanto nel
sistema USA, ma lì siamo completamente in un altro mondo, il Dipartimento di
Stato. Quindi abbiamo necessariamente dovuto dividere, necessariamente dovuto
distribuire queste Direzioni Generali geografiche, perché alla loro expertise non abbiamo voluto rinunciare, cioè ciascun Direttore centrale geografico
continua ad occuparsi della propria area geografica, dei rapporti bilaterali
dei Paesi che tratta, a 360°, che siano rapporti politici, che siano rapporti
economici, che siano rapporti culturali, continua a farlo a 360°. Continua a
farlo in contenitori tematici più ampi. Allora, se il contenitore tematico,
politico e di sicurezza attrae le aree dove sono più ricorrenti ed endemiche le
situazioni di crisi internazionali di tipo sistemico… e necessariamente si
occupa di USA e Russia. Insomma, quando Obama va a Mosca, non parla di
globalizzazione, parla di temi di sicurezza, di missili, di non proliferazione.
Nella Direzione Generale della Mondializzazione ci sono le aree emergenti,
queste aree che sono l’Asia-Pacifico, l’Africa nera, l’Africa Subsahariana e i
Paesi dell’America Latina. Ma allora la trattazione di questi Paesi è meramente
economica? No, non è affatto meramente economica, perché il Direttore Generale
per la Mondializzazione è un collega. Il Direttore Generale per la
Mondializzazione non è, con tutto il rispetto, il Direttore scambi del
Mincomes, non ha una visione meramente centrata sugli aspetti economici e
commerciali; è un Direttore Generale di tipo diplomatico che ha una visione
politica e diplomatica di problemi come la globalizzazione, che non
sono esclusivamente economici e dirò di più la cui trattazione tecnica non
spetta alla Farnesina, ma ha una visione integrata, politica, diplomatica di
fenomeni anche tecnici, come il clima, come il commercio, come la
strumentazione e la riforma del Fondo monetario internazionale che noi non
trattiamo in prima persona, ma che sono necessariamente bagaglio politico di
tutti quanti i diplomatici italiani o se non lo sono, lo devono diventare.
Quindi il referente del Direttore America Latina è
un collega diplomatico il quale ha sì come suo compito quello di garantire la
coerenza di impiego delle leve, della governance economica
multilaterale. Ma è un diplomatico, ha una visione di sintesi politica e quindi
è pienamente in grado di rispondere alle esigenze del suo Direttore Centrale
competente a 360° per l’America Latina. Certo, nel momento in cui il Brasile
dichiara guerra agli USA, andiamo in Consiglio di Sicurezza e ci sono i missili
e abbiamo i titoli del New York Times, è chiaro che chiunque farebbe un
colpo di telefono al Direttore Generale per gli Affari Politici e la sicurezza,
mi pare evidente perché ha la titolarità di sicurezza internazionale ma non già
di tutti gli aspetti politici quotidiani, ma dei problemi di Sicurezza
internazionale spetta a lui. Se io Direttore Centrale America Latina ho una
missione di 400 uomini di affari con il Presidente della Repubblica in Brasile,
ma è evidente che farò una telefonata al Direttore Generale del Sistema
Paese, non già perché questo Direttore Generale mi rompe le scatole
quotidianamente nel mio lavor,o ma perché, cribbio, se ho una missione di
sistema, devo interessare chi si occupa del sistema. Quindi, come dire, è un
meccanismo in cui non esistono Direzioni politiche, Direzioni economiche, in
cui esistono delle visioni globali della realtà, da parte della prima linea, da
parte dei Direttori Generali, i quali sono incaricati dai loro Direttori
Centrali di fare la strategia, di fare l’indirizzo. Esiste poi una visione
settoriale, che è la visione, se vogliamo, di secondo livello dei Direttori
Centrali, che hanno una visione, per l’appunto, settoriale, come è giusto che
sia; aumentiamo i posti di Direttore Centrale proprio per dare la possibilità a
generazioni più giovani – intendiamoci, quelli entrati negli anni Ottanta,
quindi insomma un concetto di giovinezza, caro Presidente, ormai abbastanza
relativo, quindi, dicevo, generazioni più giovani entrate negli anni Ottanta,
di farsi valere, di entrare in un circuito sul quale si regge il Ministero
degli Affari Esteri.
Questa è la logica, quindi da un lato no a visioni
settoriali di primo livello ma sì a visioni settoriali sulle quali si regge la
visione quotidiana del Ministero e a cui spetta di fare da primo frangi flutto
di tutta una serie di cose che necessariamente non può non essere
all’attenzione di chi cura gli aspetti più da vicino in maniera quotidiana.
Quindi su questo si basa la riforma. Potevamo fare il
Dipartimento, ma probabilmente il Dipartimento avrebbe avuto una travagliata
vita parlamentare. Ma soprattutto credo che un Dipartimento mal si presterebbe
a quello che è il Ministero degli Esteri. Nel Ministero degli Esteri le
competenze sono tutte a vasi comunicanti, mentre parlo, mi accorgo di quanto un
problema è correlato agli altri… i Dipartimenti sono compartimenti
stagni… i Dipartimenti sono per ministeri che hanno competenze multisettoriali...
il Ministero dello sviluppo economico, da un lato ha le comunicazioni, da un
altro il commercio con l’estero, dall’altro ancora l’industria. Che cosa ha a
che fare con le comunicazioni quello che fa la normativa per le assicurazioni…
evidentemente nulla, sono due cose completamente diverse, in grado di essere,
come dire, spezzettate in Dipartimenti. Il Ministero degli Esteri no, il
Ministero degli Esteri ha bisogno che il Direttore Centrale possa costantemente
essere in contatto con tutti. Deve stare all’interno di strutture, per quanto
più grosse, per quanto si auspica più autorevoli delle attuali Direzioni
Generali, conservino una loro flessibilità di base. Quindi questa è la ragione
principale per il quale il Dipartimento non mi sembra particolarmente adatto
per il Ministero degli Esteri.
Mi fermo perché non voglio, come ripeto, monopolizzare
più di tanto… Però, insomma, spero di essere riuscito a dare il senso di un
qualche cosa che non vorrei fosse visto unicamente parte per parte, ma che
venisse visto come componente di un insieme più ampio dove il Ministero degli
Esteri verrà misurato più per l’adeguatezza a fornire risposte in concreto, che
su problemi di carattere spicciolo… quanto e se abbia una divisione con un
posto in più, un posto in meno. Ecco, grazie.
Marsili: Grazie, Ambasciatore, grazie
per il tuo intervento così articolato che ci dà occasione di riflettere. Io
lascerei la parola a questo punto ai soci qui presenti, per avere idee,
interventi al riguardo. Vedo già un primo interveniente, il ministro Lonardo.
Pietro Lonardo:
Io volevo ringraziare il Sindacato per avere organizzato questo incontro e il
Segretario Generale per essere intervenuto. Credo che, essendo questo incontro
anche ‘televisto’ da praticamente tutti i colleghi che si sono sintonizzati su
quel sito, sia la prima occasione in cui noi abbiamo veramente l’occasione per
vedere in una chiave di sintesi quello che siamo andati apprendendo nel corso
di questi mesi in cui materialmente è emerso dall’idea del Segretario Generale,
sono emersi i contorni dello schema di Regolamento.
Per parte nostra, o per parte del Sindacato, si è fatto
tutto il possibile per essere partecipi di questo piano che il Segretario
Generale è venuto mettendo a punto nel corso di questi mesi. Mano a mano
che sono passati… settimane, i giorni, si stanno finalmente chiarendo i
contorni… Con queste parole dette dal Segretario Generale oggi, con questi
concetti, credo che ci sia stato veramente data una chiave di lettura che
seguiva quello che era stato un suo scritto di qualche anno fa, in cui si
parla, appunto, del diplomatico globalizzato. Ora… come sindacalizzato… gli
stessi colleghi possono riflettere su due cose, il risultato dei sondaggi, il
non elevato grado di dissenso espresso, perché c’è stato un numero di persone
che hanno interloquito o che si son manifestati, non sufficientemente ampio per
poter rappresentare un momento di dissenso, indipendente da quello che sono
all’interno delle varie domande. E credo dimostrativo soprattutto di una cosa:
che i nostri colleghi e specialmente i più giovani hanno bisogno di ricevere
degli input… dei suggerimenti o se si preferisce delle forme verso le quali
devono indirizzare la loro carriera. Segretario Generale, le cose che ci hai
indicato oggi, non sono delle cose facili da far calare all’interno di una
intera carriera. E parlo dei diplomatici, vale a dire di coloro che devono
interpretare il tuo pensiero. Figurarsi nei confronti d altre persone che
possono interpretare questa idea nuova del Ministero degli Esteri e che non
sono vicine a noi in termini di meccanismi che noi stiamo cercando adesso di
cambiare. Io credo che, da parte del Sindacato, è arrivato il momento in cui…
ma anche da parte dell’Amministrazione, si debba percorrere una strada un po’
più vicina, nel senso cioè che si debba ricucire quella specie, non dico di
strappo, ma quella serie di divergenze che sono apparse sin dall’inizio. Forse
è stata la stessa struttura, la stessa Amministrazione che essa stessa è
partita da un’idea e pian piano questa idea si è in qualche modo asseverata nel
corso del raggiungimento anche di questo testo di Regolamento. Penso che però
l’Amministrazione ha una responsabilità. Quando parlo di Amministrazione parlo
di due persone che… la prima volta in cui io parlai nel Consiglio allargato,
dissi: “Attenzione… è un compito molto difficile quello che ci si vuole dare.
Ma da una parte abbiamo un Segretario Generale che sta nella cabina di regia
del Ministero da anni e dall’altra abbiamo un Ministro che ha un’esperienza
giuridica assolutamente rinomata”. Ora, la responsabilità che ha
l’Amministrazione, è di portare avanti questo progetto, che non è assolutamente
un progetto facile. Non solo e non tanto perché altri Paesi lo hanno condotto
avanti e anche con certe difficoltà, ma anche perché obiettivamente far calare
questo insieme di idee, di cui finalmente tu per la prima volta ci hai detto
tutto, insomma, nell’ambito dei nostri stessi colleghi, non è molto facile,
anche perché la stessa operazione di trasformare, di scendere da un certo
numero di Direzioni Generali, di uffici dirigenziali generali, ad un numero
inferiore, tutta questa operazione costerà molto, anche in termini di tempo,
anche per questo io avevo suggerito che ci fosse almeno una vacatio legis per sei mesi, un anno, in modo da consentire all’Amministrazione di mettere in
piedi un meccanismo operativo che consenta, non come hanno fatto i tedeschi,
che il cambio dal marco all’euro è stato fatto il 1° di gennaio… ma quei famosi
periodi, se volete, di necessaria convivenza con il vecchio sistema. Io penso
che in questa ottica, il mio personale appello, dopo averti sentito, Segretario
Generale, è quello di recuperare un rapporto, in modo tale che noi, veramente,
insieme Farnesina-Amministrazione e Farnesina–diplomazia, vedano questa
operazione insieme, con una luce unitaria e che quindi tu possa trovare dietro
a te una Farnesina e una diplomazia schierata. Il che comporta, Segretario
Generale, te lo dico con l’estrema franchezza di una persona che lascerà
a breve la carriera, comporta che nel rifacimento del DPR 18, laddove si tocca
più che il momento organizzatorio della Amministrazione, si toccano
invece le persone, le loro carriere, che l’Amministrazione sia in un qualche
modo più eloquente, più vicina a quelli che possono essere i desiderata non del Sindacato ma diciamo così, di buona parte delle persone più giovani che
vogliono effettivamente fare una carriera ed evitare quel problema che si è
sempre posto, di cercare di essere più di carriera che di lavorare, qualcosa
che è stato detto prima del tuo arrivo.
Vi ringrazio e mi scuso per la mia eccessiva lunghezza.
Marsili: Grazie. Altri interventi?
Vincenzo Ercole:
Grazie. Mah, anch’io ho trovato interessante sia l’esposizione del Presidente
del Sindacato che del Segretario Generale. Dalla esposizione del Presidente del
Sindacato, dalla lettura dei dati del sondaggio, traggo personalmente due
considerazioni. Attiro l’attenzione su alcuni dati: primo, due terzi degli
intervistati pensano che la situazione sia insoddisfacente, cioè pensano che il
MAE in questo momento funzioni in maniera insoddisfacente; secondo dato, gli
intervistati si dividono un po’ a metà, metà ritiene che il progetto di riforma
sia parzialmente soddisfacente, l’altra metà ritiene che non sia soddisfacente
a risolvere i problemi. Dall’intervento del Segretario Generale traggo altre
considerazioni. La prima: la sua fiducia che la Farnesina può mantenere la sua
centralità e addirittura potrebbe consolidarla; il secondo dato che, dato il
contesto di riferimento, questo progetto di riforma è il migliore possibile.
A questo punto, se incrociamo i dati, cosa dovrebbe fare,
secondo me, il Sindacato? Innanzi tutto dare fiducia al progetto di riforma. Se
ci sono questi interessi generali così ampi, se c’è fiducia da parte della
nostra dirigenza, un Sindacato che guardi a interessi soltanto, non dico meno
importanti, ma meno generali, non credo farebbe un buon servizio.
Facendo così si risponderebbe da una parte a quei soci
che ritengono che il sistema attuale sia insoddisfacente, dall’altra forse
anche a quelli che ritengono che il progetto di riforma risponda un po’ a
questa esigenza di migliorarci.
Dall’altra però bisogna tenere in considerazione coloro
che hanno votato negativamente e… perché hanno votato negativamente?
Perché credono che: uno, il progetto di riforma non affronti alcuni problemi, e
due perché temono che alcuni interessi più specifici possano essere
sacrificati. Allora probabilmente il Sindacato potrebbe cercare di impegnare
l’Amministrazione a un dialogo continuo e a una partecipazione, da una parte
sulla attuazione della riforma, per cercare di minimizzare quegli effetti
negativi che possibilmente ci potranno essere e dall’altra cercare di impegnare
l’Amministrazione a lavorare in prospettiva su quell’altro che manca nel
progetto di riforma e che però preoccupa comunque i Soci, sia dal punto di
vista della struttura, ad esempio mi chiedo se si pensi di affrontare
anche il problema della Cooperazione, naturalmente c’è una legge che
regola, disciplina la Cooperazione, e quindi non si poteva intervenire in
questa sede, però è un problema che secondo me in prospettiva occorre
risolvere; l’emergenza di Haiti forse ci può fare riflettere sull’opportunità
di seguire quello che ha fato la Francia, cioè di accorpare la gestione delle
crisi agli interventi umanitari, credo che la Francia abbia fatto questo
proprio basandosi sull’esperienza positiva della nostra Unità di crisi e della
nostra Protezione civile.
Quindi da una parte sulla struttura, c’è altro da fare,
cerchiamo di lavorarci insieme, dall’altro su quello che non è struttura, ma
che è però qualcosa di molto importante comunque per gli interessi di tutti
noi, e che forse sarebbe necessario affrontare in una dialettica di più stretta
collaborazione con l’Amministrazione. Grazie.
Marsili: Grazie. Il collega Boffo…
Mario Boffo:
Grazie naturalmente a coloro che hanno fatto delle presentazioni, al Presidente
del Sindacato e al Segretario Generale, e a tutti coloro che sono intervenuti.
I problemi che tu, Segretario Generale, hai aperto, sono
sicuramente delicati e sono anche molto suggestivi. Incidono su… aprono altre
due porte, direi; su una è appena intervenuto il collega ed è quello ad esempio
di rendere il nostro Ministero più reattivo, più rispondente anche, non solo
facendo una riforma che, secondo me, dovrebbe o potrebbe essere vista un po’
come l’inizio di un processo, cioè non nel senso che ci dobbiamo riformare ogni
sei mesi, ma l’inizio di un processo che deve rendere necessariamente il
Ministero in qualche modo flessibilmente reattivo alle mutazioni in atto e a
quelle che saranno e prevedibilmente… sono già in previsione e che il mondo ci
offrirà o ci imporrà. Da un altro lato bisogna corredarle, ecco si è parlato di
Cooperazione, certamente è un esempio che io volevo fare, perché la
riorganizzazione è giusta e sacrosanta, nei termini, da un lato di come sono
stati evidenziati dal Sindacato, e naturalmente anche da come sono stati
evidenziati dall’Amministrazione, però bisognerà corredarla di riforme un po’
più concrete e la Cooperazione effettivamente dovrebbe essere un’arma
fondamentale… un’arma strategica della nostra penetrazione all’estero, del
nostro peso nei riguardi degli altri ministeri e del resto della
Amministrazione italiana. Però mi sembra che da tempo langua in una situazione
di mezzo. Io ho passato quattro anni nello Yemen, ho avuto temi di
cooperazione; da un lato sono visibili le possibilità molto suggestive che la
cooperazione ha, non necessariamente con molti soldi, ma quella di incidere in
settori strategici, dei vari settori in cui interveniamo all’estero, dall’altro
un esempio di farraginosità, la scarsità mi dicono, di tecnici, di una
competenza forse troppo rigida o forse poco chiara della componente diplomatica
e componente tecnica, non voglio dilungarmi, comunque è un tema, uno fra i
tanti che andrebbero approfonditi per corredare questa riforma e darle più
sostanza.
Un’altra porta che si apre e che è stata sottolineata dal
Segretario Generale è quella di cambiare mentalità, se ho ben capito. Una
mentalità, diciamo, strutturata, forse troppo strutturata negli anni non è
facile da cambiare in poco tempo, e quindi un problema che potrebbe emergere è
quello che magari una riforma anche saggia, anche moderna, poi può non essere
seguita da una comprensione, da una necessaria flessibilità mentale e
professionale di tutti noi. Non so cosa suggerire, ma certamente forse questo è
un tema su cui tutti dovremmo riflettere. Attività di formazione? Attività di
motivazione? Non so… è una cosa che mi sembra emergere dagli interventi che
sono stati fatti e sulla quale potrebbe giocarsi il successo di qualunque
riforma o di qualunque ristrutturazione. Grazie.
Marsili: Altri interventi? Beh, vedo
che non ci sono altri intervenienti… Possiamo… prego...
Alberini: Se posso aggiungere due
parole… ringrazio anch’io il Segretario Generale per le precisazioni e i
dettagli ulteriori che ha voluto dare e che riprendono in parte le sue parole
che aveva già speso con noi in veste sindacale, quando aveva incontrato il
SNDMAE e il SNDMAE e gli altri Sindacati.
Un paio di osservazioni. Tu mi inviti a nozze con le
battute… il minimo di riforma che noi avevamo suggerito era la chiusura sic
et simpliciter di due sole Direzioni Generali. Avevamo individuato
almeno una Direzione amministrativa, per i motivi che avevo esposto prima di
funzionalità della struttura; la seconda unità da chiudere l’avevamo
individuata in quella che è stata un’innovazione che poi, appunto, si vuole
rimodificare, quella del Vice Segretario Generale politico. Poi eravamo
anche disponibili a prendere in considerazione altre manovre. Ma non era il
minimo sindacale, absit iniuria verbis, era il minimo Brunetta. Era
quanto viene richiesto dal dl 112… Quindi la chiusura di due unita' era chiesta
da Brunetta e noi pensavamo che già in questo ambito si potesse fare parecchio,
appunto, con delle operazioni a somma complessiva -2 , o poco più di -2
se proprio dovevamo dare un segnale. Un segnale che stiamo già dando in altre
direzioni: un Ministero che riesce ad andare avanti con tutte le farraginosità
delle norme di contabilità generale dello Stato, che invece altre
Amministrazioni non hanno e riescono a intervenire con facilità e con beneficio
di immagine… Proprio oggi abbiamo scoperto questo articolo sulla Protezione
civile, che interviene in maniera ben diversa dalla nostra Cooperazione, non
perché una sia meglio dell’altra, ma perché una ha degli strumenti un po’ più
agili, noi invece come Ministero abbiamo degli strumenti un po’ più rigidi.
Un altro punto: effettivamente il problema della
comparazione con gli altri ministeri è ben presente a tutti i soci, è stato
anche segnalato da molti interventi. Bisogna tener presente che è difficile
trasporre nella nostra Amministrazione sic et simpliciter dei modelli
stranieri. Il modello inglese e francese li abbiamo studiati, presi in
considerazione… c’erano alcuni colleghi che han prestato servizio in quei paesi
che ci dicevano, e ne avevamo parlato anche in sede sindacale, che oltrea
alla struttura c’è tanto altro su cui lavorare: gli inglesi hanno delle
metodologie, delle responsabilità, autonomia di firma, flessibilità di
struttura ai quali noi dobbiamo arrivare, non ce le abbiamo ancora, vanno calate
in una realtà amministrativa e di mentalità che non è quella degli inglesi; il
problema del calare le riforme nella realtà è stato sollevato dai vari colleghi
e soci che sono intervenuti.
Un’altra questione che volevo toccare è quella della
rete; la rete che secondo il SNDMAE va rivista, su questo siamo perfettamente
d’accordo. Ma, diciamo, in questa nostra veste di Sindacato noi ricordiamo
anche che non si può lasciare il cerino in mano ai colleghi che rimangono sul
territorio. Cioè la rivisitazione della rete va fatta nell’ambito di un piano
che preveda misure di accompagnamento, una strategia generale ben comunicata,
fatta propria dal Parlamento, dalle forze politiche e sociali per evitare che
appunto degli accorpamenti che effettivamente avvengono in aree in cui la
nostra presenza era motivata da un certo tipo di assistenza che dovevamo dare a
un certo tipo di emigrazione, che oggi, per ragioni evidenti, storiche, per il
passare del tempo non è più così, va fatta. Ma va fatta con certe misure di accompagnamento
e con le contestuali aperture, perché il nostro Paese comunque ha una
proiezione mondiale. Fintanto che abbiamo obiettivi globali, all’interno del G8
che si è appena concluso così brillantemente, abbiamo bisogno di una rete
mondiale, di una rete di sostegno per l’Italia, che è la ricchezza, come ci
siamo sempre detti, del nostro Ministero. Quanto poi a come agire, a come
operare, lì ritorno al punto iniziale, che è emerso così palesemente nel
sondaggio. Abbiamo sempre questa doppia anima, noi siamo un Sindacato, quindi
facciamo gli interessi più sindacali, come la carriera e i soldi… poi siamo
anche un’associazione di categoria, in cui viene fuori questo nostro riflesso
di pensare comunque al bene complessivo del Ministero. Teniamo conto che l’Amministrazione
gli interessi dell’Amministrazione li fa, il Sindacato deve fare gli interessi
dei soci, dei singoli, degli iscritti. Quindi lo facciamo sempre con misura,
avendo sempre ben presenti i due aspetti. Però quando a volte interveniamo in
maniera molto sindacale, non è che ci siamo dimenticati l’altra parte, è che ce
l’abbiamo ben presente e sappiamo anche che l’Amministrazione difende in
primis gli interessi dell’Amministrazione, per cui noi se sottolineiamo
l’altro aspetto, è perché appunto lo dobbiamo fare come Sindacato. Quindi
quando si parla di scorrimenti, di aumenti, di posti, non dobbiamo esserne
accecati e non ne siamo accecati. Ripeto, il Sindacato ha dato sempre prova poi
di moderazione, di ragionamento, in un’ottica moderna, però su alcune questioni
poi abbiamo come Sindacato “ottenuto ragione” a beneficio di tutti, anche
dell'Amministrazione. Ricordo solo, per esempio, la battaglia sull’ISE che sta
portando grossi benefici, perché obiettivamente l'Amministrazione non poteva
dire di no a dei tagli, ma è stato il compito del Sindacato dire di no ai tagli
sull’ISE e forte di questo no del Sindacato, l’Amministrazione è riuscita a
frenare, addirittura a recuperare… E oggi diamo atto all’Amministrazione che si
è in parte invertito questo trend e sull’ISE si sono fatti
aggiustamenti in positivo, per la prima volta in molti anni. Non vorrei
togliere poi lo spazio anche ad altre risposte, ad altri interventi dei nostri
Soci. Grazie.
Marsili: Grazie, Gianluca. Non vedo
altre mani alzate… quindi, non so se ci sono altri interventi… se il Segretario
Generale vuole aggiungere qualcosa...
Massolo: Soltanto dire che è sano che
l’Amministrazione faccia l’Amministrazione e il Sindacato faccia il Sindacato…
l’Amministrazione siamo poi tutti noi, una volta usciti da questa sala.
Il problema della sostenibilità della riforma è un
problema reale che noi ci stiamo ponendo e credo veramente che non se ne esce
se non con una più stretta e più stringente collaborazione. E chiaramente, come
diceva giustamente il presidente Alberini, il problema sta anche nella
metodologia applicativa e che in Francia e nel Regno Unito c’è molto altro, sì,
ma non è che qua non ci sia niente, nel senso che certe modalità di azione,
talvolta uno può anche avere delle piacevoli sorprese, in materia di
flessibilità e di capacità di reazione. In ogni caso, io sono personalmente, e
come Amministrazione, avido di suggerimenti da questo punto di vista e ansioso
di condividere, nel senso che, per quanto mi riguarda, per quanto riguarda le
persone con le quali più direttamente stiamo seguendo queste cose, lo stiamo
facendo anche nell’ottica di prevedere sostenibilità nelle metodologie di
applicazione che rendano l’intero disegno che, come avete visto, è piuttosto
ambizioso e piuttosto articolato, effettivamente applicabile e in grado di
camminare. Però non riteniamo di avere il monopolio della verità e quindi tutto
quello che il Sindacato potrà suggerire è sicuramente, assolutamente benvenuto.
Per quanto riguarda la rete… sì, certamente, ma ci sono
le misure di accompagnamento e c’è la strategia generale. Parliamoci chiaro,
quando si parla di chiusure di consolati, uno si può immaginare il modello più
perfetto del mondo, fatto sulla base di parametri perfetti, e prevedendo delle
sostituzioni a tutte realtà chiuse, altrettanto idonee e che si vendono molto
bene. Dopodichè in questa cosa va introdotta tutta una serie di lenti
deformanti; deformanti lo dico in termini non dispregiativi, lo dico solo per
dire che deformano, cambiano quello che uno ha immaginato in provetta. Esistono
i Comites, esistono gli eletti all’Estero, esiste il Parlamento, esiste la
politica, esistono le altre Amministrazioni, esistono i comitati dei cittadini…
esiste tutto questo. E guardate che le spinte e le contro spinte, uno ha voglia
a immaginarsi i piani, ma poi farlo in concreto è dannatamente difficile.
Quindi non manca il piano generale, non mancano le misure di accompagnamento,
la realtà ha il brutto difetto di esistere e quindi poi bisogna adattare tutto
questo alla realtà. Anche qui, lietissimi di collaborare, ma alla fine qualcuno
deve decidere.
Per quanto riguarda il problema della Cooperazione… sì
sarebbe il mio sogno di riformare anche la Cooperazione. Il problema della
Cooperazione allo sviluppo è che contrariamente agli assetti
dell’Amministrazione centrale, alla rete, presuppone un disegno di legge in
Parlamento. Ci si è provato anche in altro modo, come dire, attraverso
una delega al Governo da includere nella Finanziaria. Però nel Parlamento non
c’è stato… il Parlamento questo tentativo, che era promettente, fatto nel 2007,
semplicemente non lo prese, e quindi noi ci troviamo con uno strumento che
necessita in maniera assoluta di riforma, ma che purtroppo è assai difficile
riformare, perché si scontra con dei passaggi parlamentari dove i veti
contrapposti finora lo hanno impedito; quindi, non dico che non bisogna
provarci, ma bisogna essere coscienti di questa realtà. Per quanto riguarda il
problema del minimo sindacale o del minimo Brunetta… che lo si chiami sindacale
o lo si chiami Brunetta, era comunque un andare avanti al minimo, un andare
avanti identificando delle soluzioni più o meno da “toppa a colori”. Perché non
poteva essere soppresso il Direttore politico-Vice Segretario Generale? Perché
delle due l’una, o gli crei una vera e propria Direzione Generale per gli
Affari politici o di sicurezza, o altrimenti il conflitto che c’è tra chi fa il
multilaterale politico e chi fa le aree geografiche non si risolve solo
cambiando il nome a Stefano Ronca e dicendo che Stefano Ronca non è il
Direttore Generale per la cooperazione politica multilaterale ma è il Direttore
Generale per gli Affari Politici perché, credetemi, io l’ho fatto e mi chiamavo
Direttore Generale per gli Affari Politici multilaterali, ma i problemi
con le geografiche erano esattamente gli stessi. Allora, questo problema,
questo snodo si può risolvere solo in due modi: o sottoponendo le aree
geografiche funzionali all’esercizio delle funzioni di Direttore politico sotto
un Direttore Generale degli Affari politici con struttura, oppure prevedendo
un’entità sovrastante i Direttori Generali che li coordini: il Direttore
politico-Vice Segretario Generale. Quindi la semplice eliminazione con un colpo
di bacchetta magica della figura di Sandro De Bernardin, sarebbe stata né più
né meno che un’operazione meramente cosmetica.
Sulla Direzione amministrativa ho detto prima.
Per quanto riguarda poi la flessibilità, beh, certo a
tutti piacerebbe, ma non crediate che questi discorsi che ci stiamo facendo qua
io non li faccia quotidianamente col generale Camporini piuttosto che con il
capo di gabinetto del Ministero dell’Interno. Tutti costantemente lamentando lo
strapotere della Protezione civile, perché la Protezione civile è un unicum,
è un unicum europeo, per lo meno, è un unicum sicuramente
italiano. Cioè, io non posso competere con qualcuno che ha fondi virtualmente
illimitati, non dico infiniti, ma sicuramente illimitati e potere di ordinanza,
neanche Superman riuscirebbe a gestire un Ministero dell’Interno, degli Esteri,
della Difesa, come dire, alla pari con un’entità di questo tipo… è come
prendersela con i cinesi perché pagano il costo del lavoro 200 lire l’ora,
quando noi lo paghiamo 4.5 euro, cioè questa è la situazione. E’ un dato di fatto,
un dato del paesaggio… dobbiamo fare i conti, anche qui, con la realtà che ha
il difetto di esistere. Dobbiamo fare i conti con una realtà che possiamo
cambiare, che possiamo cercare di migliorare, che possiamo rendere più
flessibile, ma che alla fine è lì e alla fine ti ci devi adattare e lo devi
fare in un modo che ti faccia fare sufficientemente bella figura, perché tu
poi, forte di questa bella figura, ti possa sedere attorno al tavolo dove le
risorse vengono distribuite, avendo titolo a rivendicarle. Questa è la sfida,
grazie.
Marsili: Grazie… il Vicepresidente…
Sergio Maffettone, Vicepresidente SNDMAE: Volevo fare una piccola annotazione
sulla questione del ruolo aperto e dello scorrimento di carriera. Nel senso che
qui nessuno vuole il 6 politico, cioè qui nessuno vuole abbandonare la
competizione… un concetto di vitalità, di competizione e concorrenza tra tutti
i funzionari. Però se al ruolo aperto si accompagnassero dei meccanismi di
passaggio di grado attraverso delle commissioni che valutino in concreto,
realmente, quella che è “la bravura e la capacità dei singoli funzionari”, si
sposterebbe la competizione su un fattore reale, cioè la capacità di parlare in
pubblico, la capacità di redigere dei documenti di sintesi, su questo si dovrebbe
concentrare il passaggio da Segretario di legazione a Consigliere di legazione
e da Consigliere di legazione a Consigliere di Ambasciata e via dicendo.
Attualmente, nel momento in cui noi entriamo nella carriera, diveniamo
praticamente delle persone aride, ci concentriamo soltanto sulla competizione
bieca tra di noi, questo… anche più in là nella carriera, e abbandoniamo
completamente la formazione. Non esiste un sistema di valutazione reale nel
passaggio dei gradi e creando ruolo aperto con la strutturazione di passaggi di
livelli veri, con dei veri e propri esami, magari chiamando anche qualche
rappresentante di qualche struttura privata a valutarci, a valutare le nostre
capacità manageriali, le nostre capacità di sintesi, di reazione a situazioni
di stress, pur facendo tutto ciò, non verrebbe meno questo spirito di
concorrenza che è uno dei fattori principali della nostra… del fatto che noi
siamo comunque sempre… tendiamo a dare il massimo, ma si sposterebbe la
competizione su fattori reali e non su una competizione soltanto tendente, ai
gradi più alti della carriera, a fregare chi ti sta vicino. Grazie.
Alberini: Ci stiamo avviando alla
conclusione, ma abbiamo ancora un altro punto: Varie ed eventuali. Volevo
ricapitolare quali sono i vari passi della riforma, perchè non è finita, il
cantiere è aperto, si possono effettuare delle correzioni in corso d’opera, ci
sembra di capire, o perlomeno intervenire sui livelli successivi al decreto di
primo livello che e' attualmente in fase di discussione e sarà poi approvato.
Non so se il Segretario generale potrà dirci qualcosa sui tempi. Sappiamo che
la cosa dovrà andare in Consiglio di stato, dovrebbe uscirne tra poco, per
andare poi alle commissioni esteri di camera e senato e poi essere approvato in
seconda lettura dal Consiglio dei Ministri ed entrare in vigore, non sappiamo
quando. Uno dei problemi che abbiamo segnalato e' anche il problema della
transizione tra i due sistemi. C’è poi il decreto di II livello che non è meno
importante, perché si tratta di definire quali uffici tagliare. Ricordiamoci
che Brunetta ci chiede non solo due direzioni generali, ma ci chiede anche un
certo numero di uffici: dovremmo passare a 96 uffici complessivamente … una
decina in meno se non sbaglio. Quindi ci sarà da decidere quali uffici
tagliare…che conformazione dare agli uffici, come accorpare le competenze degli
uffici, e poi ci sarà da decidere come organizzare le strutture all’interno
degli uffici. Per esempio, qualche progresso lo abbiamo fatto. I funzionari
diplomatici che sono all’interno degli uffici vengono a volte impropriamente
comparati alle aree funzionali, mi riferisco alla titolarità di sezioni che
possono essere attribuite sia ai diplomatici che ai non diplomatici. Queste
sono situazioni di confusione, perché a seconda del personale disponibile viene
data questa titolarità di una sezione, che però nel caso diplomatico
corrisponde a certe cose, nel caso dell’area funzionale a tutt’ altre logiche e
meccanismi. Anche lì bisognerebbe intervenire, e già da qualche anno è stata
individuata la posizione di vicario dell’ufficio, e siamo riconoscenti
all’Amministrazione per aver proceduto a individuare questa figura, per cui il
diplomatico è vicario dell’ufficio, però gli altri diplomatici dell-ufficio
rimangono in questa posizione un po’ ambigua… Noi avevamo suggerito di guardare
anche al ministero dell’Interno dove ci sono le figure di funzionari in
posizione di staff. Si sono inventati le aree, che non sono le sezioni, e sono
date solo ai funzionari della carriera prefettizia.
Questo giusto per dire che anche all’interno del decreto
di II livello ci sono tante cose da fare, c'e' poi da lavorare sulle circolari
applicative, sui metodi di lavoro, su chi firma, su come si porta alla firma il
documento, come si confezionano i documenti e come procedono. L’Amministrazione
già adesso si sta aggiornando molto, con l’informatizzazione che comporta anche
dei problemi, perché discutevamo oggi con un collega, il fatto di avere tutti
una e-mail, il fatto di poter ricevere istantaneamente informazioni e
sollecitazioni è certamente una bella cosa ma poi queste informazioni e
sollecitazioni bisogna anche processarle, e il cervello rimane quello di una
persona. Serve comunque tempo per leggere, per produrre. Cioè quello che si
accelera molto sono i passaggi, si tagliano i passaggi, ma qui siamo un
Ministero che è sommerso dalle informazioni e sollecitazioni, siamo una
delle poche Amministrazioni che non ha problemi di competenze, cioè ne abbiamo
veramente tante e le gestiamo credo bene, con soddisfazione di tutti. Nessuno
di noi è disoccupato, anzi c’è una massa di input e di sollecitazioni che è
crescente e a questa crescita deve far fronte anche una crescita di
risorse umane e finanziarie. Questo è uno dei punti, cioè il rapporto tra
obiettivi, funzioni e risorse, che è ineludibile.
Solo un’annotazione sul futuro. Tutto questo avverrà in
un momento di transizione tra questo Consiglio e il prossimo, perché ricordo
che sono aperte le candidature per il prossimo Consiglio. I componenti di
questo Consiglio per varie ragioni si avvicenderanno, io parto per l’estero tra
poco, il 1°marzo. Ci saranno molti posti disponibili, e ci sarà quindi un nuovo
Consiglio che entrerà in funzione il 16 Marzo e che dovrà poi affrontare tutta
questa fase molto interessante.
Altre due cose sulle Varie ed eventuali: un aggiornamento
sugli altri fronti che sono aperti. Un aggiornamento sul DPR 200: abbiamo avuto
un ulteriore contatto molto positivo con l’Amministrazione che ci ha informato
su come sta procedendo. Ricorderete che precedentemente vi avevamo informati e
reso disponibile il primo testo della riforma del DPR 200 sulle funzioni
consolari. Stiamo lavorando molto bene, è un buon modo di procedere. Abbiamo
chiesto informazioni anche sull’altro testo da aggiornare, il DPR 18. Come
sapete da circa un anno, un anno e mezzo, avevamo avviato dei contatti, poi
immagino appunto per la riforma che è diventata una priorità, il DPR 18
é diventato una specie, non dico di appendice, ma uno specchio della riforma.
Quindi immaginiamo che tra poco saremo chiamati e coinvolti anche
nell’esercizio di revisione di questo importantissimo testo che rimane alla
base della vita della nostra amministrazione.
Dulcis in fundo, lo abbiamo già affrontato con il
Segretario Generale, abbiamo appreso di questi accordi, secondo un articolo di
giornale, tra la Protezione civile e la Farnesina, di cui non abbiamo
cognizione esatta. Come Sindacato dei diplomatici ovviamente ci preoccupiamo
della buona gestione della cosa pubblica e evidentemente c’è una struttura che
sappiamo perfettamente che ha dei modi di agire e delle risorse notevoli, con
cui possiamo e dobbiamo lavorare bene, in sintonia, ma la nostra preoccupazione
è che ognuno svolga bene la propria parte di lavoro e non vada a discapito
dell’altro.
Questi erano gli ultimi punti che volevo segnalare,
grazie.
Marsili: Grazie, Gianluca. Abbiamo concluso i
punti all’O.D.G. Abbiamo potuto ascoltare il Segretario Generale. Se non ci
sono altri interventi, altre richieste, io chiuderei qui l’Assemblea
straordinaria, ringraziando il Segretario Generale e tutti voi per essere
intervenuti e a presto. Grazie.