Dichiarazioni del Presidente della Repubblica
relative alla carriera diplomatica italiana
Intervento del Presidente Napolitano all'incontro
"Tommaso Padoa Schioppa ricordato nella sua università", Milano 1
febbraio 2011
[...] Ma qui, ricordando e onorando Tommaso Padoa Schioppa,
sento di dover mettere l'accento su personalità estranee a caratterizzazioni e
funzioni politiche, che sono state anch'esse decisive per fare dell'Italia non
solo un paese fondatore ma un soggetto protagonista del lungo cammino dell'integrazione
e dell'unità europea.
Parlo di studiosi lungimiranti e di Università divenute centri di irradiazione
di una cultura europeista. Parlo di servitori della cosa pubblica, operanti in
grandi amministrazioni dello Stato, da quella degli Esteri al Tesoro, e in
istituzioni indipendenti di indiscusso prestigio come la nostra Banca Centrale. La vocazione e l'impronta europeistiche della scuola diplomatica italiana, i
talenti che essa ha espresso, la sua operosità e capacità di iniziativa, hanno
permesso al paese di dare impulsi e contributi preziosi al processo
d'integrazione, in particolare nei negoziati per i Trattati europei, da Roma a
Maastricht e oltre. Ed essenziale è stato per l'azione politica e
diplomatica dei nostri governi l'apporto della Banca d'Italia, dei suoi
governatori, dei suoi Direttôrii, dei suoi Servizi : un nutrimento
insostituibile di idee e di professionalità [...]
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"Corriere della Sera", 28 luglio 2010, p. 10
Conti pubblici. La Farnesina
NAPOLITANO AI DIPLOMATICI: "NO A TAGLI
INDIFFERENZIATI"
Il disagio degli ambasciatori alla conferenza annuale
di Maurizio Caprara
ROMA - Senza abusare dell'inflazionato aggettivo «storico»,
si può semplicemente definire senza precedenti quanto è successo ieri alla
Farnesina. Nella settima conferenza che ha riunito a Roma tutti gli
ambasciatori d'Italia sparsi per il mondo, le cariche più alte del ministero
hanno manifestato preoccupazione e allarme per i tagli alla spesa pubblica nella
parte che ha colpito e colpirà la diplomazia. Di fronte alla tribuna c'erano
ministri e ospiti stranieri. In quest'atmosfera da assemblea sindacale in abito
scuro, priva di barricate e tuttavia inquieta, il presidente della Repubblica
ha sottolineato la necessità di ridurre il debito pubblico italiano, ma
lasciando capire che il governo non dovrebbe colpire indistintamente i settori
della pubblica amministrazione perché così rischia di indebolire la difesa
degli interessi nazionali.
E' una fotografia emblematica della crisi dello Stato in
Italia quella venuta fuori dalla conferenza. In passato c'erano più moine. Il perno
dell'intervento di Vittorio Surdo, titolare della sede di Mosca che andrà in
pensione a dicembre, decano degli ambasciatori adesso in servizio, è stata
l'espressione «profonda preoccupazione». Nel far presente che Farnesina e sedi
estere hanno continuato a ricevere nel 2009 meno di quanto accade in altri
Paesi occidentali da noi lo 0,23% del bilancio pubblico - Surdo ha ricordato il
«drastico ridimensionamento» dei fondi per la cooperazione e ha denunciato gli
ulteriori tagli recenti: «Le criticità del bilancio del ministero rischiano di
minare la nostra azione». Un suo bersaglio, la norma della manovra finanziaria
del 2010 che congela per tre anni gli effetti economici delle promozioni, valutata
un'aggressione al «principio di sviluppo professionale». Oltre a pensare ai
propri portafogli, molti dei 919 diplomatici italiani ritengono che se si
negano soldi a chi lavora meglio sarà più difficile attrarre intelligenze nel
ramo dello Stato tenuto a rappresentare il Paese nel mondo.
«La manovra contiene obiettivi fattori di criticità che mi
sono ripromesso di attenuare», ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini
di fronte, tra gli altri, al collega Roberto Maroni, leghista. Il segretario
generale della Farnesina, Giampiero Massolo, che pure a porte chiuse aveva
esortato a fare di più con meno soldi, ha parlato di «allarme». E Massolo non è
certo un tribuno della plebe, è stato consigliere diplomatico di Carlo Azeglio
Ciampi, capo della segreteria di Silvio Berlusconi. «Non entro nel merito di aspetti
concreti su cui non ho competenza per pronunciarmi», ha premesso Giorgio
Napolitano. Poi ha fatto notare che la riduzione del debito pubblico «è un
imperativo cui nessuno può sfuggire», è «nostro fondamentale interesse». Però il
Presidente ha aggiunto che il rigore «non può vedere penalizzati in modo
indifferenziato tutti i comparti, tutte le voci di spesa dello Stato» e ha
sostenuto l'esigenza di «rinnovare, ma non mortificare funzioni e strutture
portanti dello Stato nazionale» come «la diplomazia». Napolitano ha avvisato
che mentre l'Italia cambia «in senso federalistico», esperienze «come quelle
della diplomazia nazionale» non vanno «disperse o impoverite se non a costo di
un danno irreparabile per il prestigio e il ruolo internazionale del Paese». Oggi, la parola a Berlusconi.
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"Avvenire", 28 luglio 2010
Il Colle: diplomazia da non impoverire
NAPOLITANO NON SMANTELLARE LA DIPLOMAZIA
di Giovanni Grasso
ROMA - Disperdere o impoverire «esperienze come quelle
della diplomazia nazionale» significherebbe «un danno irreparabile per il
prestigio e il ruolo internazionale» italiano. Un appoggio, sia pure cauto
e indiretto, alla protesta dei diplomatici (e del ministro Frattini) per i
tagli e le prospettive di un ridimensionamento del ruolo della Farnesina, è
arrivato ieri dal capo dello Stato Giorgio Napolitano. Che, intervenendo alla
VII Conferenza degli ambasciatori italiani, ha anche ammonito a non immolare la
rete diplomatica italiana sull'altare del federalismo. Anche in Stati di
antica tradizione federale, come la Germania e gli Stati Uniti d'America, ha
spiegato, «funzioni come quelle della politica estera non sono giudicate
trasferibili dal centro alle istituzioni regionali e locali». E, dunque,
sarebbe un «equivoco e un rischio da scongiurare» l'idea che uno Stato «possa
privarsi di funzioni e strutture necessariamente unitarie». Stessa
considerazione per coloro che ritengono che l'Italia possa ormai fare a meno di
rappresentanze diplomatiche nei Paesi dell'Unione Europea, che per il
presidente, deve continuare a vivificarsi con l'apporto dei singoli Stati
membri. Dopo aver ascoltato le preoccupazioni per la forte riduzione del
bilancio destinato alla nostra politica estera espressi dal ministro Franco
Frattini, dal segretario generale della Farnesina, Gianfranco Massolo e una
vera e propria requisitoria contro la manovra da parte del decano degli
ambasciatori, Claudio Surdo, Napolitano ha subito premesso di non poter
«entrare nel merito di aspetti concreti» che riguardano la legge finanziaria,
all'esame del Parlamento. Ma le sue parole, di forte difesa del ruolo e del
prestigio della diplomazia italiana, hanno fatto capire con chiarezza quale sia
il pensiero del Quirinale in proposito. Nessuna volontà, da parte del capo
dello Stato, di discutere la necessità del «contenimento e di una sostanziale
riduzione del nostro debito pubblico». E, anzi, «considerazione» per coloro «a
cui tocca il difficile e ingrato compito di elaborare e prospettare» i tagli.
Ma, ha aggiunto Napolitano, la riduzione del debito non si esaurirà con la
manovra odierna, ma «richiederà un impegno di ben più lunga lena». E, allora,
bisognerà «dare la priorità, anche in termini di risorse, a politiche pubbliche
di medio e lungo termine davvero cruciali per il futuro del Paese», con l'obbligo
di «salvaguardare, rinnovare senza mortificare, funzioni e strutture portanti
dello Stato nazionale». E tra queste c'è «la politica estera e la diplomazia
che ne è strumento insostituibile». Quanto ai diplomatici, il presidente ha
spezzato una lancia in loro favore: «A tutti i cittadini è necessario chiedere
sacrifici, ma non postulando tagli di risorse e appiattimenti su parametri
impropri, quasi che si trattasse di penalizzare gruppi di privilegiati e di
intoccabili». E ai diplomatici, proprio in funzione del loro ruolo, non vanno
disconosciuti lo status e «la specialità dello sforzo richiesto».
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"Il Sole 24 Ore", 28 luglio 2010, p. 13
Quirinale. "Il risanamento de conti non mortifichi la
diplomazia"
NAPOLITANO: MANTENERE LE FUNZIONI STATALI UNITARIE
di Carlo Marroni
ROMA. Il ridimensionamento delle risorse pubbliche per
risanare la finanza statale non deve «mortificare funzioni e strutture portanti
dello Stato nazionale»,tra le quali la politica estera e la diplomazia. All'indomani dello sciopero dei diplomatici italiani per protestare contro i
tagli decisi dalla manovra del governo, il presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, è intervenuto alla Farnesina alla settima conferenza degli
ambasciatori d'Italia. «L'obiettivo della riduzione del debito pubblico non si
esaurisce in una manovra pur pesante come quella attuale, ma richiede un
impegno di ben lunga lena, uno sforzo costante e coerente di revisione sia
d'indirizzi di governo sia di comportamenti collettivi», ha detto il Capo dello
Stato, ribadendo così come il risanamento dei conti e in particolare la
riduzione del debito pubblico «è un fondamentale interesse nazionale al fine di
recuperare cospicue risorse da destinare al finanziamento di scelte essenziali
per l'avanzamento economico e civile del Paese». Napolitano ha ribadito che per
tutti i cittadini è necessario fare sacrifici in proporzione a: loro redditi
effettivi, «ma non postulando tagli di risorse e appiattimenti su parametri
impropri, quasi si trattasse di penalizzare gruppi di privilegiati ed
intoccabili»: come a dire che la diplomazia non è certo una "casta".
Nei giorni scorsi da parte dei diplomatici italiani il capo dello Stato ha
ricevuto una lettera nella quale si esprimevano preoccupazioni per le misure
previste con la manovra finanziaria. All'inizio del suo discorso davanti al
ministro degli Esteri Franco Frattini, e al presidente della Camera (ed ex
ministro degli esteri) Gianfranco Fini, che ha partecipato all'incontro,
Napolitano ha ribadito che la manovra finanziaria è «straordinaria e urgente» e
ha osservato che proprio dal titolare della Farnesina sono giunte «parole molto
nette tradottesi in proposte migliorative di cui si è fatto carico». Il presidente,
al di là di alcune considerazioni generali, ha ribadito sul caso specifico:
«Non ho nulla da aggiungere e non entro nel merito di aspetti concreti su cui
non ho competenza per pronunciarmi». Ma un messaggio è stato chiaro: la
politica estera non è certo materia di decentramento o di federalismo, lo Stato
«non può privarsi di funzioni e strutture necessariamente unitarie al livello
nazionale». Anzi, proprio per la sua funzione strategica, la politica estera ha
bisogno di un «sempre più ampio convergere» delle forze politiche. Napolitano ha riferito che nei lunghi decenni della sua partecipazione alla
vita pubblica ha sempre attribuite «molta attenzione ai problemi della politica
internazionale al ruolo della diplomazia italiana». La Conferenza è stata
aperta dal ministro Frattini, che ne giorni scorsi ha alzato i toni in difesa
delle risorse destinate alle funzioni della diplomazia (risorse razionalizzate
da una riforma appena varata che snellisce la struttura e finalizza gli
obiettivi strategici), argomenti ribaditi ieri: «La Farnesina deve certamente
dare e darà un contributo al risanamento dei conti pubblici ma non può essere privata
di risorse indispensabili a consolidare l'Italia nel mondo». Ai lavori della
conferenza ieri ha partecipato anche il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti,
artefice dei tagli: l'incontro a porte chiuse - presieduto dal sottosegretario
Stefania Craxi e moderato dal segretario generale, Giampiero Massolo - è stata
l'occasione per un confronto diretto con la diplomazia, che ieri ha aderito per
il 90% allo sciopero. Oggi alla Farnesina è atteso Silvio Berlusconi: prima
dell'intervento conclusivo del premier ci sarà una sessione ad hoc dei lavori
dedicata alla promozione del sistema paese con la partecipazione, tra gli altri,
della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e l'ad Fiat Sergio
Marchionne.
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