"Il Sole 24 Ore", 17 maggio 2011, p. 23
DALLA FARNESINA PIU' SPINTA VERSO I PAESI EMERGENTI
di Gerardo Pelosi
ROMA - Erano nati negli anni 50 e 60 come presidi per
l'assistenza agli emigrati italiani occupati nelle miniere del Belgio o nelle
fabbriche tedesche. Mezzo secolo dopo, chiuse le miniere e sostituita
l'emigrazione dal Sud al Nord dell'Europa con la libera circolazione nello
spazio Schengen, sembrava più che logico procedere alla chiusura di alcuni
uffici consolari italiani in Belgio, Germania, Regno Unito, Francia e Svizzera.
«E' la fine del cosiddetto consolato-mamma nato per assistere le necessità
della nostra emigrazione che ora non ha più alcuna giustificazione» spiega il
sottosegretario agli Esteri, Alfredo Mantica. L'operazione è in linea con
quanto già realizzato da altri Paesi europei con un risparmio tra minori oneri
di funzionamento e spese fisse e di personale valutabile, per il bilancio
pubblico italiano, in circa 10 milioni di euro da destinare ai servizi
consolari a distanza e apertura di nuove sedi in aree emergenti per l'economia
globale dell'Asia e dell'Africa. Un piano di razionalizzazione messo a punto
dal Consiglio di amministrazione della Farnesina già a partire dal 2009 che
vede ormai prossime le chiusure di sei consolati: in Belgio il consolato
generale di Liegi (assorbito da Charleroi) e dal viceconsolato di Mons (assorbito
sempre da Charleroi), quello di Amburgo (trasferito ad Hannover), quello
inglese di Manchester (trasferito in parte a Londra e in parte ad Edimburgo),
quello francese di Lilla (assorbito da Parigi) e quello di Losanna (le cui
competenze verranno trasferite a Ginevra). Eppure c'è chi contesta queste
chiusure considerandole una "ritirata" dell'Italia da importanti
città dell'Europa che vedono una massiccia presenza italiana. Tra i più
combattivi nell'opporsi al piano di razionalizzazione i comitati per gli
italiani residenti all'estero (Comites) e molti dei parlamentari di entrambi
gli schieramenti eletti nella Circoscrizione Estero. Se ne discuterà oggi in aula
al Senato dove è all'esame un provvedimento per i Comites il cui voto
dell'opposizione è legato all'approvazione di una mozione a firma Claudio
Micheloni (pd) che chiede la moratoria di 12 mesi, fino al maggio del 2012, che
congeli nello stesso tempo ogni decisione già presa dal Consiglio di
amministrazione della Farnesina sulla chiusura dei sei consolati.
Contestualmente verrà messo ai voti anche un ordine del giorno della
maggioranza (firmatari Giampaolo Bettamio del Pdl e Alberto Filippi della Lega)
che chiede anch'esso la moratoria di un anno per alcune sedi extraeuropee negli
Usa e in Australia facendo salve le decisioni sulla chiusura dei sei consolati
europei. «Questa seconda richiesta appare la più ragionevole - osserva sempre
Mantica - perché non si può bloccare un processo già avviato che ha visto
trasferimento di persone, contratti di affitto cancellati e così via; altro è
invece usare al meglio quest'anno di tempo per una riflessione sul futuro dei
nuovi servizi consolari con bancomat e prenotazioni on line, per ragionare su
una realtà che si è andata modificando nel tempo per cui oggi a Londra dei 160mila
iscritti all'anagrafe degli italiani all'estero 100mila hanno meno di 30 anni e
sul forte potere di condizionamento esercitato negli ultimi decenni da
sindacati e patronati in qualche caso anche attraverso impiegati locali». Più
in generale è il ruolo dei consolati nell'area Ue che sta decrescendo
progressivamente a fronte del concetto di cittadinanza europea e della
necessità di recuperare risorse finanziarie da assegnare al nuovo servizio
diplomatico dell'Ue. Su questa linea si sono mossi i nostri principali partner:
la Germania ha chiuso i consolati di Napoli, Timisoara e Melbourne; la Francia
prevede la chiusura di Genova, Losanna e Berna; il Regno Unito intende chiudere
i consolati di Venezia, Firenze, Bari, Lione e Marsiglia mentre la Spagna ha
deciso di chiudere Manchester ed Hannover. La gara tra le diplomazie europee è,
semmai, come posizionarsi nelle nuove realtà geoeconomiche dei Paesi emergenti.
E l'Italia conta di aprire ambasciate in Turkmenistan, Sud Sudan e Somalia.