TRASCRIZIONE
DEI LAVORI
DELL’ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI DEL SNDMAE
ROMA, 30 MARZO 2004
Il Presidente del SNDMAE, Min. Piccirilli propone
all’Assemblea – che approva per acclamazione – la nomina dell’Ambasciatore
Paolo Pucci di Benesichi a Presidente dell’Assemblea.
Discorso introduttivo del Presidente
dell'Assemblea,
Ambasciatore Paolo Pucci di
Benesichi
Grazie, caro Presidente.
Ho atteso ad alzarmi, come
le circostanze vogliono, che un applauso indicasse questo mio movimento,
che è sempre scontato, ma è meglio contarlo anche. Qui lo diamo per
contato. Ringrazio molto l'Assemblea per l'onore che mi ha fatto nel
designarmi alla presidenza di questa Assemblea Generale. Tutti sanno,
chi conosce la mia storia, che ho avuto un impegno in questo sindacato
che mi ha portato, vent'anni addietro, ad esserne allora Segretario
Nazionale, poi Presidente, e poi rappresentante del personale eletto
nelle liste del SNDMAE in seno al Consiglio di Amministrazione; all'epoca
il personale sedeva anche in Consiglio di Amministrazione. E quindi
sono molto onorato dell'incarico che mi è stato, oggi, conferito. Io
darò subito la parola all'on. Ministro. Anzitutto, per ringraziarlo
di aver voluto rendersi da noi e confortarci con le cose che vorrà dirci.
Colgo l'occasione di avere
la parola che mi autoconcedo - è uno dei privilegi,
quando si guida un'Assemblea, di poter dare a se stessi la parola -
per ricordare al Ministro, cosa che lui naturalmente ben conosce, ma
che io profondamente sento, e credo, nel sentirle, di partecipare di
un sentimento comune in seno alla categoria diplomatica che rappresenta
tanta parte del nostro Sindacato, due cose volevo ricordare. Una è che
la carriera, che è altamente rappresentata in seno al Sindacato, posto
che la stragrande maggioranza dei suoi membri è iscritta al nostro Sindacato,
rappresenta una categoria di pubblico impiego nella quale è massimamente
saliente un duplice profilo, da una parte quello di essere naturalmente
dipendenti pubblici, quindi, come tale, chiede al Sindacato tutela e
garanzia degli aspetti che ineriscono all'essere dipendenti dei suoi
iscritti, e quindi aspetti remunerativi, previdenziali, assistenziali
e quant'altro; ma è al contempo carriera di dirigenti dello Stato, cioè
di una categoria di dipendenti che, alla Farnesina,
assolve più di ogni altra a compiti di alta responsabilità amministrativa
e, in quanto tale, è interessata più di ogni altra a che le cose vadano
bene e possibilmente vadano meglio. Cioè è interesse dei dipendenti
diplomatici della Farnesina, in quanto anche
dirigenti, che la
Farnesina vada al meglio.
Questa è forse una lapalissianità, ma è bene,
io credo, ricordarla e son sicuro che tutti
così l'avvertono.
Un secondo aspetto che premo
sottolineare, e poi non abuserò più del diritto di parola, ve lo garantisco,
è che proprio a cagione di questa sua forte natura dirigenziale, per
così dire, di tutta la carriera fin dagli inizi, noi avvertiamo molto
questa percezione di un unum
che ha la carriera. E' il sentimento che io m'accorsi essere condiviso
quando entrai in questo mestiere quarant'anni fa, e che credo sia intendimento
di tutti tramandare anche a chi viene. Cioè noi avvertiamo questa unicità
della carriera, e pensiamo che questo sia un elemento importante da
tutelare e da difendere.
Grazie dell'attenzione con
cui avete ascoltate queste mie poche parole e pregherò l'on. Ministro
di farci l'onore di svolgere le considerazioni che vorrà formulare.
Grazie.
On. Ministro…
Intervento all’Assemblea
del Ministro degli Affari Esteri,
on. Franco Frattini
Bene, grazie molte Ambasciatore
Pucci e un saluto a tutti voi per questa seconda occasione che mi avete
offerto di partecipare alla Vostra Assemblea Generale, dopo un anno
per fare il punto di alcune iniziative, di alcune linee strategiche
che si stanno maturando e fare il punto anche con voi su alcune idee
che stanno crescendo e che potranno essere in un prossimo futuro le
linee guide dell'azione del Ministero degli Esteri.
Certamente il punto è che
un confronto con voi, con il sindacato che è quello largamente più rappresentativo
della carriera diplomatica è stato per me anche in questi dodici mesi
dalla scorsa Assemblea Generale un punto di riferimento importante per
quello scambio normale che ci deve essere tra OO.SS. e vertice politico,
ma anche perché, come ora è stato ricordato dall'Ambasciatore Pucci,
il corpo diplomatico, la carriera diplomatica sono un pubblico impiego
un po' speciale, un pubblico impiego che compartecipa l'essenza stessa
dello Stato, che è la politica estera di un Paese e che quindi si pone
come elemento che è allo stesso tempo di stimolo e di interlocuzione
costante rispetto alla direzione politica del Ministero.
Io ho sperimentato concretamente
con incontri, con scambi di idee anche assolutamente informali con il
Sindacato, ma anche con alcuni funzionari diplomatici che appartengono,
che sono iscritti al Sindacato, ma che non parlavano in rappresentanza
del Sindacato, ovviamente, come sia proficuo questo scambio bilaterale.
Posso dire che oggi l'azione
di politica estera del Governo si muove all'interno di alcune linee
guida che voi ovviamente conoscete bene. Usciamo da un Semestre italiano
di Presidenza europea che ci ha portato delle soddisfazioni per i risultati
che sono stati riconosciuti da interlocutori autorevoli, dai nostri
partners europei e che oggi trovano un riscontro
concreto nelle linee di sviluppo della Presidenza attuale che, in buona
parte, sono linee di sviluppo fondate su basi che noi avevamo, con la
nostra Presidenza, contribuito a costruire. Certamente un'assoluta priorità
dell'azione strategica di politica estera del Governo è quella di un
intervento presente e attivo e un intervento articolato nelle principali
aree di crisi. Noi certamente riteniamo che l'area balcanica, con le
crisi talvolta affioranti, talvolta caratterizzate da picchi, come nel
Kosovo assai di recente, che l'area balcanica sia oggettivamente,
che debba continuare ad essere una priorità strategica reale per l'azione
del Ministero degli Esteri e del Governo. Certamente l'impegno in Afghanistan,
nell'ambito di una grande coalizione internazionale che ha sconfitto
il terrorismo dei talebani e che comunque
ancora deve fare molto per realizzare una stabilizzazione. Voi sapete
che io domani parteciperò a Berlino alla Conferenza internazionale sull'Afghanistan
per confermare l'impegno italiano e la volontà dell'Italia di continuare
a contribuire a quell'opera di stabilizzazione e di consolidamento di
un Governo che potrà fondarsi su un sistema di libere elezioni, su una
Costituzione che, per la prima volta, è stata liberamente approvata.
C'è poi l'impegno in Irak. E, parlando ad addetti ai lavori, posso semplicemente
dire che l'evoluzione che noi stiamo registrando è un'evoluzione che
conferma anche in Irak, come nei Balcani,
come in Afghanistan, un impegno dell'Italia prevalentemente volto agli
aspetti civili, agli aspetti della cooperazione, dell'aiuto alle popolazioni
locali. Un impegno, quindi, che secondo una tradizione che l'Italia
ha e che tutti ci riconoscono, una tradizione, diciamo, di convinto
impegno per la pace, a costruirla, a mantenerla, a consolidarla attraverso
l'aiuto alle riforme, ai processi di transizione politica. Lo abbiamo
fatto in Afghanistan con l'eccellente lavoro del Ministero degli Esteri
nel settore della giustizia; lo vogliamo fare certamente in Irak,
attraverso le molte persone che all'interno delle amministrazioni pubbliche
provvisorie irachene stanno dando un contributo di know-how,
un contributo di esperienza ed anche un contributo al rasserenamento
di quel clima che ancora sereno non è sul territorio. Questa è una vocazione
italiana, una vocazione tradizionale del nostro Paese che continuerà
nelle principali aree di crisi del mondo. Per fare questo, lo abbiamo
visto nelle settimane e nei mesi scorsi, occorre il contributo coraggioso,
la dedizione al servizio di funzionari diplomatici che oggi più di ieri
sono esposti a pericoli anche personali, ma che svolgono il loro servizio
con non soltanto assoluta lealtà alle Istituzioni, ma anche con una
convinzione profonda di agire nella giusta direzione, cioè di agire
come i nostri Ambasciatori, i nostri funzionari nelle Ambasciate dei
Paesi più delicati ci dicono, di agire per rafforzare il principio del
dialogo, del confronto con popoli molto diversi, con tradizioni, storie,
culture; ed è quello che abbiamo fatto anche nel promuovere quello spirito
del dialogo tra le culture e le civiltà che, per la regione mediterranea,
è una delle precondizioni per poter realizzare
quella stabilità, quella sicurezza e quello sviluppo economico che sono
elementi portanti di una democrazia. Questo l'Italia lo fa e in tutti
i miei incontri con gli interlocutori stranieri trovo un riscontro positivo
di questo impegno italiano che è, giorno dopo giorno, affidato a voi,
cioè affidato all'interpretazione che di queste linee strategiche danno
gli Ambasciatori, tutti i funzionari che sono nelle Ambasciate e nei
Consolati e che sono per noi e per me personalmente motivo di orgoglio,
quando, come sempre accade, tutte le più alte autorità ci esprimono
pubblici complimenti per il lavoro dei nostri diplomatici.
Certamente, vi sono molte
altre linee di azione su cui abbiamo lavorato e io personalmente, con
convinzione, mi sono impegnato. Mi riferisco a quella grande missione
della diplomazia italiana di concorrere ad una più forte ed incisiva
presenza del sistema delle imprese italiane nel mondo. Quello che, in
un gergo giornalistico, si è chiamato l'internazionalizzazione del Made
in Italy, che io, qualche volta ho reinterpretato dicendo:
"Forse è meglio parlare di Made
by Italy", perché noi vogliamo un radicamento del Sistema-Italia nelle realtà regionali e statali diverse. E
credo che i frutti di questo lavoro che deriva da una linea guida, a
cui la diplomazia italiana ha risposto con convinzione, sia un fiore
all'occhiello per il nostro lavoro comune. Per voi che state dimostrando
concretamente di sapere realizzare misure e azioni di riordino sul territorio,
per noi, qui al centro, che siamo riusciti dopo, direi, lunghi anni,
forse decenni di rivendicazioni incrociate di competenze tra ministeri,
a far sedere intorno allo stesso tavolo tutti gli interlocutori istituzionali,
Ministero degli Esteri, Attività produttive, ICE, che hanno delle competenze,
delle attribuzioni e convincere tutti ad accettare un'idea guida, l'idea
che si debba essere coordinati, perché altrimenti il Sistema-Italia
non si riesce ad aiutarlo nel migliore dei modi. E che questa idea del
coordinamento abbia come naturale sviluppo un principio di indirizzo
funzionale che spetta, ovviamente, ai nostri Ambasciatori. E' chiaro
che questo che a noi sembra un'ovvietà, come tutti voi perfettamente
sapete, è stato per lunghi anni oggetto di ostacoli, di difficoltà tali
da non permettere quello che pochissimi giorni fa abbiamo finalmente
definito. Un protocollo, un documento scritto, una convenzione con cui
l'intera rete degli Istituti per il commercio con l'Estero ed estenderemo
il discorso all'ENIT, quindi al grande settore del turismo, accettano
l'idea che l'indirizzo strategico sull'internazionalizzazione lo dia
il Ministero degli Esteri. Risultato di cui io personalmente, ovviamente
da Ministro degli Esteri, sono estremamente soddisfatto. Ma credo che
sia un risultato utile al Paese; utile a quella ottimizzazione delle
risorse nel sistema delle Amministrazioni pubbliche e anche un sistema
meglio rispondente alla tutela di quell'interesse nazionale che noi
facciamo valere attraverso la missione tradizionale della diplomazia
politica; quella missione con cui i vostri compiti si sono integrati
e arricchiti, una diplomazia economica che vuol dire promuovere il Sistema-Italia. E con quella grande missione strategica di
promuovere la cultura italiana nel mondo. E' questo il terzo pilastro
della nostra azione, che si affianca alle altre che ho rapidamente elencato,
ma che non è meno importante. L'Italia ha un biglietto da visita nella
cultura e nell'arte che pochissimi Paesi al mondo possono vantare, forse
nessuno. Ne dobbiamo non solo essere logicamente orgogliosi, ma dobbiamo
anche valorizzare quella capacità e quella storia che tutti ci riconoscono.
Quando ci chiedono di essere lì appena le armi tacciono in Irak
a salvare il patrimonio inestimabile della storia e dell'archeologia
irachena, hanno chiesto ovviamente all'Italia. Quando si tratta di restaurare
gli straordinari palazzi di San Pietroburgo, beh, insomma, li hanno
fatti gli architetti italiani, è logico che sia l'Italia a entrare.
Quando ci chiedono i cinesi di occuparci della Città proibita, che per
loro è come forse per noi il Colosseo, beh, insomma, chiedono all'Italia, e così via. E'
chiaro che qui noi abbiamo, da un lato, la necessità che la rete degli
Istituti di cultura sia, come abbiamo fatto per quanto riguarda l'internazionalizzazione,
meglio coordinata, e un disegno di legge già in Parlamento provvede
a questo, ma abbiamo bisogno e, grazie al nuovo Direttore Generale queste
nuove linee che già avevamo definito prima, ora possono essere attuate
con l'approvazione di questo disegno di legge, ma ancor prima che questo
disegno entri in vigore, possano essere tradotte in delle decisioni.
Incentivare tutte le iniziative della rete degli Istituti di cultura
che possano rendere visibile quello che l'Italia fa come contributo,
direi, al progresso delle relazioni internazionali; in altri termini,
fare della cultura uno straordinario strumento che aiuta le strategie
di politica estera. Il dialogo tra le culture e le civiltà è stato il
motivo guida della Conferenza Euro-mediterranea che l'Italia ha presieduto a Napoli agli
inizi di dicembre. E che cos'è questo se non il riflesso di quell'azione
che, tramite la cultura italiana, noi riteniamo di poter portare nel
bacino del Mediterraneo. Questo è solo un piccolo esempio, ma, da addetti
ai lavori, cogliete subito il significato di queste mie parole.
E poi c'è un capitolo, forse
meno risonante all'esterno, ma altrettanto importante: il riordino e
la riorganizzazione dell'Amministrazione degli Affari Esteri. E qui
io credo che ci siano due aspetti. Uno, ovviamente, la consapevolezza
che io ho, che un'amministrazione con compiti così ambiziosi e con,
direi, competenze così vaste e articolate ha bisogno di un livello di
finanziamenti e di risorse superiore a quello di cui noi oggi disponiamo.
Ma è chiaro che, siccome io qui parlo con la sincerità che amo usare
nei rapporti sinceri e istituzionali, lo ripeto, sono consapevole, come
lo siete voi, che nessuno ha la bacchetta magica e costruisce un serbatoio
aggiuntivo di risorse dal nulla. E' chiaro che siamo impegnati a cercare
strumenti per ottimizzare, anzitutto, le risorse che esistono, perché
vi sono casi in cui il cattivo impiego delle risorse esistenti diminuisce
- e non di poco - le potenzialità dell'Amministrazione, al centro e
in periferia.
Credo che qui la parola
guida sia quella della semplificazione. Materia a cui sono non da ieri
affezionato, per funzioni anche precedenti e che certamente resterà
al centro della mia azione di impulso ad un riordino amministrativo
del Ministero degli Esteri. Abbiamo fatto qualche passo avanti, come
credo Voi vorrete riconoscere, verso la semplificazione, che resta il
nostro obiettivo dell'intero sistema di bilancio e quindi dei capitoli
che riguardano il centro e, direi, prima di tutto e soprattutto, le
periferie. Quell'obiettivo che il Presidente del Consiglio ha individuato;
un capitolo o due capitoli per ciascuna Ambasciata. Quell'obiettivo
che io non solo non dimentico, ma mi ritengo per mia convinzione, oltre
che per dovere istituzionale, vincolato istituzionalmente a realizzare.
E il fatto che si possa e si debba andare avanti sul terreno della semplificazione
è dimostrato dalla richiesta che abbiamo già avanzato nella legge annuale
di semplificazione. E la proposta è quella di partire dall'idea di una
codificazione dell'intero sistema di procedure amministrative e amministrativo-contabili,
che attraverso la codificazione semplifichi. Agli addetti ai lavori
giuristi, mi riferisco al sistema della codificazione innovativa, cioè
di quella codificazione che non è il tradizionale testo unico ricognitivo,
ma che è lo strumento attraverso la delega al Governo, da un lato per
riordinare, dall'altro lato soprattutto per delegificare
in parte e per modificare la legge in altra parte. Questa è l'idea guida
su cui stiamo lavorando a fondo e la Segreteria Generale ha avuto da me in proposito
un mandato preciso, una richiesta di portare a compimento uno schema
organico di semplificazione amministrativa e amministrativo-contabile.
Le
ultime riflessioni le dedico alla carriera diplomatica, cioè a Voi.
Credo che ci sia da un lato la necessità di consolidare la riforma e
di valutarne appieno il funzionamento, pensando poi, se occorrono, a
quei correttivi per far funzionare meglio la macchina e in particolare
la macchina organizzativa della carriera diplomatica.
Io
so bene che esistono alcune domande di rettifica, di aggiustamento,
di miglioramento. Io ho alcuni punti su cui credo che la vostra attenzione
ci sia già, ma la voglio attirare egualmente. Il primo punto riguarda
il ruolo dei giovani diplomatici. Non è un mio pallino fisso, è la necessità
da un lato di costruire, attraverso la formazione, attraverso l'aggiornamento
continuo, una classe diplomatica formata oggi da moltissimi giovani
per l'accumularsi di concorsi che hanno fatto entrare giovani di prim'ordine,
che negli ultimi due anni ho incontrato in occasione dell'avvio dei
corsi, e che però debbono in qualche modo essere aiutati a prefigurare
una prospettiva di sviluppo di carriera che abbia non solo l'anzianità
e l'età, ma il merito e la capacità come elementi di giudizio. Molti
di voi sanno che io sono favorevole a chiedere ad alcuni giovani funzionari
la disponibilità ad occupare come titolari missioni difficili, talvolta
delicate, ma certamente a stimolare anche un po' quel coraggio e quell'assunzione
di responsabilità che i diplomatici più giovani possono e debbono avere.
E poi, ovviamente, un riconoscimento per le capacità e per le esperienze
dei più anziani, che non possono, come purtroppo avveniva, dai ricordi
che alcuni di voi mi danno e mi portano, in un momento in cui io non
ero qui, una sorta di delegittimazione col tempo di persone accantonate,
che evidentemente accrescono col tempo la loro frustrazione, che invece,
io credo con il sistema degli obiettivi, degli incarichi speciali ad personam possono
trovare anche nelle ultime fasi della loro carriera delle ragioni di
soddisfazione personale. Ed è chiaro che a tutto questo corrispondono
anche delle riflessioni sulla possibilità di modifica che io non escludo,
ma io non ho delle ricette. Qui, ovviamente, desidero più ascoltare
che proporre. C'è qualche ipotesi che vedo già ora praticabile, intendo
dire modifiche al DPR 18. Ecco, un punto è quello che molti mi hanno
sollevato. Quello di consentire ai più giovani diplomatici una permanenza
all'estero all'inizio della carriera. Io credo che questo, che c'è già,
ovviamente, debba essere uno degli obiettivi per i diplomatici: formarsi
e rafforzarsi attraverso una permanenza all'estero; ed allora, io credo
che si possa immaginare una limitata proroga, io penso di un paio d'anni
o forse tre, quella della non propedeuticità del Corso di formazione
per la promozione a Consigliere di Legazione. E' un'idea che credo possa
aiutare ad una maggiore, da un lato, responsabilizzazione all'estero
dei funzionari più giovani, dall'altro possa, diciamo così, temperare
qualche effetto che alcuni hanno criticato di cospicue immissioni in
ruolo negli ultimi anni, con una sorta di… chiamiamo così, uso una brutta
espressione, con una sorta di imbuto, una sorta di strozzatura nel meccanismo
di promozioni che forse è uno degli aspetti su cui gli effetti applicativi
della riforma, che deve poter essere applicata prima di giudicarla,
potrà essere comunque valutata. Quindi, misure temporanee, misure transitorie,
perché io ritengo che una riforma importante, organica, non possa essere
giudicata nei primi due anni o nei primi tre anni. Ma, certamente, il
punto dell'imbuto è uno di quelli che anche in Parlamento, quando dai
banchi dell'opposizione mi occupai in Commissione Affari Costituzionali
di questa riforma, mi apparve uno di quelli più meritevoli di una riflessione,
diciamo così, per ora.
Ultimo tema: io sono convinto
che i diplomatici possano e debbano svolgere il loro servizio con energia,
con capacità, con quella dedizione al servizio che richiede un impiego
full time, come tutti voi conoscete. Ecco,
vi dico subito che in proposito io non sono favorevole all'idea che
qualcuno ha adombrato di un innalzamento dei limiti d'età fino a 70
anni. Non lo sono - contrario, dico - soltanto perché, come tutti voi
sapete, voi siete tra i diplomatici che vanno in pensione nell'età,
forse, tra le più avanzate rispetto agli altri Paesi europei. Non è
soltanto per questo. Ma io credo che un meccanismo che costruisce una
giusta base di larga immissione dei più giovani, un meccanismo di strozzatura
o di imbuto ai livelli medio-bassi della carriera e che poi prefigura
un innalzamento generalizzato, specialmente in corso d'opera, dei limiti
d'età, beh, insomma, vanifica nei giovani e nei funzionari di età media
ogni ragionevole prospettiva di sviluppo di carriera. Questo io lo dissi
in passato, ma lo dico anche adesso, è uno dei punti su cui più fortemente
io sono convinto che il meccanismo di progressione non debba essere
alterato, come qualche proposta parlamentare aveva in realtà pensato
di fare, ma si è, credo, ragionevolmente compreso che non era proprio
il caso. Concludo questo mio intervento dicendo che, come sempre è avvenuto,
io sono disponibile e lieto di un contributo e di uno scambio costruttivo
di idee con Voi. Lo sono con il Sindacato, lo sono con i funzionari
che per ragioni istituzionali si rivolgono a me. Lo sono perché oggettivamente
- io che provengo da un'Istituzione che ha, permettetemi, almeno quanto
la diplomazia, una grande storia e una grande tradizione - credo che
i corpi, le istituzioni che hanno storia e prestigio professionale debbano
essere rispettate. Il miglior modo per rispettarle è pensare di non
dover dare soltanto consigli, ma, nel mio caso, soprattutto di prenderne.
Vi ringrazio.
Replica all’on. Ministro
del Presidente dell’Assemblea
La ringraziamo, signor Ministro,
per la Sua
ampia ed articolata esposizione. Abbiamo apprezzato l'elenco, l'articolazione
delle cose che sono state fatte, buone, e delle cose che rimangono da
fare, molte. Di certo, per fare delle cose occorrono risorse; Lei stesso
ne faceva cenno. Ed è certo, anche, che la congiuntura nella quale il
Paese si trova, e non solo il nostro Paese, non rende agevole l'allocazione
di ulteriori risorse alla Farnesina. Tuttavia, devo dire che, anche lì facendo appello
alla mia memoria di passato sindacalista, ricordo che, quando, negli
anni '80 si andava con le autorità di Governo - ricordo ancora a Piazza
Santa Maria in Lucina, lì dall'allora Ministro degli Esteri - si recava
questo dato che a noi appariva impressionante, che la quota del bilancio
dello Stato allocata agli Esteri era dello 0,50%, ricordando che era
stata, pochi lustri addietro, dello 0,80-0,90%, noi sappiamo oggi di
essere scesi al di sotto dello 0,30%, mi pare che siamo sullo 0,27-0,28%,
certo, questi sono dati allarmanti. In una situazione di magra, tutto
ciò che inerisce all'utilizzazione ottimale delle risorse è naturalmente
uno strumento di attenuazione del danno di non averne, di risorse. Io
credo che l'importante è ottenere l'obiettivo di, quanto meno graduale,
recupero di una quota di bilancio al servizio estero del Paese che sia
meno lontano dai valori di riferimento praticati nei Paesi a noi prossimi
e ai quali siamo legati da vincoli europei.
Nel suo ampio intervento,
on. Ministro, Lei ha anche menzionato tutto ciò che può esser fatto,
gli accenni che Lei ha fatto a rendere a un tempo compatibile l'utilizzazione
degli anziani, per così dire, e l'incentivo ai giovani, che è davvero
un obiettivo che tutta la nostra categoria avverte come prioritario.
E di tutto ciò che potrà essere fatto, io sono certo che il Sindacato
Le sarà grato.
Ha introdotto, alla fine
del Suo intervento, un tema di attualità, delicato, che fa oggetto di
attenzione e approfondimenti in varie sedi, e quindi credo che il suo
accenno sarà sicuramente foriero di approfondimenti anche nel dibattito
che interverrà in questa stessa sede più tardi.
La ringrazio ancora e credo
di poter dire lo stesso a nome di tutti i compartecipi di questa Assemblea,
per essere stato con noi e di averci detto tante cose interessanti e
di attualità.
Grazie, on. Ministro.
Il Presidente dell’Assemblea, dopo aver salutato l’on. Ministro che si
è congedato dall’Assemblea, dà la parola al Presidente uscente, Cons.
Enrico De Agostini.
Relazione del Presidente uscente,
Cons. Enrico De Agostini
Grazie, Presidente. In realtà,
più che del Presidente uscente, del Presidente uscito, visto che sono
in Mozambico da ormai due mesi. Sono però tornato molto volentieri.
Beh, io devo dire, comincio
con il ringraziare l’On. Ministro per essere stato qui, fino a un minuto
fa. Si tratta di un record di presenze da parte di un Ministro all'Assemblea
del SNDMAE, abbiamo due anni consecutivi, evidentemente l'anno scorso
quando gli abbiamo consegnato una foto compromettente che lo ritraeva
a una nostra manifestazione con una maglietta del SNDMAE, non siamo
riusciti a spaventarlo.
Vorrei anche ringraziare
il Sen. Danieli, l'on. Sereni, l'on. Pistelli
che ci sono stati ad ascoltare in questo ultimo anno e che hanno partecipato
anche attivamente alle nostre manifestazioni e alle nostre rivendicazioni.
In effetti, sia il Ministro sia le Commissioni Esteri di Senato e Camera
ci hanno dimostrato a più riprese il loro sincero interesse al buon
andamento della macchina del MAE e hanno dimostrato anche di comprendere
che il nostro è un sindacato un po' peculiare - come diceva giustamente
l'Ambasciatore Pucci - che pur essendo sempre più controparte dell’Amministrazione,
ha tutto da guadagnare dal buon funzionamento del Ministero, perché
l’efficienza e l’efficacia della struttura che dirigiamo significano
per noi molto di più della nostra soddisfazione personale e del nostro
prestigio. Esse si riflettono sulla nostra vita quotidiana.
E’ questa un po’ la sostanza
di quello che il SNDMAE ha fatto nell’ultimo anno.
Ci ho tenuto ad essere
presente oggi e sono tornato appositamente dal Mozambico per testimoniare
che l’impegno del Consiglio uscente non è stato né vano né privo di risultati.
Credo che negli annali
del sindacato l’anno che si conclude idealmente oggi sarà ricordato
soprattutto per le manifestazioni del Primo luglio e del 18 settembre.
Sono state manifestazioni
che hanno segnato il nostro modo di essere percepiti all’esterno del
Ministero, che hanno iniziato un processo di creazione di un rapporto
più aperto tra noi, l’Opinione
Pubblica, i media e gli esponenti parlamentari che si interessano di
politica estera.
L’iniziativa nacque
dalla nostra indignazione per la posizione intransigente del Ministero
dell’Economia circa le giuste richieste di finanziamento che partivano
dalla Farnesina. Eravamo alla vigilia del Semestre di Presidenza
e della prima sperimentazione del Voto degli Italiani all’estero, eppure
Via XX Settembre si rifiutava persino di discutere con noi dei fondi
da destinare a queste attività eccezionali.
Ora, è ovvio che se
nessuno sa cosa fa la
Farnesina, quali sono le sue necessità di
funzionamento e i suoi problemi, il Tesoro avrà sempre buon gioco a
mantenere un atteggiamento di chiusura. E, magari, ai tagli indiscriminati
sarà anche facile per qualcuno senza scrupoli far seguire il solito
articoletto sui fantomatici stipendi da nababbo dei diplomatici.
E allora o si chinava
il capo di fronte a questa logica ottusa, quanto perversa, oppure si
giocava di contropiede, attirando l’attenzione su di noi e cercando
di spiegare come stanno veramente le cose. Ecco che è nata l’idea delle
due manifestazioni ad effetto mediatico.
Il primo luglio è stato
un successone. In sostanza, la tesi che siamo andati a dimostrare è
sintetizzabile in questi termini: se le risorse destinate alla politica
estera del Paese si sono praticamente dimezzate in quindici anni, a
fronte di un obiettivo aumento dei compiti della Farnesina,
o si aumentano di nuovo le risorse, oppure si devono fornire delle priorità
chiare e precise, che consentano di concentrare i pochi fondi a disposizione
su pochi e selezionati obiettivi.
Lo slogan “Non si può
fare la politica estera della Germania con le risorse del Belgio” mi
pare riassumesse bene questo concetto. E lo slogan passò. Per la prima
volta, la gente comune si rese conto di quello che facciamo e anche dei nostri problemi, attraverso la televisione
e gli organi di stampa (andammo sui principali telegiornali nazionali
e furono scritte decine di articoli, sulle testate più prestigiose della
stampa italiana).
Era il primo passo.
Quello successivo fu compiuto subito dopo, attraverso un’opera intensa
di spiegazione più dettagliata e circostanziata ai nostri interlocutori
politici di quali fossero le nostre difficoltà e le nostre aspirazioni.
Siccome non ci limitammo
a piangere miseria, ma proponemmo soluzioni concrete, loro ci sono stati
a sentire.
Ci tenevamo a dimostrare,
ad esempio, che un’opera di semplificazione delle procedure amministrativo
– contabili avrebbe determinato risparmi rilevanti, soprattutto in termini
di personale che avrebbe potuto essere impiegato in maniera più proficua.
La seconda manifestazione,
del 18 settembre davanti al Ministero dell’Economia e poi il dibattito
che seguì al Cinema Capranica, fu un altro
momento importante, perchè, a parte il successo mediatico di partecipazione,
fu messo in moto un movimento per incrementare le risorse a nostra disposizione
e per la semplificazione amministrativo-contabile che abbraccia tutto
l’arco costituzionale.
Cito due momenti topici
di questo movimento: la Commissione Esteri della Camera propone in luglio
un Ordine del Giorno per l’unificazione dei bilanci delle sedi estere,
e, in dicembre, la
Commissione Esteri del Senato presenta un emendamento
alla Finanziaria che propone il passaggio dai quasi 500 capitoli del
bilancio del MAE a solo una quarantina. E questi provvedimenti passano
nelle rispettive Commissioni all’unanimità.
Non mi sembra un risultato
politico da sottovalutare, specie in questo momento politico, e ne emerge
un mandato chiaro alle amministrazioni di Tesoro e Esteri: la semplificazione
non può essere procrastinata oltre. (ho visto, detto per inciso, un
messaggio della Segreteria Generale del 16 marzo, che menzionava una
recente riunione sulla Legge annuale di semplificazione nella quale
si vorrebbe includere un “codice di contabilità degli uffici all’estero”,
inserendovi anche alcune disposizioni miranti a razionalizzare taluni
passaggi del DPR 18. Ne deduco che il processo messo in moto dal SNDMAE
stia andando avanti, ma mi piacerebbe, come socio, saperne di più. Forse
c’è qualcuno in sala che ha partecipato a quella riunione che ci può
illustrare cosa sta concretamente succedendo?
Al di là, credo, dei
contenuti specifici, le due manifestazioni del primo luglio e del 18
settembre hanno dimostrato un’altra cosa. E cioè quanto sia importante
la nostra visibilità all’esterno. L’ho detto prima: il grande pubblico
non sa chi siamo e che cosa facciamo, e finché non ne avrà un’idea chiara
ed esatta le nostre rivendicazioni saranno deboli. Oggi più che mai
è importante uscire all’esterno, partecipare a conferenze, tavole rotonde,
e quant’altro; pubblicare articoli senza l’incomprensibile – e, scusatemi,
ipocrita – pudore di un tempo.
E’ anche importante
che aumentino gli sbocchi dei diplomatici presso organizzazioni internazionali,
enti locali, centri di studio e perfino grandi imprese a vocazione internazionale.
La proiezione esterna della diplomazia non può in altre parole essere
solo geografica, se vogliamo continuare a giocare un ruolo di primo
piano nelle relazioni esterne del Paese.
Altri risultati concreti
della nostra azione li abbiamo avuti in finanziaria: la costituzione
di un fondo di flessibilità nelle sedi all’estero e la maggiore facilità
di prelevamento di fondi dal CCVT sono
anch’essi due piccoli passi nella giusta direzione. Purtroppo,
in fase di applicazione, la nostra DGAA si è subito affrettata a mettere
alcuni paletti con un messaggio di qualche giorno fa.
Quindi non possiamo
certo riposare sugli allori, ma dobbiamo continuare nella nostra opera
di controllo e di stimolo.
Ma come amministratori
dobbiamo dimostrare che sappiamo ben gestire le risorse di cui disponiamo
se vogliamo ottenerne di più. Ricordo che più d’uno degli interlocutori
politici che ero andato a trovare durante la campagna sulle risorse
mi rispose così: “Finchè la Farnesina
continuerà a mandare autisti di ruolo a Pechino, che non conoscono le
strade e guadagnano migliaia di dollari al mese, come si fa a chiedere
al Tesoro di aumentare le risorse sul relativo capitolo?” Cosa dire?
Aveva ragione. E’ giusto chiedere più risorse, ma è anche giusto fare
un po’ d’ordine in casa nostra. Ad esempio, la proporzione tra personale
a contratto e personale di ruolo svolgente mansioni meramente esecutive
nelle sedi estere non è comparabile a quella di nessun altro Paese occidentale.
Di media i nostri partners mandano dalle loro capitali poco più di un terzo
del personale, compresi i diplomatici, e assumono due terzi in
loco. Noi facciamo il contrario e questo non è né giusto né sbagliato,
ma, semplicemente non è sostenibile economicamente.
I famigerati corsi
di riqualificazione professionale degli anni scorsi hanno significato
un enorme aumento dei costi del personale inviato all’estero. Siccome
il capitolo di bilancio su cui vengono pagate le indennità del personale
di ruolo è lo stesso utilizzato per pagare le indennità dei diplomatici,
questo aumento di costi si ripercuote sulla possibilità dell’Amministrazione
di inviare, appunto, diplomatici, e quindi, di potenziare sedi importanti,
di puntare sulla qualità.
Ma la qualità non è
un’opzione. È una necessità. Un Ministero degli Esteri che non fosse
all’avanguardia dell’amministrazione statale proietterebbe un’immagine
arretrata del Paese. Non possiamo permettere che la logica vetero-sindacalista
degli “autisti” a Pechino continui a costituire una palla al piede per
la Farnesina.
Bisogna affrontare
il problema seriamente e, se necessario, a muso duro, nell’interesse
di tutte le categorie del Ministero.
Ovviamente, bisogna
anche motivare meglio il personale di tutte le categorie, premiando
quelli che lavorano meglio e lasciando a casa quelli che non dimostrano
altrettanto impegno.
Dobbiamo, insomma reintrodurre
degli strumenti di gestione del personale degni di questo nome.
Attualmente, infatti,
la nostra struttura è caratterizzata da due coesistenti sistemi o regimi
di gestione del personale. Abbiamo da un lato una categoria di dipendenti
–il personale delle AAFF - le cui prestazioni sono completamente prive
di qualsiasi forma di valutazione e che quindi è praticamente impossibile
incentivare o punire. Sono al di là del bene e del male.
Dall’altro ci siamo
noi, i diplomatici, che, pur non disponendo di alcun vero strumento
di controllo e gestione delle risorse umane e finanziarie, siamo chiamati
a rispondere dei risultati prodotti dal complesso della macchina.
Questa, signor Ministro
e cari colleghi, è un’altra chiave di lettura dell’azione del SNDMAE
negli ultimi due anni: il recupero degli strumenti di gestione del Ministero
degli Affari Esteri, da troppo tempo ormai in balia delle grandi centrali sindacali!
L’alternativa è la
demotivazione non solo di chi dovrebbe gestire, ma direi, di tutti i
dipendenti che lavorano bene e secondo coscienza.
A proposito di demotivazione,
non facemmo in tempo a riunirci per le prime formalità, che già dovemmo
affrontare un argomento che con
la motivazione dei diplomatici ha molto a che vedere: la cosiddetta
“Questione dei settant’anni”.
Francamente, quando
fui informato per la prima volta
che c’era allo studio un provvedimento di elevazione dell’età pensionabile,
la mia prima reazione fu del tutto neutrale. Se qualcuno se la sente
ancora di lavorare a quell’età, perché no. Abbiamo esempi illustri di
persone che sono state molto attive anche in età più avanzata. Poi con
gli altri membri del Consiglio ci siamo fatti un paio di calcoli, su
cosa avrebbe comportato l’adozione di un simile provvedimento su tutta
la carriera. Ebbene, sarebbe stato un disastro. Praticamente, ci saremmo
scordati le promozioni per chissà quanti anni.
Sfido io che il 90
per cento dei colleghi era ed è contrario ad un simile provvedimento!
Il Consiglio uscente
non ebbe dubbi nell’affrontare con decisione questa delicata questione.
Avemmo dalla nostra parte lo stesso Ministro, la cui netta presa di
posizione contraria al paventato provvedimento fu sinceramente apprezzata
da tutti noi.
Ancora una volta, si
tratta di affrontare le questioni in modo organico e sistematico, per
non creare danni seri alla struttura.
Lo scorrimento di carriera
deve essere uno strumento per l’Amministrazione di incentivare i propri
funzionari a lavorare bene, a migliorare le proprie prestazioni. Se
questo meccanismo si inceppa e le aspettative di chi ha effettivamente
fornito delle ottime prestazioni vengono deluse perchè semplicemente
non ci sono abbastanza posti nell’organico del grado superiore, si genera
esattamente il risultato contrario a quello che si desidera raggiungere.
Guardate, in due anni
da presidente del SNDMAE ho fatto da confessore a un sacco di colleghi.
E ne ho sentite di storie di funzionari bravi, ma frustrati, che per
motivi anche futili, erano o totalmente demotivati o così concentrati
sulla propria promozione da perdere di vista tutto il resto. Il tutto
genera un cocktail perverso di autoreferenzialità
demotivazione, frustrazione che non giova a nessuno.
Bisogna, quindi,
sdrammatizzare la competizione che troppo spesso ci divide e
non ci fa lavorare con serenità!
Si deve avere il coraggio
di adottare provvedimenti strutturali, quali, ad esempio, l’eliminazione
dei gradi superflui di Consigliere di Legazione e d’Ambasciata. L’attuale
distinzione serve solo a creare un collo di bottiglia in più e spesso
determina la sotto utilizzazione di
bravi funzionari, che hanno oltre dieci anni di esperienza, e
ancora tanta energia da spendere, ma semplicemente non possono ricoprire
incarichi di una certa responsabilità perché a quaranta e passa anni...non
hanno l’età.
Un’altra cosa secondo
me intelligente da fare è rendere meno
vincolante il legame tra grado e funzione. Questo sposterebbe la competizione
sui compiti da svolgere, sdrammatizzando il momento della promozione,
e consentendo all’Amministrazione di selezionare la persona giusta per
ogni incarico, con a disposizione un numero molto più ampio di funzionari.
Tornando alla disciplina
in vigore attualmente, essa poggia su un sistema di valutazioni palesemente
inadeguato, che non produce risultati condivisibili.
Possiamo anche essere
d’accordo sull’analisi di fondo, secondo la quale ci sono un ottanta
per cento di mediamente bravi, un dieci per cento di bravissimi e un
dieci per cento di piu’ scarsi.
Ma quello che non possiamo
accettare è che quelli tra noi
che non hanno particolari meriti genetici si possano conquistare l’eccellenza
solo sgomitando in vario modo. Forse pecco d’ingenuità, ma credo che
la forza di una struttura come la nostra
risieda non già nella competizione sfrenata al posto in bollettino,
che genera spinte verso divisioni interne, ma piuttosto in meccanismi
che assicurino l’unità al suo interno e la serenità di lavoro.
Ecco perché il sistema di valutazione deve essere condiviso
da valutati e valutatori e deve almeno garantire
la fine delle grossolane distorsioni che sono oggi all’ordine del giorno.
Con Silvio Mignano abbiamo lavorato ad un progetto di nuovo decreto che
sostituisca il DPR 373/2000. I risultati cui siamo giunti sono da mesi
sul sito del SNDMAE.
In sintesi, proponiamo
primo luogo, l’abolizione di qualsiasi tetto percentuale, perché
se è vero che non tutti possono
raggiungere l’eccellenza, è comunque sbagliato e fortemente demotivante
precludere a priori a un certo numero di funzionari la possibilità di
avere una valutazione alta. In secondo luogo, vedremmo bene un maggior
coinvolgimento del valutato nel procedimento di valutazione nel corso
dell’anno e, infine, desideriamo una maggiore trasparenza, con l’accesso
alla documentazione – e un accento sulla motivazione delle decisioni,
eventualmente anche discordanti, del superiore gerarchico, del Direttore
Generale e del Consiglio di Amministrazione.
Pur dopo numerosi incontri
con l’Amministrazione, siamo
ancora in attesa di risultati concreti. Forse il Direttore Generale
del Personale ci può dire a che punto siamo.
Un altro aspetto che
il sindacato ha seguito con attenzione nel corso degli ultimi anni è
la formazione professionale. Abbiamo bisogno di migliorare e intensificare
la formazione dei diplomatici (e, aggiungerei, delle Aree Funzionali)
a tutti i livelli. Certo, vi sono stati dei passi avanti, almeno per
quanto riguarda i giovani appena entrati, ma occorre proseguire su questa
strada, affinché la preparazione accademica,
che è solitamente molto alta, venga poi accompagnata da una presa
di contatto con la realtà culturale, economica, amministrativa e manageriale
del nostro Paese.
Ma è soprattutto ai
livelli successivi che occorre intervenire. Bisogna rendere più efficace
e continuativo il corso per Consiglieri di Legazione, si devono intensificare
i corsi di pre-posting (non solo per giovanissimi!)
e di perfezionamento nei vari settori che si evolvono nel tempo.
In sostanza, si deve
arrivare a comprendere due cose fondamentali: che la formazione è un
diritto-dovere di un buon funzionario, e non una mera facoltà generosamente
concessa quando non disturba troppo il lavoro quotidiano, e che la spesa
nella formazione – in termini finanziari e in termini di ore di presenza
dei funzionari sottratte agli uffici – è un investimento pesante per
un servizio di maggiore qualità. Questo, nonostante le affermazioni
di principio, è un concetto molto lungi dall’essere assorbito dal nostro
ambiente.
Concludo questa mia
relazione e idealmente concludo anche due anni di attività a tempo pieno
a servizio del SNDMAE con un augurio al Consiglio entrante di ottenere
ancora maggiori risultati di quello uscente, nell’interesse di tutti
noi.
Il suo compito non
è affatto facile.
C’è alle porte il negoziato
per il rinnovo degli aspetti retributivi e giuridici del nostro Accordo
di lavoro, la questione delle risorse non è risolta, la semplificazione
amministrativa è lungi dall’essere completata e i diplomatici, a tutti
i livelli della carriera, hanno bisogno di recuperare serenità nel lavoro
quotidiano. Purtroppo, il clima delle relazioni sindacali al nostro
interno non è affatto dei migliori, grazie ad anacronistiche prese di
posizione di alcuni sindacati, che nei loro grotteschi volantini ci
accusano addirittura di voler rubare loro il lavoro. Forse possiamo
chiedere al direttore dell’Istituto Diplomatico se è possibile organizzare
qualche corso di dequalificazione professionale.
Sarei il primo ad iscriversi.
Per fortuna, grazie
alla lungimiranza di chi mi ha preceduto, il Consiglio entrante, come
quello uscente, potrà contare sulla affiliazione del SNDMAE alla Federdirigenti
FP e alla CIDA. Guardate, il nostro è un sindacato che è sempre stato
giustamente geloso della propria autonomia e indipendenza, ma oggi non
si può essere isolati. Quando il Governo incontra le Parti Sociali,
il SNDMAE non è invitato a Palazzo Chigi,
ma da un paio d’anni, partecipa attraverso la
CIDA. E la
CIDA, che rappresenta gli interessi dei dirigenti italiani
pubblici e privati conosce bene anche i nostri problemi, che sono spesso
straordinariamente simili a quelli degli altri dirigenti pubblici e
privati.
L’augurio che faccio
a tutti noi soci del SNDMAE è di continuare ad avere un sindacato presente
e attivo, che non si limiti a giocare di rimessa rispetto ai provvedimenti
dell’Amministrazione o, peggio, ne costituisca solo la “cinghia di trasmissione”.
L’atteggiamento deve continuare ad essere costruttivo, ovviamente.
Ma costruttivo non significa arrendevole. Nel processo dialettico, per
arrivare alla sintesi, c’è bisogno di una tesi, ma anche di un’antitesi.
Se quest’ultima mancasse, tanto varrebbe non avere un sindacato..
Devo confessarlo, sono
stato personalmente deluso dal fatto che nessuno abbia dato la propria
disponibilità a svolgere il proprio incarico sindacale a tempo pieno.
In due anni al vostro servizio, mi sono reso conto di quanto siano complesse
le tematiche da affrontare e di quanto sia necessario farlo senza condizionamenti
dovuti a limiti di tempo ed energie fisiche.
I tempi del sindacalismo
amatoriale sono ahimè finiti.
Comunque, da parte
mia, sono sempre pronto a dare una
mano, anche da lontano, se ce ne sarà bisogno.
Continuate a contare
su di me.
Grazie.
Dopo aver ringraziato il Presidente uscente per il suo intervento, il
Presidente dell’Assemblea dà la parola al Presidente del SNDMAE, Min.
Piccirilli.
Relazione Programmatica del
Presidente
Min. Plen.
Giulio Cesare Piccirilli
Grazie, Ambasciatore.
Vorrei iniziare con un aspetto
protocollare, menzionando e salutando gli ospiti che hanno aderito al
nostro invito di assistere a questa Assemblea. Lo farò - e spero non
ci siano latino-americani in sala - attraverso un'elencazione magari
pedissequa che poi, alla fine, prenderà buona parte del mio intervento;
scherzi a parte, sono gratissimo, l'ho già espresso all'on. Ministro,
della Sua presenza che abbiamo molto apprezzato, ma voglio rivolgere
un saluto altrettanto caloroso ai Parlamentari qui presenti, il sen.
Danieli, l'on. Pistelli, l'on. Sereni, così come, accanto a loro, al prof.
Rembado, Presidente della CIDA, e al prof.
Zucaro, Presidente della Federdirigenti
FP. Un saluto va anche a quei sindacati che hanno deciso di partecipare
e alle Donne diplomatiche italiane. Un saluto va anche, ovviamente,
ai rappresentanti dell'Amministrazione, ai Direttori Generali, ai vice
Direttori Generali, al Direttore dell'Istituto diplomatico e un saluto
rivolgerei anche al nuovo Consiglio, schierato da questa parte del tavolo
e a tutti noi. Se ho dimenticato qualcuno, magari potrà sollevare la
mano, in modo da poterne fare menzione. Vorrei anche leggere la lettera
che ci ha mandato il Presidente della Commissione Esteri della Camera
dei Deputati, on. Selva. (legge)
Si scusa anche per non aver
potuto partecipare il presidente dell'associazione sindacale dei funzionari
prefettizi, la dott.ssa Palumbo. Penso di
aver terminato.
Man mano che l'on. Ministro
ed Enrico De Agostini andavano avanti con
i loro interventi, mi rendevo conto che si andava restringendo lo spazio
del mio intervento, perché essi affrontavano in modo, direi, esaustivo
molti dei punti che mi ero ripromesso di trattare. Cercherò - anche
per non abusare della vostra pazienza - di ridurre il mio intervento
ad alcuni elementi essenziali, per non ripetere cose e concetti che
abbiamo già avuto modo di ascoltare.
Rivolgo un saluto e un ringraziamento,
naturalmente, al Presidente uscente per quanto ha fatto per il Sindacato
negli ultimi due anni, per la lucida esposizione non priva, e del resto
non ne dubitavo, di accenni non polemici, ma giustamente critici, trattandosi
pur sempre di un sindacato.
Ho ritenuto dell'intervento
del Ministero, e vorrei iniziare di qui, i suoi riferimenti all'esigenza
di sottolineare, di rafforzare, di rilanciare il ruolo dell'Italia nel
mondo, con particolare riguardo, anche, ai campi economico, a quello
commerciale e a quello culturale. Mi ha colpito, ma sono concetti che
egli aveva già espresso, anche il riconoscimento al valore della carriera
diplomatica e alle occasioni nelle quali questo riconoscimento gli viene
manifestato dai suoi colleghi. Anche di questa menzione gli siamo grati.
Ho ascoltato con ovvio favore
anche la sua menzione dell'esigenza di difendere il ruolo di guida e
di indirizzo del Ministero nel campo economico e commerciale, il suo
riferimento a un non soddisfacente utilizzo delle risorse, che diminuisce
le capacità di intervento dell'Amministrazione in presenza di risorse
finanziarie contenute; il suo riferimento al consolidamento della riforma
e quello ancora più importante al ruolo, al significato che, nella riforma
e all'interno dell'amministrazione del suo lavoro quotidiano, devono
avere tanto i funzionari giovani quanto quelli meno giovani.
A gennaio di quest'anno,
di fronte a quella che sembrava una crisi vocazionale per quanto concerneva
le candidature alle cariche sindacali, ci venne rivolto un invito a
candidarci per far sì che il Sindacato potesse continuare nel ruolo
di guida, di stimolo, di pungolo all'Amministrazione. Invito che accogliemmo
in tanti; invito che si è tradotto in un risultato particolarmente lusinghiero,
sia in termini numerici che qualitativi. E' un fatto che il nuovo Consiglio
è espressione di tutte le fasce ed anime della carriera. E, quel che
più conta, si accinge a operare con una piattaforma elettorale ampiamente
condivisa, nella quale tutte le materie hanno trovato un'adeguata collocazione,
ivi inclusa la vexata quaestio dell'eventuale prolungamento dell'età pensionabile a 70
anni, che, nei manifesti elettorali, viene affrontata da tutti, indistintamente,
con maturità, in modo non dogmatico o acritico.
E' inutile dire che concordo
pienamente sul fatto che le cose da fare sono tante, sono difficili
e sul fatto, ancora più importante, che per farle c'è bisogno, innanzitutto,
di risorse umane e finanziarie. Questo aspetto l'abbiamo posto, come
nuovo Consiglio, in cima all'elenco delle nostre rivendicazioni e priorità,
e ricordo, come del resto ha già fatto Enrico De Agostini,
che lo scorso anno ci furono manifestazioni di protesta per sottolineare
questo aspetto, per sensibilizzare tutte le istanze preposte a questa
materia.
Noi vediamo il Ministero
come un - come diceva già l'Ambasciatore Pucci - come un unum nel quale ciascuna categoria deve trovare la collocazione più
consona al buon andamento della struttura. La carriera diplomatica -
sarà uno dei pochi accenni di corporativismo che ascolterete dalla mia
voce oggi - rivendica con orgoglio, ma senza arroganza, la propria primazia,
ma lo fa nel rispetto dei ruoli a ciascuno affidati dalla Legge.
All'interno della struttura,
essa chiede - per citare soltanto alcuni esempi, e ripeto, tanti sono
già stati citati - che l'Amministrazione sappia offrire a ciascuno la
possibilità di affermare la propria personalità e professionalità; che
tanto i più giovani quanto i meno giovani ricevano le adeguate motivazioni
e gli sbocchi professionali che essi dimostrino di meritare; che le
valutazioni rispondano pertanto a criteri di assoluta imparzialità;
che le nomine premino i migliori; che la formazione sia il filo conduttore
dell'esigenza di tenerci al passo dei tempi, di vivere nella società
che ci circonda, di competere ad armi pari con i nostri principali partners.
E' una elencazione volutamente
concisa; essa omette altre problematiche che certamente, peraltro, formeranno
oggetto di dibattito durante il prosieguo dei nostri lavori. Parleremo,
ovviamente, di snellimento di procedure amministrative, di pari opportunità,
di politica delle coppie, di procedure informatiche. Parleremo dell'esigenza,
come diceva l'on. Ministro, di riaffermare anche il ruolo culturale
dell'Italia sul piano internazionale.
Dicevo, sul piano interno,
queste sono, in un'elencazione molto sintetica, le rivendicazioni e
il piano operativo dell'attuale Consiglio, che, peraltro, come abbiamo
segnalato anche in quella che, forse impropriamente, definisco campagna
elettorale, si muove in una linea di ovvia sintonia con il Consiglio
precedente; ovvia, perché nel nuovo Consiglio vi sono molti membri che
facevano parte di quello anteriore, e perché, lungo lo scorso anno,
abbiamo condiviso pienamente le tematiche e il modo con cui esse dovevano
essere affrontate.
Per quanto concerne, invece,
il piano esterno, io direi che, certamente, non ci spaventa il confronto
con gli altri attori di politica estera; ne chiediamo la collaborazione,
siamo disposti ad offrirla, come nel caso, anch'esso del resto citato
dal Ministro, del tavolo con il MAP, degli sportelli unici. Poniamo
certo la condizione che vengano salvaguardate le prerogative e le competenze
del nostro Ministero.
Avrete notato che il programma
sintetico del nuovo Consiglio contiene in buona misura rivendicazioni
di carattere generale, molto poco corporative, che attengono soprattutto
alla qualità del servizio, al nostro desiderio di vedere riaffermata
la centralità del Ministero degli Esteri e della carriera diplomatica
nella politica estera. Certo, in quello che potrei definire un rigurgito
di corporativismo, non tralasciamo aspetti che ci toccano anche nel
personale, per così dire, e mi riferisco agli aspetti retributivi, non
tanto per quanto concerne gli assegni all'estero, che peraltro meritano
una riflessione, ma soprattutto per quanto concerne il rinnovo - e qui
abbiamo due ospiti che ben conoscono la complessità di questo problema
- dell'accordo in materia di trattamento economico e stato giuridico
della carriera diplomatica per il biennio 2004-2005. E' un negoziato
che si presenta difficile, che dovremo affrontare, mi pare di capire,
quando ci saranno maggiori risorse finanziarie, sperando che la Finanziaria le contempli.
Concludo con una riflessione
che si ricollega a quanto diceva Enrico De Agostini
a conclusione del suo intervento. Siamo stati spesso sospettati, a torto
o a ragione, di essere un sindacato, come si diceva una volta, giallo,
perché appunto sospettato di appiattirsi sulle posizioni dell'Amministrazione.
Io penso che andremo giudicati nei fatti. Non ho difficoltà a sostenere
e ad affermare che, e non ho motivo di dubitarne, se le parole del Ministro,
per quanto attengono ai programmi, e per quanto vorrà dirci il Direttore
Generale del Personale circa i programmi dell'Amministrazione, avranno
modo di tradursi in risultati concreti, come noi tutti auspichiamo,
questo Sindacato, a costo di meritarsi l'accusa di sindacato giallo,
sarà ben lieto di esserlo, perché vorrà dire che avrà ricevuto risposte
chiare, precise ed efficaci alle proprie istanze e alle proprie richieste;
con altrettanta franchezza, ma non c'è nemmeno bisogno di dirlo, cercheremo,
laddove ciò non avvenga, di farci valere in tutte le sedi competenti,
potendo contare sul supporto dei Soci, che è stato, anche quest'anno,
massiccio; in termini di voti praticamente si sono recati alle urne
o hanno votato in vario modo tutti coloro, nello stesso numero di quanti
avevano votato lo scorso anno. Questo vuol dire che c'è un sostegno
pieno e convinto della linea sindacale, che cercheremo di interpretare
al meglio e di portare avanti in questo mandato non facile che ci attende.
Saluto nuovamente in particolare
gli ospiti esterni, li ringrazio della loro presenza. Rivolgo un altrettanto
caloroso saluto e una richiesta di incitamento anche alla figura del
Presidente da parte del Consiglio, perché certamente ci sarà bisogno
di un sostegno convinto di tutti noi per poter efficacemente operare.
Vi ringrazio della vostra
attenzione.
Il Presidente dell’Assemblea ringrazia il Presidente del SNDMAE e dà la
parola al Direttore Generale del Personale, Min. Vittorio Surdo.
Intervento del Direttore Generale
del Personale,
Min. Plen.
Vittorio Surdo
Grazie, presidente. Grazie,
Paolo.
Dopo tanti anni trascorsi
dall'altra parte della scena, è con sentimenti misti che partecipo oggi
all'Assemblea del SNDMAE nella qualità di Direttore Generale del personale.
Il senso critico, che è un ingrediente fondamentale del mio carattere,
mi porterebbe a sentirmi più a mio agio dall'altra parte per giudicare
e stimolare, ma mi gratifica anche molto l'idea di essere divenuto attore
istituzionale di processi che toccano un mestiere al quale sono profondamente
attaccato.
Nei due mesi trascorsi da
quando ho assunto il mio incarico, ho avuto modo di rendermi conto dei
termini generali della situazione e sviluppare alcune idee su come farvi
fronte. Vorrei quindi illustrarvi l'azione che l'Amministrazione intende
svolgere e indicarvi brevemente gli obbiettivi che ci prefiggiamo di
perseguire nella gestione del personale.
L'On. Ministro, nel ricordare
la delicata situazione internazionale sia politica che economica, ha
chiaramente delineato le complesse sfide alle quali siamo confrontati,
evidenziando, nel tempo stesso, il ruolo cruciale che l'Amministrazione
degli Esteri può svolgere nella loro gestione. Sfide, dunque, perché
siamo chiamati ad un impegno sempre più vasto, in una gamma accresciuta
di materie, al quale dobbiamo far fronte con risorse umane e finanziarie
limitate. Ma anche la percezione che la difficoltà del compito finirà
per esaltare le qualità della nostra carriera.
Purtroppo, sul piano delle
risorse non sono latore di buone notizie. Stamattina c'è stata la riunione
della Commissione permanente di finanziamento; ho già fatto sapere,
attraverso i colleghi del Gabinetto, al Ministro che il Tesoro non è
stato in grado di indicare nulla a proposito degli stanziamenti a favore
del Ministero, né per il 2004,
in fase di integrazione, né per il 2005.
L'unico elemento consolante, direi, è quello di
aver rilevato un evidente senso di disagio nei rappresentanti del Ministero
dell'Economia e delle Finanze nel non essere in grado di darci indicazioni
di sorta, a fronte di richieste assolutamente plausibili, comprese quelle
relative ai finanziamenti aggiuntivi necessari per aprire l'Ambasciata
a Baghdad, che rappresenta un momento essenziale di quella nostra politica
in quel Paese e in quella parte del mondo. Certo, il discorso non è
chiuso, si trasferirà ad altri livelli, però, per il momento, direi
che i chiari di luna restano quelli noti.
Occorrerà, quindi, sforzarsi
di ottenere un aumento delle risorse, facendo valere l'idea che si tratta
di investimenti, suscettibili di dare frutti e risultati più che proporzionali
alla spesa. E, tuttavia, la credibilità delle nostre istanze è legata
alla dimostrazione di essere capaci di utilizzare al meglio le risorse
disponibili. Nella natura stessa dei compiti che ci sono affidati, il
fattore che condiziona più di ogni altro la qualità del servizio è quello
umano. Per migliorare il rendimento della nostra Amministrazione è essenziale
l'azione svolta dai funzionari diplomatici, ai quali spetta, non solo
un ruolo di coordinamento e guida, ma anche soprattutto di esempio per
i nostri collaboratori, il cui contributo resta essenziale per il buon
funzionamento della struttura. L'aggiornamento professionale del personale,
nello spirito della formazione continua, è, d'altro canto, condizione
imprescindibile per assicurare nel tempo un risultato all'altezza delle
aspettative. Il ruolo dell'Istituto diplomatico è in questo contesto
essenziale ed i fondi a disposizione rappresentano un investimento di
primario rilievo. Qui, però, vorrei aggiungere ancora un'annotazione
personale, che ha a che fare con la scarsità delle risorse. Si fa formazione,
tanto più e tanto meglio, quando si dispone di margini. Noi tutti abbiamo
visto, in Italia o stando all'Estero, persone che venivano a partecipare
a corsi e che lasciavano dei vuoti, anche per periodi piuttosto lunghi.
Quindi, la formazione è certo una bellissima cosa, però va gestita anche
tenendo conto di quelle che sono le esigenze dell'Amministrazione. Ecco,
questo è un altro limite che si ricollega sempre al problema delle risorse.
La scelta del personale
da destinare all'Estero è un altro aspetto fondamentale della gestione
delle risorse umane e, in un'ottica di trasparenza e di equità, sono
stati messi a punto, d'intesa con le OO.SS., meccanismi anche complessi
di selezione, cercando di applicare tali procedure, tenendo conto, innanzitutto,
delle esigenze di servizio. Riteniamo, tuttavia, proprio in un'ottica
di funzionalità, che si debbano recuperare margini di flessibilità,
suscettibili di consentire all'Amministrazione di compiere le scelte
più appropriate. Avere a disposizione uffici all'Estero efficienti dipende
in maniera determinante dalla professionalità dei dipendenti che vi
operano, ed in questa ottica l'Amministrazione cercherà di esercitare
appieno il proprio ruolo e le responsabilità che le competono, ma perché
i risultati siano quelli auspicati decisiva sarà la disponibilità dei
dipendenti di tutte le carriere a ricoprire gli incarichi, anche i più
difficili ed impegnativi. Il messaggio della flessibilità è stato uno
degli elementi direi dominanti dei miei contatti con le OO.SS. delle
altre categorie di personale; non mi è sembrato di percepire una chiusura
di principio su questo punto. Io credo che qualche cosa si potrà fare…
e me lo auguro, perché davvero ci siamo un po' ingessati con queste
procedure e con effetti anche distorsivi sull'efficienza
del servizio.
Indispensabile anche l'aumento
delle presenze all'Estero, che tuttavia è strettamente legato alla possibilità
di avere incrementi di bilancio. In tale contesto, proseguirà l'impegno
a dotare di un funzionario vicario le Ambasciate che ne sono ancora
prive, come pure lo sforzo di creare adeguati sbocchi professionali
all'Estero per tutti i gradi della carriera. All'assunzione di un numero
più elevato di funzionari nel grado iniziale, a seguito dell'aumento
del relativo ruolo organico, non è stato possibile far seguire un parallelo
incremento dei posti all'Estero. Per assicurare una maggiore flessibilità
nei rientri dall'Estero dei Segretari di Legazione, è stato proposto
il rinvio per i concorsi dal '99 al 2003 del Corso di aggiornamento
per la nomina al grado di Consigliere di Legazione. Naturalmente, oltre
alla quantità dobbiamo guardare alla qualità, e, in tale ottica, occorre
valorizzare la professionalità dei diplomatici attraverso una selezione
che scandisca adeguatamente il passaggio ai gradi successivi, attraverso
modalità che siano in grado di mettere in evidenza in modo trasparente
ed intellegibile la scelta che l'Amministrazione
è chiamata a compiere nell'interesse del servizio. Su questo punto ho
anche delle opinioni del tutto personali, che, come ho detto al Consiglio
del SNDMAE, esprimo come funzionario più che come capo del Personale,
perché non ho in questo momento nessuna legittimazione a discuterne
come interlocutore istituzionale. Non sono tanto sicuro che sia una
buona idea quella di ridurre ulteriormente i passaggi di carriera, ma
su questo credo che con il Sindacato potremo confrontarci in futuro
quando questa mia idea possa aver riscosso un minimo di legittimità.
Naturalmente, in questo
quadro, sono allo studio - parlavo della selezione - modifiche al Decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2001 per ovviare ad alcuni
inconvenienti emersi dall'applicazione del Regolamento sulla disciplina
delle modalità di valutazione dei Consiglieri e dei Segretari di Legazione,
anche sotto il profilo della questione dei tetti a cui ha fatto riferimento
De Agostini. Parliamone al più presto, per vedere se non sia
possibile raggiungere dei risultati già per la note informative del
2004: il tempo c'è!
Parlando di valorizzazione,
non possiamo dimenticare il significativo aumento negli ultimi anni
della presenza femminile nella diplomazia. Le donne rappresentano oggi
il 13% della carriera, a cui non può non corrispondere un'adeguata considerazione
del loro ruolo, sia sotto il profilo dello sviluppo di carriera sia
nell'attribuzione degli incarichi.
Vorrei brevemente soffermarmi
sull'accordo relativo allo stato giuridico e al trattamento economico
della carriera diplomatica, il cui rinnovo sarà negoziato nei prossimi
mesi. L'Amministrazione si impegna, nel rispetto dei rispettivi ruoli,
a far sì che i negoziati si concludano con il raggiungimento degli obiettivi
ritenuti essenziali affinché i diplomatici possano continuare a svolgere
in modo efficace il loro lavoro.
Sempre nella prospettiva
di metterci in condizione di lavorare al meglio, la delega per lo snellimento
delle procedure, cui è stato fatto ripetutamente riferimento, con la
creazione di un codice amministrativo contabile degli uffici all'estero.
E' un obiettivo prioritario dell'Amministrazione, introdotto nel progetto
di legge annuale di semplificazione per razionalizzare e rendere più
efficace l'azione degli uffici all'estero. Si tratta di un'esigenza
non più dilazionabile ed avvertita da tutte le OO.SS.
L'ultima considerazione
sulla questione che suscita molto interesse: l'innalzamento dell'età
pensionabile. Mi auguro che il dibattito all'interno del Sindacato,
anche su questo argomento, possa risultare il più ampio e sereno possibile
e contribuire alla ricerca di una soluzione equilibrata.
Concludo ringraziandovi
per l'attenzione e riaffermando quello che ho già detto al Consiglio
direttivo, la piena disponibilità mia e della Direzione Generale e dei
miei collaboratori a dialogare con voi in qualunque formato e in qualunque
momento. Credo che stiamo attraversando un momento abbastanza delicato
e sarà bene, quindi, coniugare le forze, tenendo d'occhio anche quello
che è il contributo che ci può dare, nell'economia generale della promozione
del ruolo del Ministero degli Esteri, anche le altre qualifiche funzionali.
Qualcuno ha accennato al clima sindacale; il clima sindacale è effettivamente
abbastanza mediocre… si sono accumulate nel tempo elementi di disagio,
alcuni dei quali io sono portato a considerare anche con comprensione.
Quindi, bisognerà che tutti ci sediamo intorno ai tavoli di trattativa
con spirito costruttivo, a partire dalla premessa che la barca è di
tutti e che se non remano tutti nella stessa direzione non si va da
nessuna parte.
Grazie.
Seguono gli interventi degli ospiti ed il dibattito. Infine, l’Assemblea
approva la mozione programmatica.
MOZIONE
L’Assemblea dei Soci riafferma la necessità
di rilanciare il ruolo centrale del Ministero degli Affari Esteri e
delle sue risorse umane nell’azione diplomatica e di promozione degli
interessi internazionali del Paese,
e dà mandato al Consiglio di perseguire i seguenti obiettivi:
- Proseguire l’opera avviata dal Consiglio
nel 2003 per ottenere un adeguato incremento delle risorse assegnate
al Ministero degli Affari Esteri, allineandole a quelle dei principali
partner dell’Unione Europea, al fine di consentirgli di svolgere in
maniera efficace le crescenti funzioni che ad esso vengono attribuite,
nel quadro di una riaffermata centralità del Ministero degli Affari
Esteri.
- Ottenere l’emanazione di provvedimenti
normativi che introducano una reale semplificazione delle procedure
amministrativo-contabili, in un'ottica di decentramento delle decisioni
di spesa e di autonomia gestionale delle sedi all'estero.
- Valorizzare
l’accordo MAE-MAP e l’istituzione degli sportelli unici, ricordando
la centralità del Ministero degli Affari Esteri e della carriera diplomatica
nella promozione degli investimenti e delle esportazioni italiane
all’estero, che deve essere considerata a tutti gli effetti parte
integrante della politica estera.
- Affrontare i negoziati presso il Ministero
della Funzione Pubblica per rivedere gli aspetti economici e giuridici
dell’accordo di lavoro della carriera diplomatica per il biennio 2004-2005,
con l’obiettivo di colmare la differenza tuttora esistente con il
trattamento economico di altre categorie dirigenziali.
- Ottenere dall’Amministrazione un’urgente
revisione delle procedure di valutazione dei funzionari diplomatici,
sulla base della proposta formulata nel 2003 dal Consiglio, e avviare
contatti con la stessa Amministrazione al fine di studiare strumenti
di incentivazione e valutazione di tutto il personale del Ministero,
anche al fine di poter gestire con più efficienza le risorse umane,
in Italia e all’estero.
- Continuare
ad adoperarsi affinché si riconosca la valenza prioritaria di una
formazione continuativa, che deve essere considerata come un diritto-dovere
del funzionario e non come una mera facoltà, in piena applicazione
dell’articolo 102 del DPR 18/67, secondo cui “durante lo svolgimento
dei corsi il personale è esentato dal servizio negli uffici dell’Amministrazione”.
- Ottenere la ridefinizione dei posti
diplomatici all’estero, puntando all’istituzione di un posto di vicario
diplomatico in tutte le piccole Ambasciate e nei principali Consolati
Generali e favorendo l’assegnazione all’estero dei funzionari appartenenti
ai gradi iniziali e intermedi, secondo criteri equi e trasparenti.
- Promuovere il ruolo della donna, rimuovendo
gli ostacoli che si frappongano di fatto all'attribuzione di gradi
e di posizioni di primo piano nel perseguimento dei fini istituzionali
dell'Amministrazione.
- Vigilare
sulla corretta ed equa distribuzione dei carichi di lavoro, sulle
relazioni gerarchiche, sulle modalità di svolgimento del lavoro stesso,
sugli ambienti e sul decoro di tutti gli uffici, per garantire uno
standard di qualità di vita che non sia di pregiudizio alla crescita
umana e professionale e alla dignità personale degli individui.
- Tutelare le legittime aspettative di carriera
delle diverse fasce di età, approfondendo la valutazione su eventuali
interventi che svincolino le funzioni dall’appartenenza al grado e
proseguano l’opera di accorpamento dei gradi. In quest’ottica, confermare
l’opposizione del sindacato a provvedimenti di elevazione dell’età
pensionabile suscettibili di causare significativi ritardi o il blocco
dello scorrimento della carriera nei prossimi anni. Promuovere altresì
il ricorso a sbocchi alternativi di valorizzazione delle professionalità
dei diplomatici, ad esempio con periodi di servizio presso altre Pubbliche
Amministrazioni, le Organizzazioni Internazionali e le imprese private.
- Vigilare sul disegno di legge di riforma
della legge n° 401/90 valorizzando la centralità del Ministero degli
Affari Esteri nella promozione della cultura e favorendo una coerenza
d’azione tra carriera diplomatica e area della promozione culturale.
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